Pensieri random #29

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forza azzurri

Frammenti di vita #95

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Come siamo messi per questo europeo?

Io mi giocherei Albania vincente…

non si sa mai che un altro allenatore italiano faccia sognare una piccola squadra…

Vabbè… sempre e comunque…

FORZA AZZURRI!

Frammenti di Parigi #6

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Problema Siti italiani (tv, conti correnti, ecc..)

Chi si è trasferito da poco all’estero e ha cercato di vedere l’ultimo concerto di Gigi D’Alessio su rai.it lo sa bene che ciò non è (grazie a Dio) possibile; beh.. la ragione non è perché in Francia odiano la musica neomelodica ma è un problema legato agli indirizzi IP.

Alcuni siti non sono fruibili all’estero. Tipo: skygo, Dplay, alcuni video di youtube, vengono bloccati col messaggio che potete vedere sopra.

No Problem su internet tutto è possibile (si proprio tutto è inutile che mettete la privacy alle foto con la panza all’aria su facebook)

La soluzione è aggiungere un plugin per il vostro browser preferito che crei una VPN (virtual private network)

In linguaggio maccheronico, il pc crede di stare ancora italia, anche se state ingurgitando madeleine inzuppate nella nutella.

Le vpn purtroppo non sono sempre gratuite. Ma (per ora) i migliori plugin sono: Hola per google Chrome e Hoxx per Firefox.

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Parliamo di Hoxx (Hola è simile)

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  1. Cerchiamolo e aggiungiamolo alle estensioni di Firefox:
  2. Iscriviamoci con una semplice mail.La password vi arriverà per email (se volete cambiarla fatelo nelle impostazioni)
  3. Aprite il sito che volete, selezionate da hoxx “italia” dalla lista di luoghi
  4. Aggiornate la pagina.
  5. Gustatevi il Boss delle cerimonie

 

 

 

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Inoltre, se volete proprio strafare usate: CloudTv
il sito offre quasi tutti i canali del digitale terrestre italiano in streaming (non vi serve nessun plugin)

Buona visione! (e poche madeleine!)

 

 

Storia di una casa (intro.)

 

Introduzione

Negli anni dell’università, divisi in lunghi mesi passati a ottenere una sudatissima laurea, condussi la mia vita in un piccolo ma discreto appartamento nella zona est di Milano. Il tempo, nonostante la sua estenuante lentezza, sembrò volare in un soffio; e la mia vita, come una piuma in assenza di vento, smise di volteggiare nell’aria e si poggiò al suolo. Un suolo fantastico e per anni solo sognato. Quella città tanto in vista e tanto in alto nelle cartine che da piccolo non riuscivo nemmeno a indicarla, ora era mia.
Non ho mai saputo se fosse stato un errore o meno sradicarmi dal suolo materno. Forse le cose sarebbero state diverse, ma di certo non avrei acquisito tutta quell’esperienza che ora mi permette di affermare di essere totalmente indipendente. E tutto grazie a un desiderio avverato: una nuova città e una nuova casa.
Ma non fu tutto rose e fiori. I periodi brutti e quelli belli si alternarono come i tasselli di una scacchiera. La vita mi riservò strane sorprese, a volte quasi incomprensibili. Sembrava che qualcuno stesse giocando con il mio destino; che volesse farmi tentennare sulle mie decisioni. Assurdo… ma sottilmente vero; e ve ne accorgerete leggendo questa storia. Una storia che racconta di una casa e tutto ciò che avvenne al suo interno negli anni a seguire. Una storia che non sconfinerà mai il portone d’ingresso. Perché attraversato il quale, tutto cambierebbe, gli orizzonti si allargherebbero e con essi la storia in sé perderebbe di significato.
Questo sarà il solo confine delle mie parole. Le mie frasi si fermeranno sulla soglia di un verde portone d’ingresso e non usciranno mai….
E perché uscire, se tutto quello di cui ho narrativamente bisogno è successo lì?

