Calabria Coast to Coast 2016 #16

capture_2016-08-25-12-18-11.png.png

Dopo il caldo torrido della costa, decidiamo di fare tappa nel centro di questa bella regione. Dal coordinamento apprendiamo che ci sarà un notevole sbalzo di temperatura dai circa 33° ai 18. Quindi, dopo aver fatto rifornimento di vestiti primaverili, ci dirigiamo verso il parco Nazionale della Sila.

20160811_164648_hdr.jpg

20160811_161504_hdr.jpg

20160811_161950_hdr.jpg

20160811_180815_hdr.jpg

Incantevole…

20160811_152250.jpg

Arrivederci Sila!

Calabria Coast to Coast 2016 #13

capture_2016-08-20-11-32-22.png.png

La prossima tappa ci porterà sulle montagne… diretti a visitare la famosa Stilo!
capture_2016-08-20-11-40-03.png.png

Guidati dal vento.. ci siamo intrufolati con la macchina nei piccoli vialetti del paese. Mi decido a parcheggiarla per evitare di restare incastrato tra due case, e proseguiamo a piedi..

La piccola chiesetta è fantastica.
Da lì si gode di un’ottima vista su tutta la vallata…

20160810_111234.jpg20160810_112301.jpg20160810_114146_hdr.jpg

Saltiamo di nuovo in macchina.. e cercando di non fare incidenti torniamo sulla statale 106 per la prossima tappa!

Arrivederci Stilo!

Calabria Coast to Coast 2016 #12

capture_2016-08-20-09-50-48.png.png

Qualche chilometro dopo raggiungiamo il mare curiosi di vedere il luogo fisico dove sono stati ritrovati i Bronzi: Riace

20160810_131842.jpg20160810_130830.jpg

In questo splendido mare decidiamo di prendere una canoa!

0108000501.jpg.jpg

Dopo qualche immersione non andata a buon fine… decidiamo di asciuguardi al sole e scegliere la prossima tappa…

Arrivederci Riace!

 

Frammenti di Parigi #8

Muro je t'aime-2

Nell’incantevole quartiere di Montmartre, poco distante dall’uscita della metro di Abbesses, si trova il famoso “mur des je t’aime”. Ben integrato in un minuscolo parchetto e quasi invisibile agli occhi dei concittadini, pur essendo un’opera dalle straordinarie dimensioni.

L’ideatore della romantica installazione si chiama Frédéric Baron ed ha cominciato chiedendo ai suoi vicini di casa, stranieri, di scrivere ti amo nelle rispettive lingue, per realizzare un’opera che fosse una linea di congiunzione tra gli uomini, un muro che unisse invece di dividere.

Ho letto da qualche parte, che i frammenti rossi dovrebbero simboleggiare un cuore infranto… beh… un dettaglio che da ancor più magia alla storia…

Muro je t'aime

Storia di una casa (#3)

2006/2007

– 3 –

Quando una cosa ti mette in difficoltà, la eviti; ma quando è il tuo sogno a farlo, come fare a sfuggirgli? Non puoi, perché non vuoi. Milano era questo per me. Un sogno.
Un sogno che sembrava realizzato quando scesi dal treno e il mio piede toccò quel suolo agognato. Tutto sembrava perfetto e chiaro come una sfera di cristallo; ma i miei occhi, ancora abbagliati dal desiderio raggiunto, trascuravano centinaia di graffi e scheggiature.
“Non è sempre facile ottenere ciò che si vuole” pensai. “Ci vuole pazienza e sacrificio” conclusi ricalcando le parole di mio nonno; e cosa avrebbe detto, nel vedermi lì, ad un passo dalla meta, mentre faticavo a non mollare? Se fosse stato ancora vivo, gliel’avrei chiesto.
Milano sembrava mettermi in difficoltà. Ma più la guardavo e più l’amavo… e più l’amavo e più volevo restare lì. Immaginai di guardarla dall’alto. Da uno dei suoi palazzi più alti. Di perdermi con lo sguardo nell’orizzonte ad osservare i suoi dettagli più belli. Sorridere di quanta coraggiosa testardaggine ci sia nel voler costruire e arrivare al cielo prima degli altri; Milano è così, pullula di vita e di voglia di fare. Sognai di volare tra piazza Duomo e la Galleria, come farebbe un piccione; arrivare al Castello e guardare il parco, unico sollievo per gli occhi con metri e metri privi di barriere architettoniche; e poi fermarmi, bloccato dalla celebre nebbia che spesso circonda la città, limitando la mia fantasia.
Milano, così grande da perdersi anche nell’illusione.
“Ci sarà un posto anche per me?”
Smisi di immaginare ma continuavo ad osservare la città. Non dall’alto, ma dal basso. Sotto terra, davanti ad una grossa cartina appesa al muro.

La metro mi portò rapidamente alla prossima casa. Ogni volta speravo che fosse stata quella giusta, in modo da porre fine alle mie faticose ricerche.
Mi addentrai con forzata disinvoltura nel parcheggio condominiale di un palazzo. Il sole era quasi tramontato e contavo sulle luci dei lampioni per orientarmi. Il posto prometteva bene. L’edificio aveva un bell’aspetto. Aveva una facciata arancione alternata da balconcini bianchi su cui bazzicavano piccole piantine. Trovai un campanello e cercai il nome scritto sul mio biglietto. Non servì suonare, fu lui ad aprirmi. Un uomo stempiato, dai modi modesti ma intenzionalmente gentili. Mi fece segno di salire e mi precedette fino a casa sua, al primo piano.
Entrai… e gli occhi mi dissero all’istante quello che ancora non avevo pensato.
La casa era giusta per una persona, ma ce ne vivevano due, ed io ero l’altra. Uno stretto corridoio collegava tutte le stanze. Si soffocava a stare in quell’angusto spazio. Il signore, allargando una mano, mi mostrò la cucina. Blu. Non avevo mai visto una cucina blu e questo m’incuriosiva. Ma il disordine, i piatti sporchi e la polvere cancellarono tutto.
“Vieni, di qua c’è la tua camera…” mi disse, passando tra me e il muro. “E’ un po’ in disordine, devo portar via alcune cose…”
Mi affacciai nella stanza. Non entrai perché era fisicamente difficoltoso. Armadio e letto occupavano la maggior parte dello spazio. Una piccola finestra cercava di dare un po’ d’aria ai muri spenti. Per terra erano disseminate innumerevoli cianfrusaglie, al limite di ogni soglia di disordine tollerabile.
Torturai gli occhi con quella visione pochi minuti, poi mi girai verso l’omino stempiato e mi chiesi se quel disastro fosse opera sua o…
“…e in fondo c’è la camera del tuo coinquilino” disse indicando una porta aperta alla fine del corridoio.
La guardai da lontano. Non mi avvicinai. Non volli sapere chi vivesse lì. L’unica cosa che volevo era andarmene da quel luogo e non chiedermi come facesse qualcuno a chiamarla casa.
L’omino sembrò capire tutto dal mio sguardo e non si dilungò nei dettagli. Mi disse l’essenziale e mi accompagnò alla porta. Una volta fuori, fui per un attimo sollevato e la mente diede conferma alla prima impressione degli occhi: “Un altro buco nell’acqua”.
Presi il foglietto e lo guardai. Era pieno di nomi cancellati, eccetto uno. Cancellai anche quello e osservai lo spazio bianco, sperando che qualche nome comparisse magicamente tra le righe.
Intanto… il telefono squillò.

Blog su WordPress.com.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: