Calabria Coast to Coast 2016 #16

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Dopo il caldo torrido della costa, decidiamo di fare tappa nel centro di questa bella regione. Dal coordinamento apprendiamo che ci sarà un notevole sbalzo di temperatura dai circa 33° ai 18. Quindi, dopo aver fatto rifornimento di vestiti primaverili, ci dirigiamo verso il parco Nazionale della Sila.

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Incantevole…

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Arrivederci Sila!

Frammenti d’estate 2015 (IV)

Cerco la forza di andare avanti…
in ogni istante…
in ogni luogo…

Cerco la vita…
cerco il mio posto nel mondo…

dicono che ce la farò…

io non ne sono così certo…

ma ce la metto tutta…

e tu…
grazie di essere qui…

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Storia di una casa (#41)

Storia di una casa #41 Blog

2007/2008

– 41 –

–  …E poi c’è Fightclub, lo adoro! E’ uno dei miei film preferiti! –
–  Sì! L’ho visto! Mi è piaciuto un sacco! –

Aprii con molta calma il portone di casa. Entrai per primo. Floria mi seguiva, trascinando con sé il suo grosso trolley. Sembrava stanca e provata dalla lunga giornata. Depositammo le valigie nella sua camera coricandole sul pavimento parquettato. La vidi dirigersi subito verso la finestra e spalancarla. Volle cambiare aria a quella camera che per lunghi mesi era stata chiusa. Si tolse il lungo cappotto e lo depositò sul divano. Osservai l’indumento e pensai che gli si dovesse dar merito per aver nascosto con così tanta cura un fisico che, altrimenti, non sarebbe passato inosservato.
Oggettivamente, Floria aveva un bel corpo. Gambe lunghe e fianchi stretti impreziosivano il suo portamento slanciato. Indossava un paio di jeans scuri, sotto a una maglietta beige in cotone a maniche lunghe. Le sue esili mani, con unghie ben curate erano già intente ad aprire una delle due grandi valigie sul pavimento. Non voleva darla vinta alla stanchezza quella sera. Nel frattempo, avevo preso posto su uno dei due letti e le stavo raccontando qualcosa di me. Lei mi chiese, con distratta curiosità, quanti anni avessi, mentre poggiava il primo maglione sul ripiano dell’armadio.
– 20 –
Improvvisamente si girò verso di me, come se quella risposta l’avesse spiazzata.
– Non l’avrei mai detto! Pensavo fossi più grande… – disse.
– Beh… forse la barba incolta e l’aspetto trasandato possono averti deviato… – buttai lì, ironicamente.
Abbassai lo sguardo silenzioso e, fissando i tasselli del parquet, cercai qualcosa da dire. Floria continuava il suo lavoro di svuotamento della valigia, quasi incurante che io fossi lì vicino.
– Tu, invece? Quanti anni hai? – chiesi.
– 25 –
– 25? Caspita! Nemmeno io l’avrei mai detto! –

In realtà, al contrario di ciò che pronunciai, la mia esclamazione sarebbe dovuta essere: “Caspita! Sei più grande di me!” per renderla più simile a ciò che davvero pensai in quel momento. Non volli sprigionare il mio vero pensiero per non rendere la situazione più strana di quanto già non lo fosse. Mi sentivo in difficoltà. Il mio rapporto con ragazze più grandi di me, fino ad allora, s’era limitato a casi sporadici. Diciamo che, l’universo femminile da me conosciuto non andava oltre la mia età. Al di là del quale c’era un vuoto totale. Mi sentivo disorientato. Non sapevo come rapportarmi, quali cose dire o quali comportamenti evitare per non sembrare infantile. Però, nonostante tutte le mie inutili paranoie, la cosa mi affascinava. Avrei potuto studiare il suo carattere in segreto e carpire qualcosa in più sulle donne.

Floria si girò verso di me e mi chiese:
–  Hai già cenato? –
–  Veramente no… –
–  Ho visto che qui sotto c’è Pizza Mundial… ti va se scendiamo a prenderci una pizza? –

Accettai subito il suo invito. Non dico mai di no a chi mi offre di mangiar fuori o di bere una birra. M’infilai rapido il cappotto mentre Floria mi aspettava già sul pianerottolo. Chiusi la porta a chiave senza badare che, tra lenzuola del letto, il mio cellulare aveva iniziato a squillare…

continua…

Galleria d’Arte #35

Ligabue Mondovisione Album

..Per sempre..

Seicentoventi (I)

Chiavi Ducati Monster 620

1.

 

La pallina rossa volteggiava nell’aria per poi finire nella mia mano. Girovagavo per la stanza pensieroso. Ero a Milano da pochi giorni e già sentivo il peso della solitudine sulle spalle. L’estate era finita, e, bene o male, qualche cosa di divertente s’era pur rimediato.
Mi sedetti a gambe incrociate per terra continuando a far rimbalzare la pallina sul pavimento.
Non mi sentivo soddisfatto. Avevo gli occhi spenti e l’anima che pulsava come una tenera fiammella al vento, invece di ardere di passione come il suo solito. Avevo una strana angoscia interiore che cercavo di debellare.
Voglia di vivere zero.
Voglia di pensare tantissima.
Guardai le pareti della mia stanza. L’avevo tassellata di fogli appiccicati con lo scotch. Grafici di borsa, tecniche d’investimento, notizie economiche importanti…
Il mondo della borsa mi ha sempre affascinato. E’ un mondo che studio da quando avevo diciotto anni. Cominciò come un gioco e poi cominciò a piacermi giocare con i soldi. Purtroppo in questa società devi rispettare le regole e le regole dicono che devi avere una laurea per far capire agli altri quello che già sai fare. Mi avvicinai a una parete. Era affisso un vecchio grafico dell’andamento del petrolio. Sorrisi nel vedere la quotazione del 2007 prima della crisi. Non ci voleva un genio per prevedere tutto il casino che abbiamo vissuto. Purtroppo nessuno guarda i grafici… sappiamo solo lamentarci!
Afferrai quel foglio e lo strappai dal muro. Strappai anche quello a fianco e l’altro ancora.
Maledetto tempo… ne avessi un po’ di più…
Quell’anno mi ero deciso ad abbandonare la borsa per dedicare più tempo ai miei esami universitari.
Tristezza…
Mi buttai sul letto, circondato dalla miriade di fogli che avevo strappato dai muri.
La mia vita doveva cambiare. Niente più mattinate a scannarci sui mercati. Si passava alla vita dello studente pendolare.
Tristezza…
All’università avevo già dato gli esami più belli, restavano solo quelli noiosi e rognosi prima della laurea. E dovevo darmi una mossa.

Mentre ragionavo sulla mia vita, squillò il cellulare.
Un messaggio.
Mi rigirai nel letto scricchiolando tra i fogli. Allungai una mano per raggiungere il comodino. Afferrai il Blackberry e lessi l’email che m’era arrivata. Era una di quelle email pubblicitarie di annunci. Scorsi la lunga lista di annunci milanesi senza troppa attenzione per poi spegnere e ributtare il cellulare sul comodino.
Rituffai la testa tra i cuscini. Lasciai una mano penzolante a picchiettare il comodino. Respiravo lentamente fino a quando, all’improvviso, ebbi un lampo nella mente. Il cuore iniziò a battere, la fiamma dell’anima si riprese e alzai di scatto la testa per fissare il cellulare. Con un rapido gesto lo afferrai e mi misi a sedere sul letto. Riaprii l’ultima email e la lessi più attentamente. Tra gli annunci ce n’era uno che m’interessava parecchio. Lo lessi.
Cavolo! E’ fantastica! Devo averla!
Alla fine dell’annuncio c’era scritto che scadeva quel giorno. Guardai l’orologio:
19:36
“Chiamalo!” Mi urlò l’istinto.
“Ma ti sei ammattito?” Urlò la mia coscienza.
Così presi da parte istinto e coscienza e gli dissi: mettetevi d’accordo ragazzi!
Dopo una breve colluttazione vinse l’istinto.
Composi il numero frettoloso.
–  Pronto Massimo? –
–  Sì, mi dica… –
–  Ho letto il suo annuncio e… –
[…]

–  Bene… sembra tutto a posto! – gli dissi.
–  Solo che, come hai letto, domani non sarà più disponibile. Quindi, posso fartela vedere solo stasera, se per te non è un problema. – continuò il tipo dell’annuncio.
–  Nessun problema Massimo! Ci vediamo stasera sotto casa mia! –

 

 

continua…

Frammenti di vita #11

 

Notte…
Una Milano deserta.
Girovagavo per le strade senza meta. Tra i pensieri…
Una ballerina danzava sul marciapiede.
Mi fermai…
M’incantai…
e decisi di filmarla…

