Frammenti di vita #56

Mate fin

“…ma tu, guarda me, prendo tutta la vita com’è 
non la faccio finita ma incrocio le dita e mi bevo un caffè

Ammazzo il tempo provando con l’auto meditazione canto un po’ nella testa (uh-uh-uh-uh) 
e mi rimetto ripulendo il mio salotto dal terribile ricordo che resta di te…”

 (riesco anche a tagliarmi i piedi nella parte alta della foto!)

A Neverending Summer (IV)

A Neverending Summer 3

–       Acqua! –
–       Acqua! Gianni… Acqua! –

Aprii gli occhi. Ero nella mia macchina. Avevo la gola così secca da sembrare una terra arida. Il sedile passeggero era completamente steso. Mi toccai le gambe. Avevo i calzoni fradici. Sete! Ho una fottuta sete! Guardai alla mia sinistra. Gianni dormiva ancora. Tutto era sfocato. Gli occhi mi bruciavano come se avessi fatto un bagno lungo tutta la notte. Vari flash mi riportarono alla mente qualcosa della nottata precedente. La musica… le ragazze… la schiuma. Quella maledettissima schiuma mi ha ridotto così! Mi strofinai gli occhi più volte per vederci meglio. Mi sentii disorientato. La forte luce del sole mi abbagliò. Vidi il mare vicino, troppo vicino. Un molo, delle barche ormeggiate, gli scogli… Dove cavolo siamo?! La domanda successiva che mi feci fu chiedermi il come fossimo arrivati fin lì. Con una mano strattonai una spalla di Gianni.

–       We… –
–       Oh… –
–       Sei vivo? –
–       No… –
–       Ed Io? –
–       Nemmeno tu! Siamo morti insieme ieri sera! –
–       Ah… allora il paradiso assomiglia a un porto… chi l’avrebbe mai detto! –

Gianni tornò a dormire.
Preso dalla curiosità, aprii la portiera e scesi dalla macchina. Le gambe, per fortuna mi reggevano ancora. Mi guardai i piedi. Sono sicuro che ieri avessi delle scarpe…
Riguardai in macchina ed erano lì, sul tappetino. Le indossai.
L’aria fresca della mattina mi gonfiava i polmoni. Guardai il mare. La testa girava ancora ma riuscivo a camminare diritto… forse. Presi a camminare lungo il bordo del molo. Mi fermavo ogni tanto per non perdere l’equilibrio e finire sugli scogli sotto di me. Purtroppo la ghiandola del pericolo doveva essere ancora in macchina da qualche parte insieme al mio calzino destro.
Mi sedetti su una piccola sporgenza del molo. Chiusi gli occhi e mi arresi alla luce del sole che, con il suo caldo tepore, mi riscaldava il volto. Incrociai le gambe. Pensai…

Pensai alla libertà…
A quanto fosse cambiata la mia vita in soli 10 anni…
10 anni fa una cosa del genere sarebbe stata impensabile. Avrei avuto gli elicotteri della polizia sopra di me che mi cercavano, mandati dai miei ansiosissimi genitori.
Pensai ai ricordi… agli amici… ormai tutti maturi e oltre l’età per le avventure.
Tranne Gianni, quel poveretto che dormiva nel lato guidatore della mia Fiesta.
Chissà cosa l’ha spinto a seguirmi in quella che doveva restare solo una folle idea detta senza darci troppo peso.
Pensai…
Tra 10 anni dove sarò?
Ancora lì, su quel molo, a chiedermi se avessi allacciato bene le scarpe con il mio classico doppio nodo? Forse…
Forse metterò la testa a posto…
e soprattutto… crescerò.
…e non vorrei mai smettere di scrivere…

–       Ciro! Sali in macchina! Andiamo a farci una bella giornata di Mare! –

.

.

Fine………
.(forse)

Audi sportback… (strane storie estive V)

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In brutti periodi di droga…

Il mio istinto di sopravvivenza era in totale allarme. Avevo paura… una paura folle. Erano le due di notte ed ero a bordo di un Audi a3 sportback.
– Ti piace questa macchina Ciro?-
– Certo, è stupenda… ma rallenta! -
 Mi tenevo al bracciolo dello sportello. La velocità era alta; e se lo dicevo io, era alta davvero. Per fortuna il mio cuore teneva ancora, anche se batteva all’impazzata.
– E’ 2000 a benzina… e ha 170 cavalli… non la ferma nessuno!-
– Ci credo… la curva! Quella è una dannata curvaa! -
Onorio prese la curva a pelo a circa 180 chilometri l’ora. Fortunatamente a quest’ora in città non c’erano molte macchine ma quella velocità era folle anche avendo a disposizione entrambe le corsie. Follia pura.
Guardai Onorio.
Guidava con una mano sola, mentre con l’altra si tastava le tasche cercando qualcosa.
- Ciro, vedi se trovi un accendino… –
– Non dirmi che vorresti accenderti una sigaretta ora? –
– Certo…-
– Fammi guidare a me e tu fumi… – gli implorai fissando la strada.
– No, tranquillo, sto bene! –
– Comunque, qui l’accendino non c’è. La curvaaaa! Usa l’accendisigari e cristo rallenta! –
– E’ rotto! –
– Madò… non funziona niente in questa macchina! Secondo me, i miei 10000 euro li dovresti accettare per questo catorcio! –
– Chèè? Catorcio? Guarda qua! -
Onorio spinse l’acceleratore a tavoletta.  Restai incollato al sediolino per una decina di secondi e lì capii che dovevo starmene zitto. La strada non riuscivo più a vederla. Vedevo solo cose sfrecciare velocissime.
Onorio a guardarlo sembrava calmo e tranquillo. Come se tutto questo fosse normale routine per lui. O per dir meglio, quello non era ancora il suo limite, mentre il mio era già stato superato alla grande.
 Tum tum tum..
. Tum tum tum..
. Curva a destra, curva a sinistra… rotonda. La macchina sembrava pendere dal mio lato ma teneva bene la strada. A un certo punto Onorio iniziò a smanettare con lo stereo. Mise un pezzo di Ligabue per farmi contento. Poi abbassò la mano e girò al massimo la manopola dell’aria calda. Non capivo il perché (in pieno agosto). Il mio cuore batteva così forte che avevo un tremore che si diffondeva per tutto il corpo. Alzò la musica. Urlando contro il cielo. la più bella… e forse la più adatta. Non cantavo… non riuscivo a seguire le parole. La mia mente era uno scorrere continuo di pensieri, ansie e paure. Ogni incrocio, ogni rosso, ogni stop non rispettato, ogni sorpasso, ero lì con le unghie piantate nel sediolino.
 Veloce..
. Tum tum..
. Sempre di più..
. Tum tum..
. Un rettilineo. Sapevo che lì Onorio avrebbe dato il meglio di se. Lungo il bordo strada c’erano i pali dei lampioni che si susseguivano a oltranza, oltre a un basso muretto. Non c’era nessuna macchina. Niente, solo noi e la strada. Lunga e diritta sotto di noi. Onorio oltrepassò i 200, il suo contachilometri scintillante era stupendo. Avrei voluto avere anch’io una macchina così. Lo guardai. 
Lo guardai e stranamente mi fidavo di lui. Sbagliando…
 TUM TUM…TUM TUM…
 Onorio si avvicinò sempre di più al bordo della strada dalla mia parte. Sembrava una cosa calcolata al millimetro. Vedevo il bordo sempre più vicino, i lampioni sfrecciarmi accanto, uno dopo l’altro, in rapida successione… sempre più vicino… e…
– Oooooo atteen… -
SPAAAAAAKKKKKK

Mi abbassai dal lato di Onorio. I miei riflessi erano ancora vivi nonostante l’alcol trangugiato quella sera.
Mi alzai. Onorio continuava a correre come se niente fosse successo. Guardai fuori dal finestrino. Lo specchietto dell’Audi sportback era completamente disintegrato. Distrutto. Una cosa inguardabile. Era rimasta solo la povera freccia penzolante appesa a un filo. Avevo gli occhi sgranati. Lo specchietto aveva preso in pieno un lampione e non ne era rimasto più niente. Guardai il finestrino e ringraziai il cielo di averlo chiuso, altrimenti quello specchietto mi sarebbe schizzato in faccia.
– Ciro, ma ho per caso rotto lo specchietto? – disse Onorio, con la tranquillità di uno che chiede se ha vinto o no il Napoli la domenica precedente.
– Nooo… Non è che l’hai rotto… L’hai completamente polverizzato! Non c’è più niente! –
– Davvero Ci? –
– Rallenta un po’ e dai un’occhiata tu! –
– Aèè, sai quanto costa quello specchietto? –
– Spara! –
– 400 euro! –
– Azz, complimenti allora! Onorio, io te lo dico, pigliati sti 10000 euro per questa macchina! –
– No, ma che! Lunedì la porto ad aggiustare!-
– Tu si che stai bene! –

Finalmente arrivammo a destinazione. Ci fermammo un po’. Lo stereo e l’aria calda continuavano a girare.
Guardai Onorio con aria interrogativa e gli domandai:

– Onorio, spiegami una cosa… perché hai acceso l’aria calda? –
– Che ne so Cì… sto ubriaco! Spegnila pure! – disse sorridendo,
lasciandomi per un istante senza parole. Non perché guidasse ubriaco… capita spesso, ma questa cosa dell’aria calda a manetta il 21 di agosto, mi lasciò ammutolito.
Spensi l’aria. Guardai Onorio e gli dissi.
– Al ritorno guido io… –
– Non esiste proprio! Guido io! E ora sbrighiamoci! Che il tizio ci sta aspettando! –

Cuore Parte V

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E solo Dio sa quanto può far male..

Quando il cuore batte per conto suo. Quando se ne frega della vita e lascia stare i pensieri. Non posso far nulla per contrastarlo. Sono giorni difficili. Sono stanco e incapace di resistere. E’ una guerra già persa, quella con me stesso. Mi conosco troppo bene da saper di essere più forte.. anche quando dall’altra parte della barricata ci sono io.

E tutto è cambiato, non è più come prima..

La scenografia della mia terra è cambiata. La mia casa non sembra quasi più la stessa. Fatico anche a riconoscerla. E non perché sia ubriaco.

Eccola li… ma non mi fermo.

Voglio fare un altro giro. Un’altra folle corsa su questa strada.

E chi lo sa.. magari potrebbe essere l’ultima.

Tutti questi cambiamenti mi fanno pensare..

E se fossi cambiato anche io?

Se non ci fosse più quel Ciro di sempre che mi seguiva nelle imprese assurde.

Forse l’altra sera è stato solo un assaggio di pazzia, dettata da qualche regola ignota. Chissà a cosa pensavo mentre iniziavo quella corsa clandestina con Luca come mio avversario:

Gianni ed Enzo erano con me e si  coprivano gli occhi mentre saltavo qualche semaforo o mi affiancavo a Luca in una strada a doppio senso.

Lo riconosco. Con il suo sguardo beffardo e la sua mentalità sconosciuta, Luca.. è più pazzo di me. Ma a me manca poco. Un solo soffio e diventerò peggio di lui. Basta solo che il mio cuore batta un altro colpo fuori posto e il gioco sarà completo. Il mio quadro ben disegnato verrà macchiato e reso irriconoscibile. Così potrò buttar via la mia fredda razionalità per dar posto alla calda follia.

-No Ciro no!- Urlò Gianni..

Stavo per imboccare uno svincolo contro mano. Volevo superare Luca il prima possibile. Per fortuna non veniva nessuno. Questa notte poteva essere l’ultima per un bel po’ di persone.

.. e lo superai.. ma la soddisfazione non era abbastanza.

La corsa continuò..

Mai mettere due cuori irrequieti al comando di due macchine. Si sa già che poi va a finire così.

Ed ora come ora.. non riesco più ad affrontare i miei sensi di colpa. Sono tutti li a guardarmi e ridere di me. Devo scrollarmeli di dosso il prima possibile. Non posso continuare a far finta di niente e a mentire alla gente con un triste sorriso. E’ dura a volte non poter raccontare. Non poter dire di essere così fragile sotto questa corazza strafottente.

Cosa vuoi.. O mio cuore?

Invoco la tua calma..

Voglio la mia sicurezza.

Non voglio patire..

È così facile mettere a posto la mente e la coscienza non pensando.

Ma con te non ci riesco.

Cos’è?.. Che cos’hai?

Sono domande a cui so che non mi darai risposte..

Trattengo il respiro..

I tuoi battiti si fanno più intensi. Li sento e contandoli cerco di capire come sia fatto questo piccolo organo malinconico.

Tum tum..

Tum tum..

Sembra aver smesso.. Respiro..

E seduto su questa comoda poltrona batto le mie ultime parole di questa notte.. prima di affondare i miei occhi nella calda e tranquilla Combray.. dove Proust si dilettava a descrivere il suo piccolo mondo…

Alla prossima.. Lo spero..

 

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