Frammenti di vita #60

IMG_20151226_114304

 

Mamma… tu non puoi far cosi…
non puoi…
Sei la persona più cattolica che conosco e mi tenti cosi!
Perchèèèè

 

Frammenti di vita #9

Pallina rossa mobiletto

Povera Mamma… quante cose che le faccio patire. E continua ad amarmi…

Sto arredando la mia nuova casa. Costruita e consegnata qualche mese fa, a qualche minuto di macchina dalla mia famiglia.
Quindi, dalla casa di mia madre, uno strano fantasma ha iniziato a far scomparire sedie, piccoli mobili, tavolini…

Un giorno, credendo che mia madre non ci fosse, tolsi un soprammobile da un bellissimo tavolinetto in legno, che faceva la sua bella figura sul pianerottolo delle scale. Lo afferrai per sollevarlo quando mi si parò davanti la sinuosa figura di mia mamma ancora mezza addormentata dalla pennichella pomeridiana. Con fare minaccioso, afferrò le piccole gambe del tavolino e iniziò a tirare dalla sua parte.

 – No Ciro! Questo proprio no! –
– Dai mamma! Sai come starebbe bene nell’ingresso! –
– Sta meglio nelle mie scale! Lascia! –

Frammenti di vita #7

Pallina rossa Pomodori

In cucina

Io: Mamma, stasera non mangio niente… sto ingrassando troppo!

Quand’è, che mi solletica l’olfatto un dolce aroma di melanzane a funghetti in salsa nostrana, olio extravergine d’oliva e basilico appena colto.

Mamma: Che hai detto Ciro? Non ti ho sentito…

Io: Niente mamma…

Maledette tentazioni culinarie! 

Come Pesava Quello Zaino Sulle Spalle Per La Strada Della Scuola E La Maturità…

Come%2520pesava%2520quello%2520zaino%25203%2520intro

 

Spam..

E la porta sbatté dietro le spalle di mio padre. Uscì con il suo solito nervosismo isterico che ormai fa parte integrante del suo carattere. Io ero lì e mia madre seduta sul divano che guardava la tv. Ennesimo litigio su futili motivi, era il tema della serata. Non ce la facevo più e avevo iniziato a discutere con mio padre in seguito ad una delle sue solite provocazioni. Ma lui come al solito non comprendeva mai il senso delle mie parole e si attaccava sempre alle piccole cose. Elementi marginali di una discussione incentrata su di lui. E rinfaccia… rinfaccia… Ti rinfaccia i tuoi errori, casomai capitati anni addietro, quando avevi ancora un’età poco matura.
Non lo sopportavo più… era un odio cresciuto negli anni. Di quelli radicati dentro la propria anima che non si staccano con una semplice “giornata felice”.

Non erano passati nemmeno due minuti da quando mio padre era uscito.
– Non vedo l’ora di uscirmene da questa casa! – dissi a mia madre.
– Ciro… – disse lei quasi sussurrandolo.
– Si! Hai sentito bene… non ce la faccio a stare ancora qui! –
– Perché? –
– Perché?! Il perché è appena uscito da quella porta! – dissi alzandomi con l’aria alquanto irritata.
– È fatto così… Ciro lo sai… –
– Beh… è fatto male… –
Stavo iniziando a innervosirmi. Tutto l’odio che provavo verso di lui iniziava a ribollire dentro di me, così me ne andai verso la mia camera, ma prima di uscire dalla cucina dissi:
– Mà… la famiglia è un posto in cui uno si deve sentire tranquillo e felice altrimenti come fa ad affrontare il mondo esterno? Non mi piace stare qui… non so che darei per starmene un po’ in pace… Si… ma ora basta… ne ho piene le scatole di discorsi… domani devo fare un esame… e non ho voglia di avere la testa occupata da queste stronzate… dopodiché me ne andrò il più lontano possibile! Notte… –
Mia mamma rimase per un attimo senza parole. Aveva un volto triste. Non dovevo prendermela con lei. Non centrava niente. Lei, come tutte le mamme voleva stare con i propri figli e sentirsi dire quelle parole da me, le fecero male. Io sono il suo primo figlio. Mi ha sempre trattato come una persona cosciente e mi ha sempre donato la sua fiducia. Sa che in ogni situazione sono capace di prendere la strada giusta e che ho principi che nessuno mai mi toccherà. Crede molto in me e non ha smesso anche quando, alle volte, la facevo arrabbiare.
Non glielo mostro, ma voglio molto bene a mia madre e credo che sarà la cosa che mi mancherà di più quando me ne andrò da qui… e credo che per lei sia lo stesso.


Come%2520pesava%2520quello%2520zaino%25201                                                                                                        (Metropolitana di Milano)

Flashback…

Ero sul treno Eurostar dell’una e mezza diretto per Milano. Ero seduto comodamente al mio posto e ripensavo a ciò che avevo appena fatto. Cercavo di discolpare me stesso.
“In fondo sto fuori solo un paio di giorni… Ora li chiamo e glielo dico..”
Ero uscito di casa senza dire niente a nessuno ed ero salito sul primo treno diretto per Milano. Molti si chiederanno “sei scappato di casa?” Beh… in un certo senso e per certi versi direi di si. Ma se volevo veramente scappare di casa, vi assicuro che l’avrei fatto in maniera definitiva. Questa, invece, era una sorta di gita fuori porta. Molto fuori porta considerate le 6 ore e mezza necessarie per arrivare a Milano. Ma i motivi di questa meta, sinceramente ora non mi va di riportarli… Come sapete, le parole fanno male ed io ne so qualcosa. Posso dire solo che ero andato a trovare una persona molto speciale.
Erano circa le 2 del pomeriggio e il treno andava verso la stazione di Roma. Prima di uscire avevo detto a mia madre che pranzavo a casa di Enzo, come spesso facevo. Avevo preso la mia vespa ed ero uscito di corsa con uno strano zaino in spalla. Mia mamma infatti mi guardò con aria sospetta. Quella borsa la diceva lunga perché non ero solito usarla quando uscivo con Enzo. Comunque, ero uscito così frettolosamente che non le diedi nemmeno il tempo di aprire bocca.

Roma Termini

Il treno si era fermato in stazione. Le porte si erano aperte e la gente stava incominciando a scendere. Presi in mano il mio cellulare. Era spento. L’avevo spento per evitare che qualcuno mi cercasse.
Lo accesi.
Il treno attendeva…
Guardavo il cellulare. Immobile, assorto nei miei pensieri.
Brivido.
Iniziò a squillare. Avevo un po’ di timore a rispondere ma appena vidi lo schermo mi passò tutto… era Enzo.
Risposi.
Enzo era l’unica persone che sapeva tutto.

– We! Come stai? E soprattutto dove stai? –
– Ciao Enzo… tutto a posto… sono a Roma… –
– Ciro… tu sei pazzo! –
– Già… –
– Senti… la vespa è qui da me… tutto bene… ma… –
– Ma? –
– È venuto tuo padre poco fa… era molto incazzato perché non ti trovava… –
– Cavolo! –
– Mi ha fatto mille domande… su dove fossi e sul perché la vespa fosse da me… –
– Che gli hai detto? –
– Niente! Tranquillo… ma… chiamalo… ok? –
– Ok Enzo… grazie… –
– Di niente Cì… e torna presto… –
– Non ti preoccupare… –
-Senti… me lo posso fare un giro con la tua vespa? –
– Assolutamente no! –
– Ok, c’ho provato… –
– Ciao Enzo… –
– Ciao Cì! –

Avevo riagganciato da poco che subito squillò di nuovo.
Questa volta era mio padre.
Risposi dopo un paio di squilli.

– Pronto… – dissi… ma non riuscii a finire la frase che mio padre iniziò ad attaccare.
– Ciro! Ma dove cazzo sei? –
– Roma Termini… sono su un treno diretto per Milano… –
Mio padre sembrò scoppiare.
– Scendi subito da quel treno!! MUOVITI! Ma come cazzo ti è venuto in mente!! MA lo sai quanto è lontano MILANO?!!? Muoviti! Scendi a Roma… ti vengo a prendere con la macchina… in due ore sono lì… –
– No papà… –
– Mannaggia **** ******! Ma come cazzo devo fare con te? Forza SCENDI da quel treno!!
– No…- dissi.

E Parlava bestemmiava, alzava la voce, faceva domande assurde e mi pregava di scendere. Ed io lo lasciavo fare. Non me ne importava gran che… e  più continuava e più ero fermo sulla mia decisione. Fino a quando…

– …Guarda… hai fatto piangere anche tua madre! Ti rendi conto? Tieni… ora te la passo! –
A quelle parole mi salì il cuore in gola. “Cavolo Mamma”
La mia mamma era in pena per me.
– Pronto… -disse lei con un flebile tono di voce.
– Mà… –
– Ciro… ma che hai combinato? – disse cercando di mascherare le lacrime nella sua voce.
– Tranquilla mamma, sto fuori un paio di giorni… torno domenica sera… –
– Ciro… – non riusciva a parlare. Le lacrime le bloccavano le parole.
Stava male.
Ed ora anche io. “Certe cose non si fanno”.
Eppure mia mamma non è mai stata una di quelle mamma oppressive, nel senso che mi ha lasciato sempre molta liberà. Non avrei mai pensato di farla soffrire tanto. Pensavo che si sarebbe incazzata, come mio padre, e che fosse finita lì…
Ma invece era lì… Ad ascoltare le mie parole.
Le parole di suo figlio che s’era allontanato da casa più del dovuto.
– Mamma… tranquilla… – cercavo di confortarla.
E lei prendendo un po’ più di sicurezza iniziò a farmi le solite domande da mamma.
– Almeno hai mangiato? –
– Si mamma… qualcosa sul treno… –
– Stai bene? –
– Si mamma… –
– Ma dove dormirai? Cosa farai? Quando torni? –
– Mamma… devo andare… il treno sta ripartendo… –
– Chiamami appena arrivi… capito? –
– Ok mamma… –
– Ciao… –

E il treno ripartì… ed io tornai a sedermi al mio posto guardando la stazione che piano piano ci lasciavamo alle spalle.
Triste…
Perché avevo capito che quella mamma, in fondo, ci teneva molto a me…


Come%2520pesava%2520quello%2520zaino%25202%2520trigonometria
(Trigonometria)

31 maggio

Era l’ultimo giorno di un mese passato interamente a studiare. Quella mattina c’era la prova scritta di matematica  dell’esame d’idoneità. Avevo già fatto quella d’italiano e di quella latino senza problemi.  La prova di matematica invece era diversa. Lì la concentrazione dev’essere massima e devi saper eseguire tutti i passaggi, perché se ne sbagli uno, quelli successivi andranno di conseguenza. È un po’ come nella vita, se fai uno sbaglio, continui a sbagliare e gli altri non capiscono, perché spesso non vogliono saperne dei tuoi sbagli e sparano giudizi sui tuoi errori… e pensano che continuerai a farli per tutta la vita. L’unica via di uscita è cambiare vita, voltando pagina e ricominciando l’esercizio daccapo, sperando che la tua penna scriva ancora. La vita può essere paragonata ad una disequazione. Fai tutti i passaggi, semplifichi tutto e metti in evidenza le cose comuni. Ma alla fine, non sempre puoi trovarti con il delta maggiore di zero… e ricominci daccapo… cambiando le variabili… sostituendo le incognite e cambiando verso… cercando di uscirne da quella impossibilità. Ma non sempre ci riesci nella vita.
E il mio foglio era ancora bianco. Aspettavo che arrivasse il mio professore di matematica a consegnarmi le tracce. Ero calmo, almeno credevo, perché la penna nella mia mano continuava a girare vorticosamente. Guardavo la finestra cercando di non pensare a niente. Il tempo era bello e il vento scuoteva i rami degli alberi in continui ed alternati movimenti.
Ero solo in quella stanza, che a giudicare dagli scaffali pieni di libri sembrava proprio la biblioteca della scuola. In mezzo c’era un grande tavolo con intorno 5 sedie nere delle quali una era quella su cui ero seduto. Mi alzai, volevo camminare un po’ e iniziai a girovagare per la stanza.
Guardai gli scaffali pieni zeppi di libri. I miei occhi si soffermarono su quello di letteratura latina. Scorrevo l’ordine degli autori e iniziai a fare commenti su ognuno di loro…

Cicerone: “Cicerone… Cicerone… se potessi maledire qualcuno vissuto nell’antichità… tu saresti il primo della mia lista. Non puoi nemmeno immaginare quante sono state le ore passate a cercare di comprendere il senso delle tue frasi. Si vabbè… all’epoca eri un ottimo oratore… spero che almeno il tuo pubblico ti comprendesse.”
Orazio: “Il grande poeta del carpe diem che inneggiava alla fugacità della vita… mah… chissà quante volte sarà scappato di casa da piccolo. Dicono che non si sia mai sposato e che abbia dedicato tutta la sua vita alla letteratura… beh… contento lui!”
Catullo:  “Magnifico poeta d’amore… quello del celeberrimo odi et amo… che tutti conoscono… ma che  solo pochi sanno come continua finisce!”
Odi et amo.
Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

Che tradotto è:
Ti odio e ti amo.
Come possa fare ciò, forse ti chiedi.
Non lo so, ma sento che accade e me ne tormento…”

– Buon giorno… –
Sentii una voce dietro di me e mi girai all’istante come se stessi facendo qualcosa di non permesso. Era il mio professore di matematica che aveva poggiato un malloppo di fogli sul tavolo.
– Buon giorno… – risposi con educazione e mi msisi a sedere.
Il professore mi guardò e fece un sorrisetto, continuando a sfogliare delle carte cercando qualcosa. Lo scrutai con attenzione. Ero calmo. Il foglio bianco era davanti a me e la penna nella mia mano. Mancava solo lui. Mancano solo le sue tracce. Chissà cosa mi avrebbe dato… Ero pronto a tutto… o quasi… ma era impossibile che mi avrebbe dato qualcosa sulla fisica quantistica o su qualche teorema vettoriale. “Cerchiamo di rimanere con i piedi per terra… eh?”
– Ecco Ciro… queste sono le tracce… 3 ore di tempo… la penna ce l’hai… tutto a posto… – disse facendomi un breve sorriso mentre mi passava il foglio.
Cominciai subito a ragionare leggendo uno dopo l’altro gli esercizi.

Disequazione Trigonometrica
Disequazione logaritmica
Equazione Esponenziale
Problema di trigonometria
Sistema di equazioni parametriche
Algoritmo d’informatica

Mha… all’apparenza sembravano difficili. Ma non era così. Infatti, uno dopo l’altro, feci tutti gli esercizi con tranquillità lasciando per ultimo la Disequazione Trigonometrica. Perché come sapete, le cose belle, si lasciano alla fine… belle e impossibili!
E dopo un paio di passaggi…
Non riuscii più a continuare. Mi ero bloccato.
“Il tutto sta nel semplificare le varie funzioni trasformandole in altre simili in modo da avere una disequazione omogenea… Beh… facile a dirsi! Cosa trasformo qui… vediamo…”
Giravo e rigiravo quell’esercizio. Sopra, sotto, destra, sinistra… Cancellavo, riscrivevo… ma niente…
C’era qualcosa che non andava. Qualche piccolo cavillo si nascondeva…
E finalmente lo trovai..
Era un piccolo “1” che restava lì immobile.
“Poverino… non dava fastidio a nessuno… ma se lo porto di qua.. e lo trasformo… ottengo…”
E via…
La penna scorreva velocemente. I numeri venivano facili…
Le operazioni si susseguivano sempre più semplici… segno che la fine era vicina… ed infatti…
Eccola lì…
Il compito era finito. Tutto era al suo posto. Mi girai verso il professore cercando il suo sguardo. Ma lui era affacciato alla finestra che guarda all’esterno fumando una sigaretta.
Quel professore era sempre stato un assiduo fumatore di Marlboro rosse rigorosamente da 20! E portava sempre con se un pacchetto di riserva nel suo borsello, perché non poteva restarne senza.
Si girò, mi guardò e disse:
– Hai finito? –
– Si… –
Guardò l’orologio e venne verso di me. Era un po’ stupito dalla mia rapidità. In fondo non era passata nemmeno un’ora..
Era dietro di me. Avevo il foglio davanti con gli esercizi svolti. Diede un rapido sguardo.
Poco dopo, si allontanò dicendo: – Ricontrolla… –
– Ok… – dissi pensando che me lo dicesse solo perché era troppo presto per consegnare.
Quindi ricontrollai velocemente e lasciai passare un quarto d’ora facendo disegnini sul banco.
– Ho controllato… – dissi con la fretta di consegnare.
– Hai corretto? –
– mmm… no… –
– C’è un errore… – mi disse.
– Non so dove sia… –
Il professore si girò verso di me con aria benevola.
– Controlla la disequazione logaritmica… –
Abbassai subito lo sguardo sul foglio cercando quell’esercizio. L’avevo fatto per primo perché era il più semplice. Avevo commesso un errore?
Controllai i passaggi:
Dominio… ok
Verso… ok
Incognite… ok
Base?
”Cavolo! la base del logaritmo è minore di zero!”
“Come ho fatto a non notarlo! È una disequazione… quindi si cambia verso…”
Ecco, avevo trovato l’errore. Tutto regolare… o almeno speravo che fosse così.
Ricopiai in bella… e consegnai. Subito il professore aprì il mio compito. Controllò quell’esercizio e fece un sorriso come per dire: “bravo…”
– Ok… puoi andare… ci vediamo per gli orali… preparati… –
– Va bene professore… arrivederci… –

E lo lasciai così.. seduto in quella stanza che riordinava le sue carte.
Scesi di corsa pensando che anche questa era andata.
Salutai il segretario, come al solito molto simpatico.
Via..
Ipod nelle orecchie..

E testa sgombra dai mille pensieri…

Anche perché… forse qualcosa poteva cambiare…

anche%2520perch%25C3%25A8%2520forse%2520qualcosa%2520poteva%2520cambiare

10 e mezza… mattina
Il sole era già alto nel cielo e la sua luce si diffondeva in tutta la stanza. La mia gentile madre si era presa l’accortezza di aprire le tapparelle prima di uscire per farmi svegliare. Dovrei ringraziarla qualche volta.
Mi alzai.
Era il giorno di pasqua e non c’era un’anima viva in tutta la casa. Wow… un silenzio mai udito: niente fratelli che si litigavano i vestiti, niente mamme che urlavano “È tardi!” e niente padri che ti svegliavano dandoti una pacca sulla fronte…
“Dio hai esaudito il mio desiderio… grazie” pensai mentre cercavo di infilare l’altra gamba nei miei jeans.
Capitava molto raramente che non ci fosse nessuno in casa e nella mia testa formicolavano pensieri di “mega party a sorpresa”.
“Se solo non fosse Pasqua!” pensai.
Ma riflettendoci, se non fosse stata Pasqua, avrei avuto nella casa la solita routine giornaliera.
Infatti quella mattina, la mia famiglia s’era alzata di buon ora per andare a casa dei nonni a Benevento. Lì, ogni anno e ogni pasqua, facevamo il solito pranzo di famiglia. Scusate, ho dimenticato di mettere l’aggettivo “noioso”. Perché l’idea di passare una giornata in compagnia dei miei parenti e dei miei cuginetti dispettosi non era delle più eccitanti. Meno male che c’era qualche zio che alzava un po’ la media con il suo sarcasmo d’altri tempi.

Spuuut!

Sputai nel lavandino il collutorio dopo aver finito di lavare i denti. Mi guardai allo specchio e dissi a me stesso: “in fin dei conti… oggi fai meno schifo del solito… naaa… è che non ho acceso la luce!”
Scesi e entrai nel mio “studio”, anche se questa parola è una delle meno adatte a descriverlo.
Giubbotto di pelle…
Telefonino…
Portafoglio…
Anello…
Ipod mini…

Uscii fuori. “Credo di aver preso tutto… Cazzo! Le chiavi di casa!!
Non per discolparmi ma le avevo dimenticate perché di solito non le usavo mai. Non chiudevo mai la porta di casa. Era sempre la mia attenta mammina a farlo.
Presi le chiavi e m’infilai in macchina. Attaccai il mio Ipod allo stereo e misi la casualità su qualche canzone di Ligabue. Iniziai a canticchiare qualcosa mentre guidavo verso Benevento.

In un quarto d’ora arrivai.
– No Ciro, mettila là la macchina… – mi disse mio nonno appena varcai il suo cancello.
– Ok nonno, va bene qui? –
– Si si… lasciala lì –
Scesi, entrai in cucina e feci il giro di auguri a tutti i parenti.
– Finalmente sei arrivato! – disse mia mamma appena mi vide.
– Mamma… mi sono svegliato subito dopo di voi… ma c’era un traffico incredibile che mi ha fatto fare tardi! – e tutti si misero a ridere sapendo che a pasqua, di norma, non c’è un anima viva in strada

– Che casino! Nonna… quando si mangia? –
-Né… Ciro, sei venuto qua solo per mangiare? – disse mia nonna facendo la finta arrabbiata incrociando le braccia sul petto.
– No, nonna, ma per chi mi hai preso! Non solo per mangiare, soprattutto per i regali! – dissi sorridendo maliziosamente alle zie.
Mio zio era intento a leggere il giornale. Vi giuro… che in vita mia non l’ho mai visto senza. Diceva tutte le volte che gli piaceva essere informato.
– We Cirùùù! – disse appena mi vide, – A 17 anni già tieni la patente? Con che l’hai presa, con i punti del latte? –
– Zio, sei rimasto un po’ indietro… la patente l’ho presa quando tu avevi ancora i capelli! –
– Ciro, quando zio aveva i capelli tu non ancora eri nato! – disse la zia che stava sciacquando l’insalata.

La cucina era un via vai di persone. C’era mia nonna, mia mamma e due zie che stavano preparando il pranzo per tutti. Il nonno invece, aiutato da mio cugino, stava sistemando la tavola e le sedie nel grande salone. Osservavo divertito quelle donne intente a cucinare.
La nonna era il capocuoco della situazione. Era lei a dirigere i lavori e a dare ordini su cosa fare.
– Ermì! basta con il sugo! Ne hai messo troppo! –
– Mà, lascia fare a me! Che viene buono! – disse mia madre.
– No, nonna non glielo permettere! Altrimenti dobbiamo buttare tutto e mangiarci pasta in bianco! – intervenni conoscendo le doti culinarie di mia madre.
– Dai che tua mamma sa cucinare! – la difese mia zia.
– Si, zia, il sabato sera, quando non gliene tiene e compriamo le pizze! –
– Come sei cattivo! La tratti sempre male a tua mamma! –
– No, zia! L’ho trattata fin troppo bene, certe volte quando porta le pizze a casa fa anche schiacciare il cartone! –
– Ciro smettila! – intervenne mia mamma irritata mentre girava la pasta.
Sorrisi e mi misi a sedere mettendo da parte il veleno per mia madre.
Finalmente ci mettemmo a tavola.
Avevo da una parte mio nonno e dall’altra mio zio. In fondo alla tavola c’erano tutti i cuginetti che stavano iniziando a litigarsi la bottiglia di Coca Cola.
S’iniziò quindi a mangiare e a chiacchierare cadendo sempre nei soliti discorsi. Guarda caso la scuola.
– Allora Ciro, dove te ne vai l’anno prossimo? –
– Beh, zio, sono ancora indeciso… ma credo sicuramente che me ne andrò via da questo posto… mi piacerebbe andare a studiare a Roma… o meglio a Milano. –
– Speriamo che vada tutto bene… e che riesci a prenderti questo pezzo di carta! –
– Zio… non serve nemmeno sperare! – risposi sicuro di me.
Dopo che tutti finirono il primo piatto la nonna servì il secondo e mio nonno, che aveva già avuto la sua porzione, disse:
– Marì… vedi che Ciro ne vuole ancora! – disse nonostante non avessi pronunciato parola e il mio piatto fosse ancora pieno. Quindi guardai in faccia mio nonno e capii dal suo occhiolino che il bis non era diretto a me ma a lui.
Sorrisi pensando alla nonna che cercava sempre di mantenere il nonno entro certi limiti a tavola.
– No no, non mi freghi ‘sta volta! – disse mia nonna che aveva capito tutto.
Sorrisi a mio nonno e continuai a mangiare.
Intanto il telegiornale alla tv spiegava l’esito delle ultime elezioni. Come al solito, zio seguiva attentamente le notizie cercando di far tacere tutti e alzando il volume della tv.

