
Si accendono i riflettori.
La scena è ben inquadrata. Un leggero walzer domina il silenzio. La penombra e la foschia curano l’ambientazione di questo teatro deserto. Le poltroncine sono tutte vuote, ad eccezione di una. Una soltanto a circa metà della sala. C’è seduto un ragazzo. In mano ha un block-notes tutto spiegazzato. Lo poggia con non curanza sulle gambe accavallate.
Scrive..
La penna scorre veloce e sicura. Le parole sembrano conoscere alla perfezione il presente e il passato.
Si ferma..
Il foglio resta bianco a metà. Ha gli occhi fissi sul palco. Sembra aspettare qualcosa. Gioca con la penna. Lentamente la fa girare tra un dito e l’altro. Impaziente aspetta, mentre nella mente scorrono i pensieri.
Vita.. corse.. viaggi.. posti finestrino.. candele.. biglietti.. multe.. colori.. strade.. luci.
Sentirsi padroni della vita è una cosa fantastica. Ma sentirsi padroni di poterla raccontare lo è ancora di più. Era questo il potere che aveva nelle mani quel ragazzo.
Una semplice biro dall’inchiostro nero.
Una bacchetta magica che permette di ricordare il passato. Di fissare i ricordi.. di riempire fogli e quaderni.. pagine e lettere.. e piangere e ridere di storie ormai andate.
Ma tutto ciò doveva ancora avvenire.
Quella penna era ferma sul foglio bianco.
La storia da scrivere doveva ancora iniziare..
Si spalanca il sipario e una forte luce inonda la sala. Si va in scena…
Atto I
29 aprile. “farei di tutto per te”
Eravamo seduti comodamente al Barin a sorseggiare la nostra amata ceres old nine. Il sottoscritto giocava a far roteare il proprio anello sul tavolo. Proprio come quando ha qualcosa da dire. La mia ragazza era seduta accanto a me con la faccia un po’ triste mentre il mio braccio le passava intorno al collo.
-Cosa c’è piccola?-
-Niente… è che sto passando gli ultimi giorni da diciassettenne così.. volevo qualcosa.. qualcosa di più..-
La guardavo. Aveva ragione. Non ricordo nemmeno le innumerevoli pazzie che ho compiuto prima di diventare grande. Pazzie poi.. le solite marachelle che quasi ognuno di noi ha commesso in gioventù. Non credo di certo di essere speciale. Chi non si è mai fatto sequestrare il motorino.. o fatto le ore piccole quando non poteva.. o vagabondato senza meta in preda ai fiumi dell’alcol. Ora non venitemi a dire che siete tutti santarellini!
-Quindi domani sarai in viaggio?-
-Si.. domani mattina parto e vado a Napoli..-
-Piccola lo sai che se restavi qui ti organizzavo una cosa carina.. come faccio sempre..-
-Come fai sempre?.. cioè rovinare le cose carine con le tue solite battute?..-
(Dannato senso dell’umorismo).
E la storia era questa. La mia ragazza non sprizzava gioia nel sapere che avrebbe passato il giorno del suo diciottesimo a casa con i parenti. Voleva qualcosa di speciale. Una sorpresa. Come per esempio.. prendere l’aereo e scendere a Napoli senza che lei lo sapesse.. e comparire a casa sua. Magari con un mazzo di rose rosse…
-Ciro.. a che stai pensando?..-
-A domani.. (cavolo)..-
-Che fai domani?-
-Ehm.. mi alzerò tardi come al solito.. e forse mi metterò a studiare..-
Pericolo scampato. Stavo per mandare all’aria tutto il piano. Non potevo fallire. I biglietti dell’aereo mi aspettavano a casa. Nascosti a dovere.. il trolley pronto e il pc sempre carico.
Mi guardava..
Come per dire “vieni con me domani”. Mi voleva alla sua festa. La strinsi un po’ a me. Le carezzai la guancia. Sentivo l’odore dei suoi capelli.. della sua pelle. La sentivo calma e sicura tra le mie braccia.. proprio come un piccolo gattino con la coda pelucheosa.. direbbe lei. Vorrei tanto dirglielo. Vorrei vedere il sorriso dipinto sul suo volto. Vorrei dirle “ci sarò”.. e lei salterebbe in aria dalla felicità. Ma non ora… non adesso. La sorpresa deve ancora arrivare. Per il momento le nascosi un bigliettino nella borsa con su scritto..
“Farei di tutto per te…”
Atto II
30 aprile.. sui cieli d’Italia.
La sveglia non suonava. Il perché? Mancava ancora mezz’ora. Capita spesso che mi alzi mezz’ora prima che suoni la sveglia. Chissà perché. Forse il corpo inizia già ad accendere i motori prima che la sveglia devasti il sonno.. o forse era pura e semplice ansia da parto. (nel senso di partire ovviamente)
Bene.. cerchiamo di non perdere l’aereo.
Allora.. trolley.. notebook.. anello..
Entrai nello stanzino dove c’era l’appendiabiti. Sul lato sinistro c’erano tutti i miei cappotti appesi. C’era il cappotto lungo nero invernale, il cappotto imbottito in piuma d’oca, il giubbotto di jeans e infine lui… il mio vecchio cappotto di pelle, immancabile compagno di mille avventure. Decisi..
Voglio lui con me
Ecco.. questa è la mia vita..
Ci sono cose a cui sono molto affezionato. E quel dannato giubbotto è una di quelle. Ma ora non voglio divagare. Questa non è la sua storia.. questa non è la sua scena.
In scena invece c’era un aereo. Su quell’aereo c’ero io che guardavo dal finestrino il paesaggio lentamente avvicinarsi. Stavo per atterrare a Napoli..
Ad attendermi all’aeroporto c’erano i miei amici. Quei due vecchi scapestrati dall’aria intellettuale. Enzo e Mario.
Ero a Napoli.. Ma tecnicamente ero a Milano nel mio appartamento a cercare di abbattere la noia. La mia ragazza non doveva saperlo. Doveva sembrare tutto normale.
Mi chiamò.. e non potei risponderle. L’interfono era troppo forte per una scusa sulla televisione. Uscii dall’aeroporto.. salii in macchina e via.
Fine secondo atto.
Atto III
1° maggio.. la festa..
Ero a Napoli a casa dei parenti della mia ragazza accuratamente nascosto in una stanza. Spaesato e impaziente di incontrare la mia lei, vagavo intorno al tavolo. Il mazzo di rose l’avevo poggiato sul letto. Sul mio volto un leggero sorriso. Pensavo alla sorpresa che di li a poco stava per avvenire. Non se lo aspetterà mai. Mi conosce.. Egocentrico cinico bastardo, mi definirebbe. A volte non mi comporto nel migliore dei modi. E riconosco che lei davvero non se lo merita. Meriterebbe di meglio. Magari un ragazzo normale.. con i fiori sempre pronti e il cellulare sempre acceso.. che si fa sentire spesso e non soffre di “pigrizia da trasporto”. Povera.. non le ho nemmeno fatto gli auguri a mezzanotte. Anche se lei dovrebbe saperlo che non sono il tipo dagli auguri a mezzanotte. Ma questa non è una scusa. Sarà incazzata nera. Mi farò perdonare… come al solito.
Nella stanza c’era una finestra che dava sul cortile. Accostai un po’ l’anta. Si vedeva il vialetto da cui sarebbe arrivata.
Si fermò una macchina.
Eccola..
Scese..
Era bella nella sua semplicità. Sorrisi. Si avvicinò alla porta d’ingresso. E’ bella davvero pensai. Mi preparai.. presi il mazzo di rose rosse e mi avvicinai alla porta. Nell’altra sala sentii urlare “sorpresa”.
Bene. Fra poco sarà il mio momento. Eccola che arriva..
E uscii dalla porta…
Mi trovai davanti ai suoi occhi.
-E tu cosa ci fai qui?- restò scioccata dalla mia presenza. Cercava di capire se era un sogno o no. Cercava di capire se ero vero o no. Mi diede un bacio fugace. Una leggera lacrima le scese.
Era felice.. e questa volta c’entravo un po’ anche io.
Atto IV
il lungomare..
Il sole stava tramontando sul mare dipingendo il cielo con tonalità rossastre. Camminavamo mano nella mano sul lungomare di Napoli. In lontananza si vedeva il Castel dell’ovo. I nostri passi si avvicinavano a quell’immensa massa di storia medioevale. Il tempo sembrava che per una volta non avesse importanza. Potevamo finalmente guardare il sole tramontare insieme, senza guardare l’orologio. Di solito a quest’ora dovevo riaccompagnarla a casa.. con il solito treno e il solito pullman. Capitava raramente che potevamo goderci un momento insieme senza dover correre a destra e manca per Milano..
-Grazie di essere qui.. sembra un sogno..-
-In fondo non ho fatto niente piccola..-
-Sei venuto qui apposta per me..-
-Farei di tutto per te.. te l’ho scritto..-
-Si.. ho con me il tuo bigliettino.. eccolo..-
Me lo mostrò. Forse un po’ lo sospettava. Forse un po’ lo sognava..
I suoi occhi erano ancora lucidi. Il suo cuore batteva. E le onde s’infrangevano sugli scogli bianchi.
-Fermiamoci qui.. sediamoci sul muretto..-
Ci arrampicammo alla meglio sul muretto che costeggiava il lungomare. I nostri piedi ballavano nel vuoto.. e sotto di noi gli scogli. La veduta del mare era stupenda. L’abbracciai.
-E’ fantastico tutto ciò… sembra niente.. ma è stupendo..-
-Hai ragione..-
-E dire che tu avevi già i biglietti dell’aereo ed io non sapevo niente..-
-Sono molto bravo a nasconderti le cose!-
Mi diede uno schiaffetto sulla nuca.
-Scherzavo! Scherzavo!-
Un leggero venticello le ondeggiava i capelli. Era tra le mie braccia. Le carezzavo la fronte. Le sussurravo parole dolci all’orecchio mentre il sole continuava a volar giù.
Dietro di noi c’era un via vai di gente. Persone.. famiglie.. amici.. passanti e coppiette come noi che si tenevano la mano. C’era un po’ di tutto li.. un po’ di vita normale che faceva da sfondo al nostro piccolo e intenso sogno.
Eravamo noi..
Io e lei..
A sorridere dei guai che ci accompagnavano ogni giorno. A pensare e fantasticare a come sarà il domani. Il nostro domani.
-Guarda.. la Luna..-
-C’è anche lei qui con noi..-
La scenografia era fantastica.
Il mare dava il dolce suono delle onde che costantemente si abbattevano sotto di noi. Gli scogli bianchi ad attutire il colpo creavano un sottile retroscena. Il golfo di Napoli era una perfetta ambientazione per lo scorrere degli eventi. Il direttore di scena lissù s’era dato un gran bel da fare quest’oggi. Aveva curato le luci con le stelle.. dettagliato lo sfondo con le barche e aggiunto il particolare storico del castello. Non si può far niente.. “Lui” è un vero maniaco dei particolari. Dovrei ringraziarlo qualche volta.. Soprattutto ora che sembra tutto perfetto. Come quando lo immaginavamo stesi sul letto a romanticare.
La dolce voce del vento e la leggera luce della luna accompagnavano i nostri baci. La mente, il corpo, e il cuore di entrambi avevano una sola direzione.
Toccare la dolcezza con un dito..
..Fine dell’ultimo atto..

Il ragazzo nella sala continuava a scrivere. Non voleva fermarsi più. Osservava la scena e scriveva.
Cercava di non perdere il più piccolo particolare.
Cercava di regalare alla mente ogni singolo ricordo.
L’inchiostro sembrava non finire mai e le pagine si accumulavano una sull’altra. Non vi erano cancellature. Le parole scorrevano leggere e precise. Uniche e inconfondibili.. come perfetti scrigni che racchiudevano tutto il senso della storia. Della loro storia. Perché in fin dei conti cos’è una storia? Solo ricordi e parole.. e inchiostro buttato su un foglio di carta nel giusto ordine.
Il ragazzo smette di scrivere..
Purtroppo come in ogni storia.. e a malincuore in una bella storia, giunge la fine.. e con essa il punto più deciso e marcato del racconto. E la penna non si stacca.. non si vuole staccare..
Il sipario si chiude lentamente.
Una lacrima scorre..
Alternata da un piccolo sorriso.
Perché quel ragazzo sa..
..che continuerà a scrivere ancora di quella storia..

Mi piace:
Mi piace Caricamento...