Frammenti di vita #105

sabbie

Scusate per la mia assenza… Purtroppo la vita mi mette sempre davanti a dure prove (come quella di scegliere in un paio di giorni il tuo futuro… o più “semplicemente” spingere una moto da 200kg per 3 km…)

Volevo ringraziare tutti quelli che hanno “seguito” questo mio viaggio-foto-video-racconto. Ringrazio tutti quelli che hanno lasciato commenti e che mi hanno dato spunti per le prossime tappe…

Vi lascio con la foto di una parte della mia collezione di sabbie… quella dei posti in cui sono stato in calabria!

ci si legge…

Calabria Coast to Coast 2016 #10

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Dopo pochi chilometri ci fermiamo a Roccella Ionica, per la nostra tappa serale.

Parcheggiamo e ci dirigiamo subito verso il famoso castello medioevale di roccella..

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ma dopo una luuuuunga camminata… troviamo il castello CHIUSO!

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Beh… ci accontentiamo della vista sul golfo… e riscendiamo dalla collinetta.

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Dopo un paio di pizze e qualche arancino…
riprendiamo il viaggio sulla statale 106 verso la prossima tappa.

Arrivederci Roccella!

Calabria Coast to Coast 2016 #6

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Sempre a Reggio, ci dirigiamo a piedi verso il castello Aragonese.

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Vista della Sicilia stupenda… ed ora.. prima del tramonto.. sotto con la prossima tappa!

Frammenti di vita #87

casa milano

Visto che a Milano siamo rimasti solo io e la mia moto…
la mia pasqua sarà abbastanza (e tristemente) scontata!

Voi? (domanda classica)

Che fate per pasqua?

Frammenti d’estate 2015 (III)

Guardare i fuochi d’artificio…

distesi sulla sabbia..

ha raddoppiato le mie emozioni…

(buona visione)

Frammenti di vita #25

Io letto

Le vacanze son finite!

##9

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9.

Stress. Mal di testa a chiazze e vene gonfie sul collo. Non ne potevo più. Chiusi il libro… silenzio. In casa non si sentivano rumori. Una mia coinquilina era partita per Roma mentre l’altra stava ancora dormendo. Guardai le pareti e i miei poster mi fecero notare la mia solitudine e i miei scarsi rapporti sociali di quel periodo. Colpa tua! Pensai mentre guardavo la copertina del libro. Mi stava tenendo incollato su quella sedia da giorni e più andavo avanti e più i giorni sembravano pochi. Guardai l’orologio e pensai che non avevo ancora fatto colazione…
Scesi in strada dopo aver salutato la mia gentile portinaia e aver gentilmente mantenuto la porta ad una vecchietta che stava entrando. Colmata la mia dose di buone azioni mi diressi verso il bar. Scansavo la fiumana di studenti che a sgoccioli procedevano verso il politecnico. Alcuni avevano facce felici… altri un po’ meno. Alcuni portavano grosse cartelline e altri un malloppo di libri in mano.
Ah! La vita da studente… quale strano mondo!
In preda alle mie divagazioni, non feci caso ad un ragazzo che mi salutò con la mano. Misi a fuoco e riconobbi Andrea, l’ex ragazzo della mia ex coinquilina, che non vedevo da secoli. Andava nella mia stessa direzione, con la mia stessa voglia.
– Ciao Andrea! –
– Ciao Ciro… –
Entrammo nel Bar ed entrambi salutammo Rocco. Lui lo conosceva meglio di me perché erano anni che lavorava nella pizzeria di fronte. Rocco mi guardò indeciso sul da farsi. Erano un po’ di giorni che alternavo tra caffè e cappuccino rompendo i suoi schemi.
– Cappuccio… e un brioches alla marmellata. –
Andrea mi guardò. – Allora come va? – mi chiese.
– Mah… sostanzialmente bene… sto studiando in questo periodo… –
– Spero che vadano bene gli esami… – disse mentre arrivarono i nostri cappuccini.
– Perché non ci sediamo al tavolino? – aggiunse guardandosi alle spalle.
– Certo… mi siedo sempre qui la mattina. – dissi con un pizzico esultanza.
Diedi un morso al mio cornetto. Come al solito mi girava in testa la domanda se fosse buona educazione o meno inzupparlo nel cappuccino. Un prassi normale quando ero da solo, ma quando avevo qualcuno che mi osservava non sapevo come comportarmi.
– Quando hai le ferie? – gli chiesi.
– Veramente ho già dato… sono stato a Miami due settimane. –
Lo guardai negli occhi desideroso di sapere qualche dettaglio in più. Lui mi accontentò. Mi raccontò del suo viaggio e delle città che aveva visitato.
Lo ascoltavo cercando d’immaginarmi la vita oltre i confini di questo paese. Difficilmente, dato che non ero mai stato all’estero.
– …e poi abbiamo affittato anche una macchina… –
– Bello… dev’essere stato stupendo girare la Florida in macchina… –
Di solito non invidio mai nessuno… ma lì, di fronte a quella storia, ammetto che peccai.
Ci alzammo e Andrea buttò una banconota da 10 sul banco. Fece segno a Rocco di pagare entrambe le consumazioni, nonostante il mio diniego.
– Però la prossima volta offro io! – gli dissi.
– Non ti preoccupare… –
Ci stringemmo le mani e prendemmo vie diverse.
Lui al lavoro, io allo studio…

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La spalla… (Livigno 2010 parte VI)

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Piano piano aprii un occhio… poi anche l’altro. La luce del sole mi batteva sul viso. Mi dava un po’ fastidio, appena sveglio. La notte prima io e Ciro ci eravamo dimenticati di chiudere la tenda rossa. Mi voltai verso di lui. Dormiva ancora. Era tutto scomposto. Una gamba spuntava fuori dal piumone e aveva la faccia affondata nel cuscino. Sicuramente la luce dava fastidio anche a lui.

Non sapevo che ore fossero, ma visto che iniziavo a sentire le voci dei miei genitori e del padre di Luca, era ancora troppo presto. Affondai anche io la faccia nel cuscino cercando disperatamente di riprendere sonno. Ma sapevo già che non ci sarei riuscito. Quando mi sveglio… non mi riaddormento più.

Pensai alla notte prima. Cercavo di ricongiungere tutti i pezzi di puzzle che restavano confusi nel mio mal di testa. Mi mancava un pezzo di storia…

Cosa avevamo fatto ieri notte?

Poco dopo entrò mio padre… che appena ci vide disse ad alta voce:

– Sveglia, sciatori… gli altri sciano e voi siete ancora qui a dormire!- e se ne andò…

Ciro voltò la testa nella mia direzione senza staccarsi dal cuscino. Cercò di aprire faticosamente gli occhi… mi vide sveglio e mi chiese… – È già passato zio Umberto? –

– No… –

– Allora passerà fra poco… –

E, puntuale come un orologio svizzero, entrò nella nostra camera anche il padre di Luca. Anche lui con lo stesso intento di mio padre: svegliarci.

– Neh… ragazzi… ma ieri sera a che ora vi siete ritirati? –

Sentendo che Ciro non rispondeva, lo feci io:

– Non ricordo zio… l’una… le due… –

– Nell’altra stanza Luca dice che vuole dormire e che scende più tardi… –

Se ne andò anche lui e tornò il silenzio. Feci un respiro profondo. Guardai alla finestra il paesaggio all’esterno. Il bianco della neve regnava ovunque. Aspettava solo noi…

 

Un paio d’ore dopo sentivo i piedi che mi facevano un po’ male. Gli scarponi da sci erano leggermente stretti, così li allentai.  La cabinovia ci stava portando lentamente fin su in cima. Con me c’erano i soliti tre scapestrati. Presi dalla tasca un Twix e mentre lo mangiavo buttai l’occhio nel vuoto. Si vedeva tutto il paese da lassù. Le abitazioni sembravano miniature di un plastico ben architettato.  Le vie erano piccoli sentieri neri che uscivano dal folto gruppo di case in ogni direzione. Sullo sfondo, le cime delle montagne, tutte imbiancate, dominavano la vista. La neve aveva cancellato le loro forme originali per ammorbidirle con il suo soffice strato. Mi chiedevo se prima o poi tutta quella neve sarebbe caduta a valle. Era veramente tanta. Certe montagne erano così bianche da sembrare fatte solo di neve. Avrei voluto dare un morso a quelle ipotetiche torte piene di zucchero a velo.

La cabina arrivò in cima. Si fermò lentamente e scendemmo tutti.

 

Clack…

Clack…

 

Gli sci calzavano precisi sotto i miei scarponi. Sembravano un prolungamento delle mie gambe in orizzontale.

– Giriamo a destra… non ho voglia di salire ancora… voglio sciare! –

I ragazzi mi seguirono mentre sciavo in piano, a colpi di racchette. Non so… ma quegli affari ai piedi mi facevano venire una voglia matta di usarli. Ero arrivato all’inizio della pista. Le punte degli sci erano fuori e non toccavano la neve.

Respiro profondo… chiusi gli occhi un istante… e via… giù per il rapido pendio.

Destra… sinistra… destra… sinistra…

L’adrenalina si accumulava nel mio corpo mentre la velocità man mano aumentava. Il cuore batteva furiosamente di più ogni volta che accadeva un piccolo imprevisto, come una persona che ti tagliava la strada o un piccolo cumulo di neve in mezzo alla pista. I riflessi sempre pronti servivano a questo. La discesa continuava, era una lunga pista. I miei polpacci erano diventati d’acciaio. Non sapevo per quanto ancora sarei riuscito a tenere le curve. Mi dovevo fermare, ma la velocità era troppo alta. Feci un paio di piccole curve a destra e sinistra per diminuirla ma niente. Ero ancora troppo veloce. I miei amici si erano già fermati davanti all’impianto di risalita. Restai concentrato sugli sci. Le mie gambe stavano per cedere. La fine della pista era vicina. Sfrecciai davanti al cartello piantato nella neve su cui campeggiava la scritta rallentare. Dovevo fermarmi. Subito.

Girai a destra facendo perno sulla gamba più “forte”… cercai di piantare il più possibile le lame degli sci nella neve. Cercai di frenare ma continuavo a correre veloce anche in diagonale. Osservavo i volti delle persone che mi guardavano poco più giù, tra cui anche quelli dei miei amici. Frenai ancora… frenai troppo… uno sci cedette girando la punta a valle mentre l’altro era ancora trasversale…

E Paaamm!

Sbattei violentemente la spalla sinistra sulla neve che sembrava più dura del cemento. Feci due o tre giri mentre uno sci si staccò e volò chissà dove. Le racchette, neanche a pensarci. Sentii la neve ovunque fino a quando non mi fermai di schiena. Aprii gli occhi… Respiravo forte… guardai il cielo e pensai…

“Beh… una bella caduta oggi ci voleva proprio!”

Uno strano scivolo… (Livigno 2010 parte V)

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Appena varcata la soglia del Miky’s pub, sembrava quasi d’entrare in un altro mondo. Fuori tutto tranquillo e regolare. Il silenzio regnava ed era rotto solo dal rumore dei nostri passi. Dentro invece si sentiva la musica, le persone che parlavano, il tintinnio di bicchieri e bottiglie. Sembrava proprio di aver oltrepassato lo stargate ed essere entrati in una nuova dimensione.

All’ingresso c’era una giovane ragazza addetta al guardaroba, cosa che non avevo mai visto in un pub old style. Mi bloccai…

– E questo a che cazzo serve?! –

Poco di fianco alla ragazza c’era uno scivolo in legno che portava al piano di sotto, da dove proveniva la musica. Rimasi per un po’ ad osservarlo fantasticando sulle mille cose che avrei potuto farci. Di fianco al bizzarro scivolo c’erano le scale. Le scendemmo e venimmo inondati da musica dance ad alto volume. Guardai tutta la sala e pensai che finalmente avevano inventato ciò che volevo: una discoteca… in un pub.

Perché sì… entrambi i locali hanno i loro pregi ma anche i loro piccoli difetti.

In discoteca, se entri… devi per forza ballare. Non c’è mai un fottuto posto dove sedersi e godersi il proprio drink. Drink che deve essere per forza un cocktail, perché se prendi una birra ti guardano storto e pensano che tu sia un ubriacone. Nonostante ciò, mi piace ballare… sentire la musica dance o house che ti pompa nelle orecchie solleticandoti la mente e dandoti piccole scariche di adrenalina.

Nel pub, invece… ti siedi con davanti la tua bella birra doppio malto e gli amici intorno. Scheggi un po’ il tavolo col coltellino, racconti un po’ di stronzate a chi vuol sentire. Ma la musica che c’è non è mai quella giusta… o non sempre. Una volta sono entrato in un pub dove la canzone migliore era di Laura Pausini. Il pub che prendo sempre come riferimento è lo Sloppy’s Joe di Dante. E’ uno dei migliori, a mio avviso. Forse solo perché ci ho passato i migliori anni della mia vita. Ed anche lui ha la pecca di tutti i pub. La musica e soprattutto, sono almeno 5 anni che sui suoi schermi gira ancora a ripetizione senza voce quel cavolo di film di Sin City e non c’è bisogno di dirvi che lo conosco a memoria.

 

Il Miky’s pub, quindi… era un po’ tutt’e due. Sulla destra c’era il lungo bancone in legno dove il barista serviva i cocktails. Quasi in fondo alla sala c’era una postazione deejay rialzata con annesso ragazzo con cuffia e capelli strani. Sulla sinistra invece c’erano i tavolini, di quelli alti con gli sgabelli sempre in legno. Qui un po’ tutto era in legno… e io amo il legno. Al centro del locale c’era uno spazio non molto grande, dove la gente ballava.

Ci sedemmo in fondo. Enzo, Ciro, Luca ed io.

Tutti intorno allo stesso tavolo, a guardare la sala piena di gente.

– Non è male questo posto… –

– Già… ordiniamo qualcosa… –

– Una bella bottiglia di vino bianco… e quattro bicchieri… – proposi io.

– Chi inizia? …Ok ok… ho capito… vado io… – dissi.

 

Andai al bancone. Feci segno al barista di venire da me.

– Che vini bianchi hai? – Gli urlai.

Lui ne elencò alcuni, ma io non capii niente a causa della musica troppo alta e gli dissi:

– Fai tu! –

Poco dopo tornai al tavolo con la bottiglia stappata e quattro bicchieri a calice alto.

Poco dopo ancora… la bottiglia era vuota.

 

– Guarda quelle tre sedute lì…-

Mi voltai nella direzione indicata da Ciro e vidi tre ragazze sedute a un tavolino. Una mora, una castana e una bionda. Mancava la rossa e il quadro era completo… pensai sorridendo.

– Vanno a vino anche loro… – disse Luca, osservando i loro bicchieri.

– Quella con i capelli corti è la più bella… –

– Naa… meglio quella con gli shorts… –

– Perché la bionda la vogliamo buttare via? –

– Perché non vai da loro e chiedi se vogliono sedersi qua con noi? La prossima bottiglia la offro io… –

– Tu comincia a offrire… al resto ci penso io… – risposi

 

Naturalmente, essendo quello più vicino al bancone in linea d’aria, dovetti alzarmi io. Il barista mi vide e gli chiesi di stapparmi una nuova bottiglia. Lui al volo la prese, stappò con classe e me la diede.

Dopo mezzanotte la musica cambiò. Si fece più aggressiva e ballabile. Guardavo la sala un po’ annebbiato dall’alcol. I ragazzi erano andati nella sala fumatori e rimasi solo a fare la guardia alla bottiglia vuota di vino bianco.

A un certo punto il deejay cambiò canzone. Una di quelle belle che mi piacciono molto… ma che adesso… proprio non ricordo.

Questa devo proprio ballarla, pensai

E mi buttai in pista tra la gente che si dimenava al ritmo di musica. Iniziai a muovermi cercando di ballare decentemente in quello spazio ridotto. Intorno a me c’erano ragazzi e ragazze di ogni tipo. Dai volti  si riconoscevano tedeschi… polacchi… svizzeri. C’erano anche le tre ragazze sedute a quel tavolo. Ballavano vicino a me. E ogni tanto mi adocchiavano. Mentre ballavo, mi voltai in direzione del mio tavolo. Vidi i miei tre amici tutti li seduti che mi osservavano. Sentivo i loro occhi addosso e sapevo già cosa stavano dicendo su di me.

So cosa ci vuole.. pensai.

Mi appoggiai al bancone con un gomito. Il barista mi vide e iniziò già a prendere una bottiglia di vino. Praticamente non gli dissi niente. Lui già sapeva.

– Thanks… – gli risposi e tornai al tavolo.

 

Purtroppo quella bottiglia fu l’inizio della fine. Un attimo dopo averla vuotata, il mio cervello praticamente galleggiava nell’alcol. E subito dopo, una scena incontrollabile si prestava agli occhi di tutti i presenti nella sala. Io su una specie di palchetto che facevo volteggiare la mia maglietta al ritmo di musica. Il barista corse da me e cercò di farmi scendere, urlandomi di rimettere la maglietta. Per fortuna non si incazzò.

Tornai al tavolo e mi detti una calmata.

Vidi Enzo e Luca che parlottavano con una ragazza inglese.  Quest’ultima sorrideva mentre mi guardava. Enzo le aveva detto qualcosa. Lei mi disse – Ok, ok… – e mi fece un gesto di approvazione con la mano. Non capii niente. Ero un po’ stanco, ma l’alcol mi teneva sveglio. Entrai nel gruppetto che si era formato con l’inglese. Cercavo di biascicare qualche parola che lei, con mio stupore, comprese. Enzo era quello che se la cavava meglio. Forse anche perché era più sobrio di me. Dopo un po’ mi limitai a osservare, cercando di calmare un po’ i battiti del mio cuore. Avevo un bicchiere vuoto in mano e ci giocavo.

Dopotutto, questa serata non è andata poi così male, pensai mentre guardavo

lo strano scivolo dall’altra parte della sala… 

 

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