– Ciro… hai visto che roba? – disse zio riferendosi al minimo scarto di voti tra destra e sinistra.
– Per un paio di voti… al governo salirà quel deficiente che non si cambia un paio di occhiali da ottant’anni! –
– Zio, fosse solo questo… ho visto un’intervista in cui una giornalista gli chiedeva quanto pagasse di Ici sulla sua casa e lui non lo sapeva! –
– Chissà che villa tiene sto mangia soldi a tradimento… fa tanto il comunista ma sotto sotto ha più soldi di Berlusconi! –
– Ciruu… tu per chi hai votato? –
-Beh zio… lo sai che il voto è segreto! Comunque ti dico solo che ho cercato di evitare che l’Italia venisse governata da un gruppo incoerente di partiti che non riescono nemmeno a mettersi d’accordo tra di loro! –
Mio zio sorrise capendo almeno da quale parte fossi politicamente.
– Che schifo queste elezioni! Per 25 mila voti avremo 5 anni di confusione al governo! Non riusciranno a combinare niente! –
– 5 anni Zio? Secondo me tra un anno, un anno e mezzo andremo di nuovo a votare! Lo scarto è minimo e l’unione, per quanto possa chiamarsi così non è unita… prendi per esempio Bertinotti… e ho detto tutto… –
Continuammo a discutere di politica per una buona mezz’ora fino a quando non arrivò il dolce e il pranzo finì .

La tavola era sparecchiata e lo zio stava sfogliando un giornale di macchine mentre gli altri parlavano del più e del meno.
– Ciro, quale macchina ti vuoi comprare? –
– Non saprei… ma una bella Audi sarebbe l’ideale… –
– L’ideale per correre! Già con la Punto chissà come corri! – disse guardandomi con uno sguardo di rimprovero.
– Non sempre… – dissi sapendo che se avessi detto di si lui si sarebbe arrabbiato mentre se avessi detto di no, non ci avrebbe creduto, quindi quella risposta mi sembrava la più azzeccata.
Mio zio conosceva bene la mia macchina. Un tempo era sua. Poi la vendette a mio padre un paio di anni fa. Quindi sapeva bene fino a che limite poteva arrivare, ma non sapeva, che da quando era finita nelle mie mani, quali strane imprese ha dovuto affrontare. Già quando mio padre la portò dal gommista un po’ di tempo fa, quest’ultimo gli disse: – Ma che ci fate con sta macchina, le corse di rally?! Non ho mai visto delle gomme così usurate! – E poi il meccanico quando mi cambiò i braccetti: – Se questa macchina continuava a camminare in questo stato se ne sarebbe partita una ruota alla prima curva! – E poi il carrozziere quando mi aggiustò il paraurti: – Come cavolo hai fatto a sfondare il fendinebbia? Hai investito qualcuno? –
Per non parlare dell’elettrauto e di quello che mi ha sostituito il radiatore…
Ma queste sono tutt’altre storie… per fortuna passate… e chissà quante, ne verranno ancora…

Alla prossima..

Blog su WordPress.com.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: