Preparate i pop corn!
Preparate i pop corn!
Problema Siti italiani (tv, conti correnti, ecc..)
Chi si è trasferito da poco all’estero e ha cercato di vedere l’ultimo concerto di Gigi D’Alessio su rai.it lo sa bene che ciò non è (grazie a Dio) possibile; beh.. la ragione non è perché in Francia odiano la musica neomelodica ma è un problema legato agli indirizzi IP.
Alcuni siti non sono fruibili all’estero. Tipo: skygo, Dplay, alcuni video di youtube, vengono bloccati col messaggio che potete vedere sopra.
No Problem su internet tutto è possibile (si proprio tutto è inutile che mettete la privacy alle foto con la panza all’aria su facebook)
La soluzione è aggiungere un plugin per il vostro browser preferito che crei una VPN (virtual private network)
In linguaggio maccheronico, il pc crede di stare ancora italia, anche se state ingurgitando madeleine inzuppate nella nutella.
Le vpn purtroppo non sono sempre gratuite. Ma (per ora) i migliori plugin sono: Hola per google Chrome e Hoxx per Firefox.
Parliamo di Hoxx (Hola è simile)
Inoltre, se volete proprio strafare usate: CloudTv
il sito offre quasi tutti i canali del digitale terrestre italiano in streaming (non vi serve nessun plugin)
Buona visione! (e poche madeleine!)
Stasera c’è Inter Napoli…
ed io mi sono dimenticato la cosa più importante…
La sciarpa!
Ci sarà un napoli store a Parigi?
Beh… almeno qualcosa non riescono a togliermela…
Con te sono sempre in bilico tra gioia e mal di pancia…
Ma stavolta hai veramente “scasst tutt’ cos”
Grazie Napoli!
(Campioni d’inverno)
Formia
Ripresi il pc e lo arroventai sotto i colpi delle mie dita frenetiche. Calcolavo percorsi, probabilità, eventuali
problemi che i miei fratelli avrebbero potuto incontrare; possibili stazioni in cui fermarmi; traffico, orari, chilometri, deviazioni, mi stava venendo un gran mal di testa!
Il mio cellulare lampeggiò. Sullo schermo comparse una mappa e un punto con la faccina di mio fratello che si spostava. Graziano stava facendo bene il suo dovere, si erano mossi da casa. Io invece, dall’altra parte della mappa, restavo fermo e immobile nei pressi della stazione di Formia. Immaginai che la stessa mappa la stesse guardando mio fratello nel sedile passeggero di un’Audi sparata sulla statale 7. Gli avevo insegnato a usare Google Latitude qualche anno prima. Era Pasqua e giocavamo con i cellulari mentre andavamo a trovare i nonni per i consueti auguri.
– Graziano, guarda quest’applicazione… – gli dissi.
– Cos’è? Una mappa? –
– Molto di più… vedi quest’icona con la mia foto? Indica la mia posizione. Ora accendi anche il tuo cellulare e ti faccio vedere che compari anche tu… –
Graziano cacciò dalla tasca il suo Htc bianco. Attivò la connessione e cliccò su Google maps. Un attimo dopo, accanto alla mia icona lampeggiante, comparse anche la sua.
– Fico! – disse – Ma a che cazzo serve? –
– Per adesso a niente… ma sicuramente verrà un giorno in cui ci servirà… –
E il giorno era proprio quello in cui i miei fratelli erano la mia ultima speranza di salvezza. Guardai l’orologio e fissai per un po’ le lancette che segnavano le nove. Quanti casini che stavo creando. Avevo spedito i miei fratelli fino a Formia! Più di cento chilometri da casa! Di notte! Dovevano attraversare paesi come Giuliano, Castel Volturno, Casal di Principe… zone in cui, a volte, la legge stenta ad arrivare e regna l’anarchia. E mandarci due adolescenti immaturi, non era tanto una buona idea.
Mia madre ucciderà…
Mentre ero assorto nei miei pensieri, il telefono cominciò a squillare. La foto di mia madre apparve sullo schermo nero. – Cazzo! Tempismo perfetto! –
Click
– Ciao Ma’… –
– Ciro! Sei arrivato a casa? –
– No… sono ancora in treno… ci sono stati dei problemi… –
– Ce la fai a prendere la coincidenza? Devo chiamare qualcuno che ti venga a prendere? –
– No Ma’… ho chiamato Graziano e Davide… stanno venendo loro… – bomba sganciata, chiusi gli occhi e allontanai un po’ il cellulare dall’orecchio, in attesa di roventi grida furiose.
– Ah… – disse solamente. – Te lo vedi tutto tu? –
– Certo… li sto guidando da qui… –
– Va bene… allora fammi sapere quando arrivate a casa… Ciao –
– Ciao Ma’ –
Click
Chiusi il cellulare ancora incredulo. Mia mamma che non si preoccupava? Suonava strano pensarlo. O semplicemente non aveva ancora focalizzato con la mente… cosa molto probabile.
Mi adagiai sul sedile appoggiando i piedi su quello di fronte. A intervalli di 5 minuti accendevo la connessione per seguire il tragitto dei miei fratelli. Non avevano ancora oltrepassato la metà del percorso.
Intanto il mio treno restava nell’inamovibilità più assoluta. I passeggeri erano incazzati neri. Un tizio si era impossessato del microfono dell’interfono e con messaggi del tipo “Capotreno! Abbiamo donne e bambini a bordo! Dove sei?” aizzava ancora di più la folla inferocita.
Perché non ho preso il Frecciarossa? Pensai amareggiato.
Mentre roteavo il cellulare tra le dita, sentii un rumore ferroso provenire da lontano. Un treno si stava avvicinando a noi. Possibile?
Andai al finestrino e un regionale mi passo a pochi metri dal viso a tutta velocità. Mandai un messaggio a Enzo:
Ma per caso, sei su quel treno che mi è appena passato a fianco?
Nello stesso istante mi arrivò un suo messaggio che sostanzialmente diceva la stessa cosa. Lo chiamai.
– We! Figlio di puttana! Sei passato e noi no! –
Rise.
– Ciro, come facciamo quando arrivo? –
– Ti passo a prendere con i miei fratelli, tranquillo! –
– In che stazione devo scendere? –
Pensai un attimo e dissi: – Caserta… scendi lì –
Click
Ora dovevo solo sperare che il mio treno riprendesse la corsa. Se il treno di Enzo era passato, perché il mio era ancora fermo? Nessuno lo sapeva. Intanto avevo socializzato con una signora di Salerno. Stando nella mia stessa cabina aveva ascoltato tutte le mie chiamate e quindi seguito la mia vicenda. Le chiesi consiglio su dove scendere nel caso in cui il treno fosse ripartito.
– Aversa… E’ abbastanza vicina a Napoli ed è la fermata successiva a Formia… e soprattutto non è lontana da Caserta! – mi disse con estrema calma e tornò a leggere la sua rivista. Non sembrava per niente preoccupata dalla situazione. Sfogliava il suo Gente proprio come se fosse nella sala d’attesa di un parrucchiere. Invidiavo la sua calma.
Improvvisamente qualcosa si smosse. Sentii vibrare il sedile sotto il culo. Il macchinista aveva acceso i motori. Le persone si calmarono. Il vociare si ammutolì per un istante come in attesa di qualcosa.
E quel qualcosa avvenne: le ganasce dei freni lasciarono libere le ruote che cigolarono sui binari muovendosi in avanti. Tutti tirarono un respiro di sollievo… tranne io che avevo riaperto il pc per ricalcolare i percorsi. Mandai un messaggio a Graziano:
Cambio di programma, il mio treno è ripartito, andate alla stazione di Aversa!
Porcaputtana! Deciditi un po’! Mi rispose un po’ incazzato…
Milano, Stazione Centrale
Due occhi color nocciola mi osservavano dal finestrino. Appartenevano a una ragazza in un elegante vestitino blu che aspettava che il mio treno partisse. Voci d’interfono, rumori confusi e un gran scalpitio di persone, passeggeri in attesa e molti che partivano. Osservavo quegli occhi seduto al mio posto 64. Sapevo che al di là del vetro c’era un cuore che batteva, ansioso e malinconico per la mia partenza. E anche il mio si associava al suo. Per un istante pensai di non partire più. Di gettare il biglietto che avevo tra le mani e fuggire con lei ovunque… lontano da qui. Quella ragazza respirava con parsimonia, intravedevo una lacrima e gli angoli della bocca tendevano al basso. La sua espressione triste si rifletteva su di me. Mi entrava dentro e mi spolpava, frammentando l’orgoglio. Quelle labbra un tempo amate e quelle guance che solo le mie mani accarezzavano con piacere. Tutto perso… tutto finito nell’oblio di una fredda scatola.
E il mio cuore? Anch’esso giace tra lettere e fotografie dimenticate? Lo ritroverò un giorno. Batterà come prima. Dimenticherò tutto… riuscirò a non farti più del male… Pensami… Ed anch’io lo farò. Prometto di pensare alla nostra storia o quello che n’è rimasto. Ora che s’interrotta per un mio capriccio. Per quella testa bacata che governa il mio corpo, comanda l’anima e ripudia il cuore. Vedrai che un giorno i tuoi occhi torneranno a specchiarsi nei miei; sentirai il mio respiro sulle labbra che anticiperà un casto bacio; e le mani stringere le tue come il tempo in cui solo con quelle ci amavamo già. Baciami mia bella. Vorrei un bacio ora, prima che il treno parta. Vorrei sfondare il finestrino e raccogliere i tuoi capelli tra le mani. Vorrei averti per sempre e non rimpiangere gli attimi in cui eravamo felici. A volte penso che ormai non sia più in grado di amare. Poi vedo te… e dimmi come cavolo faccio a non amarti? Come faccio a dimenticarti? Solo la distanza può sbrigare questo compito… e questo treno è il mezzo che mi porterà lontano. Questo treno mi separerà da te… e dal mio cuore che resta chiuso in una scatola della mia camera. Resta il mio corpo freddo che si riscalda solo con la sua presenza.
La guardavo cercando di capire i suoi pensieri.
Un fischio destò l’attenzione di entrambi poi tornammo su di noi. Strinsi le labbra in un misero sorriso mentre il treno lentamente si smuoveva. Con due dita le lanciai un piccolo bacio. Lei mi salutò delicatamente con una mano. E non la vidi più… perché il treno, incurante dei sentimenti, abbandonò la stazione.
– È la tua ragazza? – mi chiese un tipo a fianco a me che aveva osservato la scena.
– No… o meglio, non più… –
– Strano… –
– Già… è una strana storia… –
Il treno viaggiava veloce. Le stazioni cambiavano nome in tempi costanti. Lodi, Piacenza, Parma…
“Ho fatto bene a prendere l’intercity…” pensai, “così ho più tempo per riflettere sulla mia vita…”.
Presi un libro dalla borsa e ne lessi qualche pagina. M’immersi nella storia estraniandomi dal mondo. Ma lentamente mi assopivo sulle parole. Le frasi scorrevano lente, fino a quando chiusi gli occhi e mi addormentai…
– Che cosa è successo? –
– Perché siamo fermi? –
– Il treno è guasto? –
– Capotreno! Chiamate il Capotreno! –
Con gli occhi chiusi e ancora assonnato, ascoltavo delle voci che si facevano sempre più vicine. Non capivo ancora cosa stesse succedendo. Ero tra sogno e realtà. Aprii gli occhi e vidi un treno in fermento. Persone che andavano e venivano. Chi urlava, chi parlava, chi si lamentava. Cercai di capire e notai che eravamo fermi. Niente stazioni, nel bel mezzo del nulla. Mi destai alla svelta e presi piena conoscenza di me. Mi alzai e uscii dalla cabina scostando le persone sedute. Intravidi dal finestrino alcuni passeggeri che erano scesi sui binari. Chiesi informazioni a un ragazzo che passava dietro di me e sinteticamente mi disse che c’era un treno rotto davanti a noi. Non potevamo passare. Guardai l’orologio.
20:30
Troppo tardi per prendere il regionale che mi avrebbe portato fino a casa. Dovevo darmi da fare e organizzare qualcosa. Cacciai il mio netbook dalla borsa.
– Dov’è quel maledetto cavo usb! –
Con il cavo attaccai il cellulare ed ebbi la connessione. Cercai di capire dov’ero.
– Formia… 100 chilometri da Napoli… –
Mi grattai la testa pensieroso. Chi poteva darmi una mano? I miei genitori erano beatamente in vacanza e i miei amici erano chissà dove. L’ultima speranza erano i miei fratelli. Quei due marmocchi viziati che non sanno fare un cavolo. Sarebbero riusciti a fare tutti quei chilometri per venirmi a prendere?
Sbuffai e sentii il mio cellulare vibrare.
Un messaggio, era Enzo:
We Ciro dove sei? Io sto tornando da Roma con Eva!
Risposi: A meno che il tuo treno non abbia le ali da Formia non si passa…
Io sono in treno bloccato qui…
Intanto un gruppo di napoletani aveva alzato il volume delle loro proteste. Cercavano il controllore per cantagliene quattro. Erano stufi dell’attesa, un po’ come tutti. Per quell’ora dovevamo essere già arrivati da un pezzo e invece…
Messaggio, Enzo:
Cazzo! Vuol dire che perderemo la coincidenza? Come si fa?
Risposi: Non ti preoccupare… penso a tutto io!
Chiamai mio fratello più piccolo. Rispose svogliato e un po’ nervoso.
– Graziano! Mi serve una mano. –
– Dai Cì… devo uscire mo’ –
– No! Mi devi venire a prendere! Ti ricordi quando ti ho insegnato a usare Google Latitude col cellulare? –
– Certo… –
– Ecco… usalo per trovare la mia posizione e poi col navigatore raggiungimi… –
– Che palle Cì! –
– Muoviti! E fai guidare Davide! –
Click
Strinsi in mano il cellulare. Guardai gli alberi dal finestrino ondeggiare al suon di un vento caldo. La sera calava lentamente sulle nostre teste in attesa.
Questo viaggio sarà più lungo del previsto… pensai mentre riaprivo lo schermo del mio pc.
Si accendono i riflettori.
La scena è ben inquadrata. Un leggero walzer domina il silenzio. La penombra e la foschia curano l’ambientazione di questo teatro deserto. Le poltroncine sono tutte vuote, ad eccezione di una. Una soltanto a circa metà della sala. C’è seduto un ragazzo. In mano ha un block-notes tutto spiegazzato. Lo poggia con non curanza sulle gambe accavallate.
Scrive..
La penna scorre veloce e sicura. Le parole sembrano conoscere alla perfezione il presente e il passato.
Si ferma..
Il foglio resta bianco a metà. Ha gli occhi fissi sul palco. Sembra aspettare qualcosa. Gioca con la penna. Lentamente la fa girare tra un dito e l’altro. Impaziente aspetta, mentre nella mente scorrono i pensieri.
Vita.. corse.. viaggi.. posti finestrino.. candele.. biglietti.. multe.. colori.. strade.. luci.
Sentirsi padroni della vita è una cosa fantastica. Ma sentirsi padroni di poterla raccontare lo è ancora di più. Era questo il potere che aveva nelle mani quel ragazzo.
Una semplice biro dall’inchiostro nero.
Una bacchetta magica che permette di ricordare il passato. Di fissare i ricordi.. di riempire fogli e quaderni.. pagine e lettere.. e piangere e ridere di storie ormai andate.
Ma tutto ciò doveva ancora avvenire.
Quella penna era ferma sul foglio bianco.
La storia da scrivere doveva ancora iniziare..
Si spalanca il sipario e una forte luce inonda la sala. Si va in scena…
Atto I
29 aprile. “farei di tutto per te”
Eravamo seduti comodamente al Barin a sorseggiare la nostra amata ceres old nine. Il sottoscritto giocava a far roteare il proprio anello sul tavolo. Proprio come quando ha qualcosa da dire. La mia ragazza era seduta accanto a me con la faccia un po’ triste mentre il mio braccio le passava intorno al collo.
-Cosa c’è piccola?-
-Niente… è che sto passando gli ultimi giorni da diciassettenne così.. volevo qualcosa.. qualcosa di più..-
La guardavo. Aveva ragione. Non ricordo nemmeno le innumerevoli pazzie che ho compiuto prima di diventare grande. Pazzie poi.. le solite marachelle che quasi ognuno di noi ha commesso in gioventù. Non credo di certo di essere speciale. Chi non si è mai fatto sequestrare il motorino.. o fatto le ore piccole quando non poteva.. o vagabondato senza meta in preda ai fiumi dell’alcol. Ora non venitemi a dire che siete tutti santarellini!
-Quindi domani sarai in viaggio?-
-Si.. domani mattina parto e vado a Napoli..-
-Piccola lo sai che se restavi qui ti organizzavo una cosa carina.. come faccio sempre..-
-Come fai sempre?.. cioè rovinare le cose carine con le tue solite battute?..-
(Dannato senso dell’umorismo).
E la storia era questa. La mia ragazza non sprizzava gioia nel sapere che avrebbe passato il giorno del suo diciottesimo a casa con i parenti. Voleva qualcosa di speciale. Una sorpresa. Come per esempio.. prendere l’aereo e scendere a Napoli senza che lei lo sapesse.. e comparire a casa sua. Magari con un mazzo di rose rosse…
-Ciro.. a che stai pensando?..-
-A domani.. (cavolo)..-
-Che fai domani?-
-Ehm.. mi alzerò tardi come al solito.. e forse mi metterò a studiare..-
Pericolo scampato. Stavo per mandare all’aria tutto il piano. Non potevo fallire. I biglietti dell’aereo mi aspettavano a casa. Nascosti a dovere.. il trolley pronto e il pc sempre carico.
Mi guardava..
Come per dire “vieni con me domani”. Mi voleva alla sua festa. La strinsi un po’ a me. Le carezzai la guancia. Sentivo l’odore dei suoi capelli.. della sua pelle. La sentivo calma e sicura tra le mie braccia.. proprio come un piccolo gattino con la coda pelucheosa.. direbbe lei. Vorrei tanto dirglielo. Vorrei vedere il sorriso dipinto sul suo volto. Vorrei dirle “ci sarò”.. e lei salterebbe in aria dalla felicità. Ma non ora… non adesso. La sorpresa deve ancora arrivare. Per il momento le nascosi un bigliettino nella borsa con su scritto..
“Farei di tutto per te…”
Atto II
30 aprile.. sui cieli d’Italia.
La sveglia non suonava. Il perché? Mancava ancora mezz’ora. Capita spesso che mi alzi mezz’ora prima che suoni la sveglia. Chissà perché. Forse il corpo inizia già ad accendere i motori prima che la sveglia devasti il sonno.. o forse era pura e semplice ansia da parto. (nel senso di partire ovviamente)
Bene.. cerchiamo di non perdere l’aereo.
Allora.. trolley.. notebook.. anello..
Entrai nello stanzino dove c’era l’appendiabiti. Sul lato sinistro c’erano tutti i miei cappotti appesi. C’era il cappotto lungo nero invernale, il cappotto imbottito in piuma d’oca, il giubbotto di jeans e infine lui… il mio vecchio cappotto di pelle, immancabile compagno di mille avventure. Decisi..
Voglio lui con me
Ecco.. questa è la mia vita..
Ci sono cose a cui sono molto affezionato. E quel dannato giubbotto è una di quelle. Ma ora non voglio divagare. Questa non è la sua storia.. questa non è la sua scena.
In scena invece c’era un aereo. Su quell’aereo c’ero io che guardavo dal finestrino il paesaggio lentamente avvicinarsi. Stavo per atterrare a Napoli..
Ad attendermi all’aeroporto c’erano i miei amici. Quei due vecchi scapestrati dall’aria intellettuale. Enzo e Mario.
Ero a Napoli.. Ma tecnicamente ero a Milano nel mio appartamento a cercare di abbattere la noia. La mia ragazza non doveva saperlo. Doveva sembrare tutto normale.
Mi chiamò.. e non potei risponderle. L’interfono era troppo forte per una scusa sulla televisione. Uscii dall’aeroporto.. salii in macchina e via.
Fine secondo atto.
Atto III
1° maggio.. la festa..
Ero a Napoli a casa dei parenti della mia ragazza accuratamente nascosto in una stanza. Spaesato e impaziente di incontrare la mia lei, vagavo intorno al tavolo. Il mazzo di rose l’avevo poggiato sul letto. Sul mio volto un leggero sorriso. Pensavo alla sorpresa che di li a poco stava per avvenire. Non se lo aspetterà mai. Mi conosce.. Egocentrico cinico bastardo, mi definirebbe. A volte non mi comporto nel migliore dei modi. E riconosco che lei davvero non se lo merita. Meriterebbe di meglio. Magari un ragazzo normale.. con i fiori sempre pronti e il cellulare sempre acceso.. che si fa sentire spesso e non soffre di “pigrizia da trasporto”. Povera.. non le ho nemmeno fatto gli auguri a mezzanotte. Anche se lei dovrebbe saperlo che non sono il tipo dagli auguri a mezzanotte. Ma questa non è una scusa. Sarà incazzata nera. Mi farò perdonare… come al solito.
Nella stanza c’era una finestra che dava sul cortile. Accostai un po’ l’anta. Si vedeva il vialetto da cui sarebbe arrivata.
Si fermò una macchina.
Eccola..
Scese..
Era bella nella sua semplicità. Sorrisi. Si avvicinò alla porta d’ingresso. E’ bella davvero pensai. Mi preparai.. presi il mazzo di rose rosse e mi avvicinai alla porta. Nell’altra sala sentii urlare “sorpresa”.
Bene. Fra poco sarà il mio momento. Eccola che arriva..
E uscii dalla porta…
Mi trovai davanti ai suoi occhi.
-E tu cosa ci fai qui?- restò scioccata dalla mia presenza. Cercava di capire se era un sogno o no. Cercava di capire se ero vero o no. Mi diede un bacio fugace. Una leggera lacrima le scese.
Era felice.. e questa volta c’entravo un po’ anche io.
Atto IV
il lungomare..
Il sole stava tramontando sul mare dipingendo il cielo con tonalità rossastre. Camminavamo mano nella mano sul lungomare di Napoli. In lontananza si vedeva il Castel dell’ovo. I nostri passi si avvicinavano a quell’immensa massa di storia medioevale. Il tempo sembrava che per una volta non avesse importanza. Potevamo finalmente guardare il sole tramontare insieme, senza guardare l’orologio. Di solito a quest’ora dovevo riaccompagnarla a casa.. con il solito treno e il solito pullman. Capitava raramente che potevamo goderci un momento insieme senza dover correre a destra e manca per Milano..
-Grazie di essere qui.. sembra un sogno..-
-In fondo non ho fatto niente piccola..-
-Sei venuto qui apposta per me..-
-Farei di tutto per te.. te l’ho scritto..-
-Si.. ho con me il tuo bigliettino.. eccolo..-
Me lo mostrò. Forse un po’ lo sospettava. Forse un po’ lo sognava..
I suoi occhi erano ancora lucidi. Il suo cuore batteva. E le onde s’infrangevano sugli scogli bianchi.
-Fermiamoci qui.. sediamoci sul muretto..-
Ci arrampicammo alla meglio sul muretto che costeggiava il lungomare. I nostri piedi ballavano nel vuoto.. e sotto di noi gli scogli. La veduta del mare era stupenda. L’abbracciai.
-E’ fantastico tutto ciò… sembra niente.. ma è stupendo..-
-Hai ragione..-
-E dire che tu avevi già i biglietti dell’aereo ed io non sapevo niente..-
-Sono molto bravo a nasconderti le cose!-
Mi diede uno schiaffetto sulla nuca.
-Scherzavo! Scherzavo!-
Un leggero venticello le ondeggiava i capelli. Era tra le mie braccia. Le carezzavo la fronte. Le sussurravo parole dolci all’orecchio mentre il sole continuava a volar giù.
Dietro di noi c’era un via vai di gente. Persone.. famiglie.. amici.. passanti e coppiette come noi che si tenevano la mano. C’era un po’ di tutto li.. un po’ di vita normale che faceva da sfondo al nostro piccolo e intenso sogno.
Eravamo noi..
Io e lei..
A sorridere dei guai che ci accompagnavano ogni giorno. A pensare e fantasticare a come sarà il domani. Il nostro domani.
-Guarda.. la Luna..-
-C’è anche lei qui con noi..-
La scenografia era fantastica.
Il mare dava il dolce suono delle onde che costantemente si abbattevano sotto di noi. Gli scogli bianchi ad attutire il colpo creavano un sottile retroscena. Il golfo di Napoli era una perfetta ambientazione per lo scorrere degli eventi. Il direttore di scena lissù s’era dato un gran bel da fare quest’oggi. Aveva curato le luci con le stelle.. dettagliato lo sfondo con le barche e aggiunto il particolare storico del castello. Non si può far niente.. “Lui” è un vero maniaco dei particolari. Dovrei ringraziarlo qualche volta.. Soprattutto ora che sembra tutto perfetto. Come quando lo immaginavamo stesi sul letto a romanticare.
La dolce voce del vento e la leggera luce della luna accompagnavano i nostri baci. La mente, il corpo, e il cuore di entrambi avevano una sola direzione.
Toccare la dolcezza con un dito..
..Fine dell’ultimo atto..
Il ragazzo nella sala continuava a scrivere. Non voleva fermarsi più. Osservava la scena e scriveva.
Cercava di non perdere il più piccolo particolare.
Cercava di regalare alla mente ogni singolo ricordo.
L’inchiostro sembrava non finire mai e le pagine si accumulavano una sull’altra. Non vi erano cancellature. Le parole scorrevano leggere e precise. Uniche e inconfondibili.. come perfetti scrigni che racchiudevano tutto il senso della storia. Della loro storia. Perché in fin dei conti cos’è una storia? Solo ricordi e parole.. e inchiostro buttato su un foglio di carta nel giusto ordine.
Il ragazzo smette di scrivere..
Purtroppo come in ogni storia.. e a malincuore in una bella storia, giunge la fine.. e con essa il punto più deciso e marcato del racconto. E la penna non si stacca.. non si vuole staccare..
Il sipario si chiude lentamente.
Una lacrima scorre..
Alternata da un piccolo sorriso.
Perché quel ragazzo sa..
..che continuerà a scrivere ancora di quella storia..