Il Miky’s pub… (Livigno 2010 parte IV)

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Nuvole di fumo volteggiavano nell’aria. La luce sul soffitto evidenziava il tutto. Aprii la finestra quel tanto che bastava per respirare un po’, cercando di non far entrare troppo freddo. A volte il fumo mi dà fastidio, a volte invece me lo vado a cercare. I ragazzi stavano buttati sui due letti accostati della camera. Luca e Ciro stavano giocando a Street fighter con il mio pc, mentre Enzo li osservava seduto da un lato. Me ne stavo in piedi con le spalle volte alla finestra e il culo sul calorifero.

Pensavo…

Pensavo che quella era una scena che avevo visto già altre volte. Come quando eravamo a Rimini e dormivamo tra bottiglie di alcol e tabacco. Oppure quando avevamo ancora il nostro circolo e accostavamo i divani per dormire quando era troppo tardi per tornare a casa. Erano tutti nelle stesse, identiche posizioni… sembrava proprio che gli anni non fossero mai passati.  

 

– Dai che ti batto! Sei mio! Vieni qua! –

– No, cazzo! Ciro, come si fa la super mossa? –

– Ragazzi… davvero volete passare la serata ad abboffarvi di mazzate virtuali? – chiesi, pur conoscendo già la risposta.

– Si! –

– Dai ragazzi… ho voglia di uscire! –

– Ma fuori fa un freddo cane! –

 

I ragazzi non erano molto intenzionati ad uscire quindi chiusi il pc davanti ai loro occhi.

– Nooo… –

– Usciamo, punto. –

 

Fuori si respirava un freddo gelido. Un freddo secco e buono che ci gelava i polmoni.

E nella notte 4 ragazzi si muovevano nel vuoto. Facendo il loro dovuto porco casino. Il paese sembrava deserto. Forse tutte le brave persone erano a dormire. Il giorno dopo si sciava e il corpo doveva essere riposato e sereno, quasi come se fosse una giornata di lavoro. Così la pensavano alcuni… tra cui i nostri genitori.

– Chi lo sa come fa la gente a vivere qui? –

– C’è abituata. –

– Abituata a ‘sta madonna di freddo? –

– Sì… avranno i loro metodi… le loro abitudini… –

– Ah… tipo quella di non uscire la sera alle 10 come noi? –

– Beh… forse non usciranno tanto spesso… –

 

Un brivido mi scosse tutto. Forse il mio giubbotto imbottito non era abbastanza. Quel freddo pungente mi era penetrato dentro. Un po’ mi piaceva. Quel freddo scuoteva il mio corpo e non mi faceva pensare ad altro. Mi distraeva con il suo temperamento irruente e invisibile. Camminavamo alla ricerca di questo ipotetico pub dove divertirci un po’. Eravamo già un po’ brilli. Nostro zio aveva stappato la bottiglia di grappa a tavola, oltre alle bottiglie di vino che avevano già contornato la cena. Quest’anno l’aveva comprata al miele. Tutti gli anni che siamo stati in settimana bianca se n’è sempre uscito con un gusto nuovo. Mi ricordo che un anno la comprò alla rucola. Quest’anno con il miele non è che sia stata una gran cosa… ma l’abbiamo bevuta lo stesso. Dopotutto non è che il gusto della grappa si senta molto. Più che altro, si sentono tutti i suoi tosti 40 gradi.  

Eravamo arrivati quasi ai confini della cittadina. Ogni tanto passava qualche macchina. I ragazzi volevano tornare indietro, ma li convinsi a continuare. A un certo punto, sulla destra.. c’era una baita in legno di discrete dimensioni. Su una facciata risplendeva alla luce della luna la scritta dorata dell’insegna.

– Ragazzi… Perché non ci fermiamo qui? –

E fu così che varcammo la soglia… del Miky’s pub…

La sala fumatori (Livigno 2010 parte III)

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Ero fermo a questa fermata del bus di questa sconosciuta cittadina montana. Il freddo cominciava davvero a sentirsi. Dopotutto, ero a quasi 2000 metri d’altezza. Mi abbottonai meglio il giubbotto e presi dalla tasca il mio cellulare.

Prima che potessi chiamare, mi chiamò Luca.

– We Ciro! Sei arrivato o no? –

– Certo che sono arrivato! Venite a prendermi! –

– Ok… dicci dove sei! –

– Non lo so… –

– Daiii, dimmi cosa vedi intorno a te… –

– Beh… una strada… neve… altra neve… –

– Non fare lo scemo! Dimmi il nome di una via… di un bar… di qualcosa… –

– Non so, Luca… qua non vedo nessun nome… ah ecco, sono di fronte al negozio di Ralph Lauren… –

 

Dopo un po’ un furgoncino grigio sbucò da una strada laterale. Alla guida notai mio padre, a fianco mia madre e mio zio. Finalmente mi ricongiungevo con il gruppo dopo questo viaggio in solitaria. Il furgoncino si fermò. Luca mi aprì il grande portellone laterale. Salii velocemente a bordo mentre tutti mi salutavano. I miei fratelli mi fecero spazio dietro. Mia madre si girò per vedermi.

– Che hai fatto? – esclamò vedendo il mio aspetto.

– Niente, mamma… mi sono tagliato i capelli con la macchinetta. –

– Ma guarda questo. – disse, rassegnata.

Mio padre cercava, con qualche sforzo, di manovrare quel gigante trabiccolo, imprecando quando non entrava qualche marcia.

 Luca ed Enzo si voltarono verso di me.

– Tutto a posto Ci? –

– Sì sì… alla grande… –

– Ehhh, beato te… noi ci siamo fatti una notte insonne su ‘sto coso. –

All’appello mancava mio cugino Ciro. Mi girai intorno. Allungai il collo per vedere nei posti davanti e lo vidi tutto aggrovigliato tra coperte e cuscini che cercava di riposare. Doveva esser stato duro, questo viaggio di 10 ore.

Dopo poco arrivammo a “casa”. I ragazzi si sgranchirono le gambe mentre mio padre apriva il portellone posteriore per prendere i bagagli. A mano a mano salimmo tutte le valigie su in camera.

La casa era carina. Aveva un lungo corridoio centrale con ai due estremi una cucina e un bagno. Nel mezzo c’erano le porte che davano alle varie camere da letto.

Entrai nella prima camera e dissi:

– Mia! –

Ciro mi guardò ed entrò anche lui. Gli altri si sistemarono nelle camere restanti. Non mi dispiaceva dividere la stanza con mio cugino. Luca ed Enzo li conoscevo bene ormai. Abbiamo fatto tante di quelle cazzate insieme che ormai potremmo definirci anche fratelli. Invece Ciro, pur essendo mio cugino carnale e non “derivato” come Enzo e Luca, lo conoscevo ben poco. Lui aveva un’altra compagnia di amici e rare volte ci eravamo incrociati in quel di Montesarchio. Quando eravamo piccoli e mio nonno era ancora in vita ci vedevamo più spesso. La domenica sera si cenava tutti a casa mia. Il vecchio nonno Ciro era sempre a capotavola. Era grazie a lui che io e Ciro portavamo lo stesso nome.

– Ciro… tu dove ti vuoi mettere? –

– È uguale. Ma che sono ‘ste coperte? –

– Boh… dove sono le lenzuola?.. –

– Che mostro! Sono piumoni foderati. Praticamente non servono le lenzuola. Qua stanno proprio avanti… –

 

Ciro andò di là a divulgare l’eclatante scoperta che aveva fatto. Rimasi solo nella camera, tra le valigie sparse distrattamente. Mi avvicinai alla finestra. Il freddo vetro si appannava sotto i colpi del mio respiro. Fuori il paesaggio era incantevole. Sembrava finto. Come se fosse stampato su una di quelle cartoline da 30 centesimi. Sembrava così irreale… così magico. Non volevo lasciare tutto ciò. Ero appena arrivato e già pensavo a quando me ne sarei andato. Era come se la mia mente avesse già vissuto tutto. Come se avesse già visto quella soffice neve. E in un attimo ero già avanti… come se la valigia chiusa sul pavimento indicasse una partenza e non un arrivo. Lo so… dovevo ancora vivere quella vacanza e già pensavo alla sua fine. Solo perché… non avrei mai voluto andar via di lì…

Dannata malinconia…

 

Dalla porta irruppero Ciro, Luca ed Enzo ciarlando di qualche cazzata incomprensibile.

Ciro si buttò sul letto e infilò la testa sotto il cuscino dalla stanchezza. Luca mi scostò dalla finestra e la aprì. Tirò fuori dalla tasca il pacchetto di Camel Light.

– Ce la fumiamo? –

 

E da li in poi…

… la mia stanza diventò la sala fumatori dell’appartamento livignese.

 

 

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