© Lapallinarossa

Corsi e Ricorsi Storici (IX)

Corsi e Ricorsi storici 9 Nino Bixio

(Foto personale)

e

Epilogo Parte due

Nino Bixio fu un personaggio chiave per il Risorgimento italiano. Strinse rapporti con Mazzini, partecipò ai moti carbonari, fu al fianco di Garibaldi, partecipò….
Ah… ormai sapete già tutto.
Guardai di nuovo l’insegna marmorea della strada. Ero alla solita fermata del 23. Sfatto, scapigliato, disordinato. Mi sistemai la sacca con l’insalata pronta da condire sulla spalla. Avevo i muscoli indolenziti. Tutte le corse che avevo fatto quel giorno mi avevano sfinito.
Per un attimo ripensai a tutto e magicamente sorrisi.
Annalisa, a suo modo, aveva stravolto ogni mio pensiero. Come c’era riuscita? Dov’era finito il Ciro che s’incazzava a ogni minimo imprevisto? Scomparso, defunto! Era riuscita a disegnare strane linee colorate nel mio mondo monocromatico in bianco e nero. Sprigionava purezza da ogni poro ma ogni vota che tentavo di entrare nella sua mente, era come aprire una cassaforte.  Sicuramente, sbaglio a voler ridurre il suo carattere a un modello preconfezionato. Dovrei far diventare essa stessa uno dei miei modelli di personalità cui ricondurre vagamente altre persone. Al mondo ce ne saranno poche di persone come lei. Aver la voglia di vivere ogni giorno nelle vene non è per niente facile. Forse dovrei imparare da lei a trattare ogni giorno come se fosse un giorno speciale…

Il tram stava arrivando. Guardai in direzione della casa di Annalisa, come a volerla inconsciamente salutare. Tolsi la sacca che mi aveva dato e la osservai.
Quante me ne hai fatte passare? pensai mentre osservavo il contenuto.
Di fianco a me c’era un cestino.
So che mi odierai per questo, ma tanto non lo verrai mai a sapere!
Presi la sacca con l’insalata pronta da condire e la lasciai andare all’interno del cestino.
Senti un tonfo secco e salii sul 23.

  .

.

.
Corsi e Ricorsi Storici:

Qualche anno prima Annalisa ed io eravamo seduti sul sedile posteriore della macchina di mio padre. Lui era alla guida e di fianco c’era il padre di Annalisa.
I due sono stati grandissimi amici da giovani e ne avevano fatte di cotte e di crude.
Raccontarono della mitica 500 e di tutte le storie che ci giravano intorno. Delle ragazze… delle gite al mare… dei viaggi e di tutte le marachelle che avevano combinato.
I due sessantenni ridevano felici di un passato memorabile.
Annalisa ed io li ascoltammo divertiti.
Ci guardammo e sottovoce Annalisa mi disse:
“Non sapevo che i nostri genitori fossero così amici… E’ divertente pensare che lo siamo anche noi… come se si chiudesse il cerchio.
Proprio come se fossero Corsi e Ricorsi Storici!”

Fine

Corsi e Ricorsi Storici (VIII)

Corsi e Ricorsi storici 8 Nino Bixio

(Foto personale)

 

Fu così che mi ritrovai a correre di nuovo, lungo la mia amatissima Nino Bixio. Stanco e sfatto, con un’insopportabile borsa di troppo: la busta di stoffa contenente l’irrinunciabile insalata pronta da condire di Annalisa. Quella ragazza alla fine c’era riuscita a farmela portare a presso. La prossima volta però, non mi frega!
In mano avevo i due cellulari che Lia mi aveva chiesto di consegnare a scuola. I miei “no” alla fine avevano ceduto di fronte alle loro dolci insistenze. Annalisa e Lia avevano un treno da prendere. Il treno che avevamo prenotato qualche ora prima. Forse Lia non sapeva ancora che doveva farsi tutto il viaggio in piedi perché quella pazza di Anna aveva preso i biglietti senza il posto assegnato. Non dissi niente a riguardo, lasciando a Lia il gusto della sorpresa. Dopo averle salutate, presi i cellulari ricevendo qualche vaga indicazione sul luogo, la scuola, i ragazzi e le azioni da compiere. Poi corsi via da loro… “L’orario scolastico” era quasi ultimato e non volevo di certo trovarmi in mezzo ad una baraonda di ragazzi chiassosi.
Ma… rimettendo insieme tutte le informazioni che Lia mi aveva dato frettolosamente, capii che c’erano molti buchi vuoti nel piano. Non conoscevo niente eccetto l’indirizzo della scuola dove dovevo andare. Aule, corridoi, nomi dei ragazzi, i bidelli… Mille domande sbucavano da ogni dove nella mia testa iperprogrammatica, mentre, svoltando a destra, lasciavo Bixio per un’altra strada. Vidi il palazzo della scuola da lontano. Attraversai la strada e mi diressi all’ingresso. Non so, ma avevo la pelle d’oca a entrare in una scuola. Non ero più abituato. Sentivo sulle spalle il peso dei ricordi, come se fosse una pesantissima cartella piena di libri. Ricordai il Ciro adolescente di molti anni prima. Ricordai i piccoli problemi di ogni giorno che rapportati a quelli di adesso sembravano sassolini. Ricordavo tutto, ma non la felicità. Era presente allora?
Ricordo:
 
