Un napoletano che cucina il risotto alla milanese e lo mangia con le bacchette cinesi…
(Come mi piacciono i contrasti!)
Un napoletano che cucina il risotto alla milanese e lo mangia con le bacchette cinesi…
(Come mi piacciono i contrasti!)
La mia nuova coinquilina mi offre strane pizze siciliane…
Forse vuole superare la mia ex coinquilina perfetta…
chissà…
La casa era un fermento di andirivieni dal bagno. Le ragazze si stavano preparando per la serata che di lì a poco stava per cominciare. Stranamente ero partecipe anche io di questo avvenimento. Mi avevano invitato ad un aperitivo per festeggiare la fine delle vacanze estive e il ritorno in terra milanese di tutti e tre. Carmen si stava truccando davanti allo specchio nell’ingresso; Sara era nel bagno a far la medesima cosa con lo specchio sul lavabo; ed io ero seduto in cucina, già pronto per uscire.
“Scrivigli Sara!” dissi.
“Noo!” rispose.
“Dai scrivigli… si aspetta quello…” incalzai.
“No! Ho detto di no e no!”
Il tema della serata però, non era l’uscita: una vecchia fiamma di Sara era tornata a Milano e lei, anche se non l’avrebbe ammesso mai apertamente, voleva incontrarlo e parlargli.
“Carmen tu cosa ne pensi? Dovrebbe scrivergli?”
“Ehm… sì… perché no… alla fine non ti costa niente…” rispose dalla camera da letto.
Come si nota la confidenza reciproca era aumentata. Con i coinquilini passati non mi ero mai intromesso in queste situazioni. Lasciavo che i problemi degli altri rimanessero di proprietà dei legittimi proprietari. A me non importava. Con quelle ragazze invece, stava mutando tutto… Io stavo cambiando. In particolare, Sara (Carmen un po’ meno…) si fermava spesso in cucina a parlare con me. Mi raccontava tutto. Ero diventato un suo confidente. Non c’avrei mai scommesso il primo giorno che l’ho vista. Pensavo perfino che non lo avesse proprio un cuore una persona così pragmatica e decisa. E invece s’era infatuata, qualche mese prima, di questo ragazzo milanese, e ho sempre cercato di darle qualche consiglio da buon amico.
Presi il telefono che aveva poggiato in cucina e lo portai in bagno da lei. Glielo misi davanti agli occhi e dissi perentorio: “Scrivigli… almeno ti metti l’anima in pace… e sai se ci tiene ancora a te…. O no!”
Sara smise di truccarsi. Sospirò guardando il telefono e disse rassegnata: “Ok… gli scrivo…”
Più tardi, tra una corona e una ceres eravamo seduti sull’asfalto di piazza San Lorenzo. Le famosissime colonne a fare da sfondo e intorno, un mare di gente, seduta a terra come noi.
Sara aveva uno sguardo triste, era giù di tono. Non aveva la solita parlantina logorroica che faceva da sottofondo alle nostre serate. Si vedeva che era pensierosa; e il pensiero lo conoscevamo bene anche Carmen ed Io li vicino: “Non ha ancora risposto?” chiese Carmen.
“No… ma non ci spero più… mi avrà ignorata…” disse Sara.
“Ma dai… quello starà in giro con gli amici… vedrai che appena prende in mano il telefono ti risponde…”
Poco dopo ci spostammo in direzione della metro. Arrivammo a S. Agostino e scendemmo le scale. Ci sedemmo. Ero assorto nelle solite pubblicità di vestiti appese ai muri della metro.
Improvvisamente mi accorsi che Sara, accanto a me, aveva in mano il cellulare e stava leggendo un lunghissimo messaggio. Capii subito che non era niente di buono. Poi le lacrime di Sara me ne diedero la conferma. Fu una botta al cuore anche per me. Rimasi a bocca aperta. Quasi shoccato. Vedere quegli occhi glaciali trasformarsi in fragili cristalli mi devastò.
“Sara… cosa….”
“Niente… non dovevo scrivergli… non dovevo!”
Mi parlava con le lacrime agli occhi. Non sapevo che fare… volevo aiutarla ma…
forse avevo già fatto troppi danni.
Continua…
Metodi Statistici.
Probabilita’… variabili casuali…
Tutto molto interessante, ma altrettanto difficile.
“Non ci capisco un cazzo!” disse un ragazzo seduto a fianco a me.
“Mah.. la lezione di oggi non é difficile…” risposi senza guardarlo.
“Effettivamente si.. però io non ho fatto il liceo. Quindi alcune cose non le so. Mi sai dire cos’é questo simbolo?”
Guardai dove puntava il suo indice e constatai che, il ragazzo sconosciuto aveva delle fragilissime basi di matematica.
“E’ il simbolo d’integrale.. una S allungata..”
“Wow… quest’esame sara’ impossibile..” disse sconsolato.
“Beh.. ognuno ha le sue rogne.. io ho dato 8 volte ragioneria.. pur conoscendo il simbolo d’integrale.. che non c’entra un cazzo ovviamente..”
“Cazzo 8 volte!”
“Eh gia’…”
(Attimo di pausa)
“Informatica?” gli chiesi a bruciapelo.
“Devo darla ancora…”
“Che ne dici se la prepariamo insieme?” gli proposi.
Lui ci penso’ un attimo. Poi disse di botto. “Perché no!”
Sorrisi. “Mi chiamo Ciro..”
“Alessandro”
2007/2008
In quegli anni in Afghanistan, una delle tante terre desolate e martoriate dai continui scontri militari, c’erano sentinelle poste a guardia delle basi che, sicuramente, avranno avuto una nottata meno tormentata della mia. Detestavo litigare. Soprattutto per via telefonica, dove non c’è possibilità di contatto fisico. Effettivamente, un po’ di ragione Francesca l’aveva. Mi sentivo responsabile ma, allo stesso tempo, ero stato costretto dagli eventi ad accettare quella situazione. E come l’avevo accettata io, prima o poi, avrebbe dovuto farlo anche lei.
Alzai la testa dal cuscino. Il sole era già alto nel cielo e diffondeva la sua luce in tutta la stanza. Non era però, la sola cosa a diffondersi nell’aria. Sentii un dolce aroma di caffè che stuzzicava il mio olfatto martoriato dall’aria viziata della notte. Il tutto, rese il risveglio più piacevole degli altri giorni. Avanzai lentamente verso la cucina. Sulla porta, sbirciai all’interno della stanza con la mia vista assonnata. Vidi una figura femminile in maglietta bianca e pantaloni rosa muoversi a destra e sinistra.
– Vuoi Caffè? –
– Ehm… sì! –
Mi sedetti al tavolo e Floria, come se fosse già di casa, prese una delle vecchie tazzine e me la piazzò davanti. Lentamente versò il caffè bollente al suo interno e mi diede un cucchiaino. Mi sentii alquanto spiazzato. Ricevere quelle attenzioni premurose da una ragazza mi mise in imbarazzo. Avvicinai la tazzina alle labbra per sentirne l’odore. Poi ne presi un sorso e… sorrisi. Era davvero un ottimo caffè. Le feci i complimenti e pensai di poter inserire la cosa tra le qualità della mia nuova coinquilina.
– Ciro, mi fai vedere dove sono i prodotti per la casa? –
La domanda improvvisa di Floria mi trovò impreparato.
– Sì… arrivo. Sono in bagno… ecco qui… –
Aprii il mobiletto del bagno e quello che doveva sembrare una dispensa di prodotti, sembrava un museo di anticaglie. Sgrassatori e detersivi vuoti o semivuoti troneggiavano senza potere. Pezze vecchie e strofinacci inguardabili riempivano i vuoti. Guanti mai usati, bombolette di spray anti scarafaggi vuote e spugne corrose dal tempo…
Floria cercò di trovare un senso a quel disordine ma, quando con una mano tirò fuori tre contenitori di detersivo per pavimenti vuoti, mi guardò con una faccia interrogativa. Cercai di dire qualcosa ma dalla mia bocca non uscì niente. Floria mi bruciò sul tempo e, indicandomi minacciosamente la cucina col suo indice, disse:
– Vammi a prendere un sacchetto, per piacere! –
Risi sotto i baffi per quel finto ordine e tornai da lei con una busta allargata tra le mani. Rapidamente, la mia coinquilina, buttò dentro tutto ciò che si trovò a tiro e che sembrava avere più di un anno di vita. Tentai di muoverle qualche timida protesta, ma non ci fu verso di sminuire il suo sguardo minaccioso.
Alla fine di tutto, ci trovammo a guardare il mobiletto del bagno vuoto.
Guardai il ripiano… poi guardai lei.
– Bene! Mi sa che dobbiamo andare a fare un po’ di spesa! – disse Floria soddisfatta.
continua…