Quella volta che, ad occhi spenti e verso il basso…
Pioveva…
Sulle spalle una cartella pesantissima…
e nelle orecchie le cuffiette di un walkman grigio.
Aspettavo mia madre che venisse a prendermi.
Solo.
La pioggia mi aveva inzuppato tutto.
Lasciavo scendere le gocce insieme alle mie lacrime.
Dicevano che l’adolescenza doveva essere la stagione dei primi amori e della spensieratezza.
Tutte balle…
Soffrivo col cuore a pezzi
Nel mio piccolo giubbino di jeans ormai di una tonalità più scura.
Quel giorno una ragazza mi aveva lasciato.
Non seppi nemmeno bene il perché…
Ma guardai per la prima volta la mia scuola, odiandola.
Odiavo quel posto per avermi portato così tanto dolore.
E volevo fuggir via.
 
Una macchina si fermò.
Scese una donna.
“Ti avevo detto di portarti l’ombrello!”
Non risposi…
perché l’ombrello era nella mia pesantissima cartella.
Quel giorno… io volevo la pioggia.
 
Guardai il cielo nuvoloso. Anche quel giorno si apprestava a piovere. Misi la mano sulla maniglia della porta d’ingresso della scuola media di Porta Venezia. Feci un respiro e tirai la maniglia verso il basso.
Non si apre!
Provai più e più volte ma niente. La porta era chiusa. Mi allontanai leggermente.
Come avrei fatto ad entrare? Mi guardai intorno alla ricerca di una soluzione. Notai poco distante una ulteriore porta d’ingresso. Mi avvicinai a quella ma era chiusa anche lei.
Cavolo!
Cercai qualche pulsante o citofono nei paraggi, non sapendo nemmeno cosa dire per entrare.
Improvvisamente qualcuno uscì da quella porta. Mi avvicinai e appena quella che doveva essere una professoressa fu uscita, mi avvicinai e afferrai la maniglia prima che la porta si chiudesse. Fatta! Ero dentro. Guardai a destra: corridoio. Guardai avanti: corridoio. Guardai a sinistra: corridoio. Dove cavolo vado?! Cercai di ricordare la sezione che mi aveva detto Lia. Doveva essere la E o la D. Detesto la mia memoria corta! Seguii le indicazioni per entrambe e arrivai al secondo piano. Nei corridoi non c’era nessuno eccetto una bidella anzianotta che puliva il pavimento. Mi fissava ed io fissavo lei. Mi avvicinai timoroso.
–       Salve, io dovrei consegnare questi cellulari a due studenti da parte della professoressa Lia ****** –
–       Ah, sì! La signorina *******? So che è dovuta uscire per un’urgenza. Non è niente di grave vero? – mi disse la bidella preoccupata.
–       Beh… si spera che non sia nulla di grave… – dissi restando nel vago.
–       Guardi, i ragazzi sono in quell’aula lì ora glieli chiamo. –
–       No, ascolti, li tenga lei e glieli consegni alla fine della lezione. Così io vado. –
–       Va bene e mi saluti la signorina ********. –

Appena fuori dalla scuola tirai un sospiro di sollievo.
Forse ora posso davvero tornare a casa.

continua…

Corsi e Ricorsi Storici (VII)

Passante Porta Venezia

(Foto personale)

Annalisa è un’insegnante di scuola media e svolge questa nobile professione in una scuola del milanese, insieme alla sua amica Lia. Non domandatemi come faccia una come lei a insegnare geografia o italiano a dei poveri studenti annoiati; so solo, (e ne sono certo) che quei preadolescenti passino il tempo a odiarla e amarla allo stesso modo. Del resto, anch’io l’avrei fatto.
Quell’anno, l’insegnante vintage/indy, s’era accaparrata le ferie per l’ambitissimo ponte dell’immacolata. Cosa che non era stato possibile per la sua collega.
Quindi, Lia, in quel momento, era bloccata a lavoro.
Guardavo Anna, mentre camminavamo nel sottopasso della stazione di Porta Venezia. Cercavo di capire a cosa pensasse quella mente incomprensibile. Di solito non ci voleva tanto. Si trattava di capire di cosa stessero discutendo gli unici due neuroni che aveva.
–  Anna… che facciamo? – le chiesi.
Anna si fermò. Si guardò intorno. Cacciò il telefono dalla borsa e compose un numero.
Iniziò a squillare. Me lo porse…
–  Tieni… sto chiamando la segreteria della scuola. Inventati qualcosa per far uscire Lia. –
–  Anna! Ma sei seria? Anna no! Cazz… Pronto è la scuola media *******? Salve. Avrei bisogno di parlare con la signorina Lia ****** è una emergenza. Grazie. –
“Attenda un attimo”
–  Anna ma sei pazza! – dissi sottovoce alla mia amica, gesticolando come un babbuino.
–  Shhh che ti sentono! – rispose
“Pronto chi è? Che è successo?”
Al telefono si sentì una voce femminile. Era Lia. Anna prese il telefono e lo portò al suo orecchio.
–  We, Lia. Ciao. Tranquilla non è successo niente! – rise.
–  Non ancora… forse un omicidio tra poco! – aggiunsi
–  Senti, ti ho preso il biglietto per scendere. Partiamo tra un’ora. –
“Tu cosa? Anna io sono a scuola!”
–  Su esci! Inventati qualcosa! Dai! Ti aspettiamo all’uscita del passante di Porta Venezia, tra un quarto d’ora! –
click
Annalisa ripose il telefono in borsa con estrema calma e mi guardò.
–  Secondo te ce la farà? – mi chiese dubbiosa.
Non risposi. Le presi una ciocca di capelli e iniziai a tirarla.

Poco dopo ci raggiunse Lia. La scuola non era lontana da dove ci trovavamo. La vidi arrivare tutta concitata. Affannata. Chissà cosa si era inventata per uscire. Non volevo saperlo. Non volevo altre grane quel giorno. Volevo tornarmene a casa e cercare di recuperare qualche ora di sonno in un comodo letto. Ero distrutto. Avevo un aspetto orribile. Annalisa aspettava di fianco a me. Guardavamo Lia raggiungerci. Notai però, qualcosa di strano nel volto di Lia. Qualcosa che mi diceva che quella giornata non sarebbe finita lì.

–       Ciao ragazzi! – ci salutò Lia.
–       Ciao tesoro! – rispose Annalisa con un bacio.
La salutai anch’io. Mi sentivo un tappo tra di loro nonostante il mio metro e ottanta. Entrambe erano alte e slanciate. Lia, dopo aver scambiato i soliti convenevoli con Annalisa, abbassò lo sguardo infilando la mano nella borsa.
–       Anna, sono uscita da scuola con una scusa orribile che nemmeno ti spiego! Ma… – disse Lia.
–       Ma?! – dissi in sincrono con Anna.
–       Beh… mi ero dimenticata che, nell’ora precedente, avevo sequestrato due cellulari ai miei alunni… e… non posso portarli con me! E non posso nemmeno tornare a scuola! Come facciamo? –
–       Neanche io posso tornare a scuola! Ho inventato una scusa peggiore della tua per uscire! – rispose Anna.
A quel punto, prevedendo già come sarebbe andata a finire la cosa, feci un paio di passi indietro, come chi cerca di fuggire da un animale pericoloso senza farsi sentire.
Le ragazze, dopo essersi guardate negli occhi per un paio di secondi, si ricordarono della mia presenza e si voltarono all’unisono verso di me.
Spaventato come se la mia finta fuga fosse stata scoperta, alzai le mani in segno di resa dicendo:
– No, Ragazze! Non ci pensate nemmeno! Io non ci vado in quella scuola! –

continua…

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