 

 

 

Se tanto non hai fretta… (parte II)

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Formia

Ripresi il pc e lo arroventai sotto i colpi delle mie dita frenetiche. Calcolavo percorsi, probabilità, eventuali
problemi che i miei fratelli avrebbero potuto incontrare; possibili stazioni in cui fermarmi; traffico, orari, chilometri, deviazioni, mi stava venendo un gran mal di testa!
Il mio cellulare lampeggiò. Sullo schermo comparse una mappa e un punto con la faccina di mio fratello che si spostava. Graziano stava facendo bene il suo dovere, si erano mossi da casa. Io invece, dall’altra parte della mappa, restavo fermo e immobile nei pressi della stazione di Formia. Immaginai che la stessa mappa la stesse guardando mio fratello nel sedile passeggero di un’Audi sparata sulla statale 7. Gli avevo insegnato a usare Google Latitude qualche anno prima. Era Pasqua e giocavamo con i cellulari mentre andavamo a trovare i nonni per i consueti auguri.
– Graziano, guarda quest’applicazione… – gli dissi.
– Cos’è? Una mappa? –
– Molto di più… vedi quest’icona con la mia foto? Indica la mia posizione. Ora accendi anche il tuo cellulare e ti faccio vedere che compari anche tu… –
Graziano cacciò dalla tasca il suo Htc bianco. Attivò la connessione e cliccò su Google maps. Un attimo dopo, accanto alla mia icona lampeggiante, comparse anche la sua.
– Fico! – disse – Ma a che cazzo serve? –
– Per adesso a niente… ma sicuramente verrà un giorno in cui ci servirà… –
E il giorno era proprio quello in cui i miei fratelli erano la mia ultima speranza di salvezza. Guardai l’orologio e fissai per un po’ le lancette che segnavano le nove. Quanti casini che stavo creando. Avevo spedito i miei fratelli fino a Formia! Più di cento chilometri da casa! Di notte! Dovevano attraversare paesi come Giuliano, Castel Volturno, Casal di Principe… zone in cui, a volte, la legge stenta ad arrivare e regna l’anarchia. E mandarci due adolescenti immaturi, non era tanto una buona idea.
Mia madre ucciderà…
Mentre ero assorto nei miei pensieri, il telefono cominciò a squillare. La foto di mia madre apparve sullo schermo nero. – Cazzo! Tempismo perfetto! –
Click
– Ciao Ma’… –
– Ciro! Sei arrivato a casa? –
– No… sono ancora in treno… ci sono stati dei problemi… –
– Ce la fai a prendere la coincidenza? Devo chiamare qualcuno che ti venga a prendere? –
– No Ma’… ho chiamato Graziano e Davide… stanno venendo loro… – bomba sganciata, chiusi gli occhi e allontanai un po’ il cellulare dall’orecchio, in attesa di roventi grida furiose.
– Ah… – disse solamente. – Te lo vedi tutto tu? –
– Certo… li sto guidando da qui… –
– Va bene… allora fammi sapere quando arrivate a casa… Ciao –
– Ciao Ma’ –
Click
Chiusi il cellulare ancora incredulo. Mia mamma che non si preoccupava? Suonava strano pensarlo. O semplicemente non aveva ancora focalizzato con la mente… cosa molto probabile.
Mi adagiai sul sedile appoggiando i piedi su quello di fronte. A intervalli di 5 minuti accendevo la connessione per seguire il tragitto dei miei fratelli. Non avevano ancora oltrepassato la metà del percorso.
Intanto il mio treno restava nell’inamovibilità più assoluta. I passeggeri erano incazzati neri. Un tizio si era impossessato del microfono dell’interfono e con messaggi del tipo “Capotreno! Abbiamo donne e bambini a bordo! Dove sei?” aizzava ancora di più la folla inferocita.
Perché non ho preso il Frecciarossa? Pensai amareggiato.
Mentre roteavo il cellulare tra le dita, sentii un rumore ferroso provenire da lontano. Un treno si stava avvicinando a noi. Possibile?
Andai al finestrino e un regionale mi passo a pochi metri dal viso a tutta velocità. Mandai un messaggio a Enzo:
Ma per caso, sei su quel treno che mi è appena passato a fianco?
Nello stesso istante mi arrivò un suo messaggio che sostanzialmente diceva la stessa cosa. Lo chiamai.
– We! Figlio di puttana! Sei passato e noi no! –
Rise.
– Ciro, come facciamo quando arrivo? –
– Ti passo a prendere con i miei fratelli, tranquillo! –
– In che stazione devo scendere? –
Pensai un attimo e dissi: – Caserta… scendi lì –
Click

Ora dovevo solo sperare che il mio treno riprendesse la corsa. Se il treno di Enzo era passato, perché il mio era ancora fermo? Nessuno lo sapeva. Intanto avevo socializzato con una signora di Salerno. Stando nella mia stessa cabina aveva ascoltato tutte le mie chiamate e quindi seguito la mia vicenda. Le chiesi consiglio su dove scendere nel caso in cui il treno fosse ripartito.
– Aversa… E’ abbastanza vicina a Napoli ed è la fermata successiva a Formia… e soprattutto non è lontana da Caserta! – mi disse con estrema calma e tornò a leggere la sua rivista. Non sembrava per niente preoccupata dalla situazione. Sfogliava il suo Gente proprio come se fosse nella sala d’attesa di un parrucchiere. Invidiavo la sua calma.
Improvvisamente qualcosa si smosse. Sentii vibrare il sedile sotto il culo. Il macchinista aveva acceso i motori. Le persone si calmarono. Il vociare si ammutolì per un istante come in attesa di qualcosa.
E quel qualcosa avvenne: le ganasce dei freni lasciarono libere le ruote che cigolarono sui binari muovendosi in avanti. Tutti tirarono un respiro di sollievo… tranne io che avevo riaperto il pc per ricalcolare i percorsi. Mandai un messaggio a Graziano:
Cambio di programma, il mio treno è ripartito, andate alla stazione di Aversa!

Porcaputtana! Deciditi un po’! Mi rispose un po’ incazzato…

<—Parte I                                                         Parte III –>

 

Ci siamo persi ma… (parte I)

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Milano, Stazione Centrale

Due occhi color nocciola mi osservavano dal finestrino. Appartenevano a una ragazza in un elegante vestitino blu che aspettava che il mio treno partisse. Voci d’interfono, rumori confusi e un gran scalpitio di persone, passeggeri in attesa e molti che partivano. Osservavo quegli occhi seduto al mio posto 64. Sapevo che al di là del vetro c’era un cuore che batteva, ansioso e malinconico per la mia partenza. E anche il mio si associava al suo. Per un istante pensai di non partire più. Di gettare il biglietto che avevo tra le mani e fuggire con lei ovunque… lontano da qui. Quella ragazza respirava con parsimonia, intravedevo una lacrima e gli angoli della bocca tendevano al basso. La sua espressione triste si rifletteva su di me. Mi entrava dentro e mi spolpava, frammentando l’orgoglio. Quelle labbra un tempo amate e quelle guance che solo le mie mani accarezzavano con piacere. Tutto perso… tutto finito nell’oblio di una fredda scatola.

E il mio cuore? Anch’esso giace tra lettere e fotografie dimenticate? Lo ritroverò un giorno. Batterà come prima. Dimenticherò tutto… riuscirò a non farti più del male… Pensami… Ed anch’io lo farò. Prometto di pensare alla nostra storia o quello che n’è rimasto. Ora che s’interrotta per un mio capriccio. Per quella testa bacata che governa il mio corpo, comanda l’anima e ripudia il cuore. Vedrai che un giorno i tuoi occhi torneranno a specchiarsi nei miei; sentirai il mio respiro sulle labbra che anticiperà un casto bacio; e le mani stringere le tue come il tempo in cui solo con quelle ci amavamo già. Baciami mia bella. Vorrei un bacio ora, prima che il treno parta. Vorrei sfondare il finestrino e raccogliere i tuoi capelli tra le mani. Vorrei averti per sempre e non rimpiangere gli attimi in cui eravamo felici. A volte penso che ormai non sia più in grado di amare. Poi vedo te… e dimmi come cavolo faccio a non amarti? Come faccio a dimenticarti? Solo la distanza può sbrigare questo compito… e questo treno è il mezzo che mi porterà lontano. Questo treno mi separerà da te… e dal mio cuore che resta chiuso in una scatola della mia camera. Resta il mio corpo freddo che si riscalda solo con la sua presenza.

La guardavo cercando di capire i suoi pensieri.
Un fischio destò l’attenzione di entrambi poi tornammo su di noi. Strinsi le labbra in un misero sorriso mentre il treno lentamente si smuoveva. Con due dita le lanciai un piccolo bacio. Lei mi salutò delicatamente con una mano. E non la vidi più… perché il treno, incurante dei sentimenti, abbandonò la stazione.
– È la tua ragazza? – mi chiese un tipo a fianco a me che aveva osservato la scena.
– No… o meglio, non più… –
– Strano… –
– Già… è una strana storia… –
Il treno viaggiava veloce. Le stazioni cambiavano nome in tempi costanti. Lodi, Piacenza, Parma…
“Ho fatto bene a prendere l’intercity…” pensai, “così ho più tempo per riflettere sulla mia vita…”.
Presi un libro dalla borsa e ne lessi qualche pagina. M’immersi nella storia estraniandomi dal mondo. Ma lentamente mi assopivo sulle parole. Le frasi scorrevano lente, fino a quando chiusi gli occhi e mi addormentai…
– Che cosa è successo? –
– Perché siamo fermi? –
– Il treno è guasto? –
– Capotreno! Chiamate il Capotreno! –
Con gli occhi chiusi e ancora assonnato, ascoltavo delle voci che si facevano sempre più vicine. Non capivo ancora cosa stesse succedendo. Ero tra sogno e realtà. Aprii gli occhi e vidi un treno in fermento. Persone che andavano e venivano. Chi urlava, chi parlava, chi si lamentava. Cercai di capire e notai che eravamo fermi. Niente stazioni, nel bel mezzo del nulla. Mi destai alla svelta e presi piena conoscenza di me. Mi alzai e uscii dalla cabina scostando le persone sedute. Intravidi dal finestrino alcuni passeggeri che erano scesi sui binari. Chiesi informazioni a un ragazzo che passava dietro di me e sinteticamente mi disse che c’era un treno rotto davanti a noi. Non potevamo passare. Guardai l’orologio.

20:30

Troppo tardi per prendere il regionale che mi avrebbe portato fino a casa. Dovevo darmi da fare e organizzare qualcosa. Cacciai il mio netbook dalla borsa.
– Dov’è quel maledetto cavo usb! –
Con il cavo attaccai il cellulare ed ebbi la connessione. Cercai di capire dov’ero.
– Formia… 100 chilometri da Napoli… –
Mi grattai la testa pensieroso. Chi poteva darmi una mano? I miei genitori erano beatamente in vacanza e i miei amici erano chissà dove. L’ultima speranza erano i miei fratelli. Quei due marmocchi viziati che non sanno fare un cavolo. Sarebbero riusciti a fare tutti quei chilometri per venirmi a prendere?
Sbuffai e sentii il mio cellulare vibrare.
Un messaggio, era Enzo:
We Ciro dove sei? Io sto tornando da Roma con Eva!
Risposi: A meno che il tuo treno non abbia le ali da Formia non si passa…
Io sono in treno bloccato qui…

Intanto un gruppo di napoletani aveva alzato il volume delle loro proteste. Cercavano il controllore per cantagliene quattro. Erano stufi dell’attesa, un po’ come tutti. Per quell’ora dovevamo essere già arrivati da un pezzo e invece…

Messaggio, Enzo:
Cazzo! Vuol dire che perderemo la coincidenza? Come si fa?
Risposi: Non ti preoccupare… penso a tutto io!

Chiamai mio fratello più piccolo. Rispose svogliato e un po’ nervoso.
– Graziano! Mi serve una mano. –
– Dai Cì… devo uscire mo’ –
– No! Mi devi venire a prendere! Ti ricordi quando ti ho insegnato a usare Google Latitude col cellulare? –
– Certo… –
– Ecco… usalo per trovare la mia posizione e poi col navigatore raggiungimi… –
– Che palle Cì! –
– Muoviti! E fai guidare Davide! –
Click
Strinsi in mano il cellulare. Guardai gli alberi dal finestrino ondeggiare al suon di un vento caldo. La sera calava lentamente sulle nostre teste in attesa.

Questo viaggio sarà più lungo del previsto… pensai mentre riaprivo lo schermo del mio pc.

Parte II –>

Il Denaro non Dorme mai! (parte III)

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Il mercato dei future, delle valute, dei derivati, delle commodities e di che cazzo altro ne so, è un mercato che non dorme mai. Non ha orari da ufficio come la Borsa Italiana che apre alle 9:30 e chiude alle 17:30. No… Orario continuato, 24 ore su 24, 5 giorni su 7. Si parte la Domenica sera e si finisce il Venerdì sera. Un mercato con le palle in pratica. Per permettere tutto ciò, le contrattazioni avvengono nelle principali borse mondiali, quindi, con i relativi orari di apertura e chiusura. Ossia: quando chiude Londra, apre New York, alla chiusura di New York, scatta Tokyo. E grazie a quella bella invenzione del fuso orario, si copre l’intero arco giornaliero… e notturno…

Buio. Nella mia stanza dominava il buio più assoluto. Non si poteva dire lo stesso del silenzio. Era rotto dal flebile rumore delle ventole di raffreddamento del mio pc. Nonostante ciò, ero riuscito a prendere sonno nel mio letto tra i miei quattro cuscini. Come ogni notte ne abbracciavo uno. Quella notte, il triste supplizio era toccato al cuscino blu. Di solito era sempre il rosso che mi capitava tra le braccia. Ma al contrario delle donne, per i cuscini, uno vale l’altro.

Sognavo.

Sognavo di una canzone mai ascoltata… che parlava di un posto mai visto… in cui c’era una persona che non conoscevo. Camminavo… esploravo… Sentivo questo suono melodioso che mi accompagnava. Ero sereno… e quella persona sembrava molto simpatica… era una donna… aveva i capelli neri e gli occhi limpidi… un bel sorriso… una parlantina intrigante e…

Biiiip Biiiiiip Biiiip

Il mio computer iniziò a cinguettare il suo terribile suono. Aprii gli occhi all’istante e subito capii che era successo qualcosa in borsa. Tolsi le coperte e nel buio cercai le pantofole. Niente… Le mie dita, al contatto col freddo pavimento, si rannicchiarono come gattini appena nati. Mi sedetti alla poltroncina e tirai su le gambe. Accesi lo schermo e impugnai il mouse. Guardai l’orologio: 3:32 Tokyo era al lavoro. Controllai il grafico di ogni titolo del mio portafoglio alla ricerca del colpevole che mi aveva svegliato. L’oro era stabile, il petrolio pure. Normale. Difficilmente i giapponesi speculavano su queste cose. La loro fame era sempre diretta verso il biglietto verde. Il Dollaro. I Giapponesi ne sono ghiotti, ugualmente i Cinesi. E infatti il dollaro contro Yen era salito causandomi una lieve perdita. In compenso le altre cose andavano discretamente bene.

Biiiip Biiiiiip Biiiip

Scattò un altro allarme. “Addio sogno” pensai. “Stanotte sarà una lunga notte”.
Andai in cucina e presi la teiera. La riempii fino all’orlo e c’inzuppai due bustine di Tè. La misi sul fuoco sperando di non dimenticarmela. Mi sedetti su una sedia e appoggiai la testa sul tavolo.
Gli occhi si chiusero… e bussai alla porta di Morfeo pregandolo di aprirmi.
Brutta mossa. Dopo una decina di minuti il Tè iniziò a bollire sbrodolando sui fornelli.

– Cazzo! – dissi alzando la testa di scatto.
Zucchero e tazza preferita. Il mio Tè era così nero che sembrava Coca Cola. Tornai in stanza e lo appoggiai al lato lasciandolo raffreddare. Mi rimisi al lavoro sui miei grafici. Cercavo di capire l’intensione dei giapponesi quella notte. Dove si stava spostando il mercato? Che cosa lo muoveva? Qual era la Star di oggi?
Perché, dovete sapere, c’è sempre il titolo che traina tutti gli altri. Il protagonista della giornata. E se sale (o scende) lui, tutto ciò che è correlato, farà di conseguenza. In quel momento lo Yen muoveva i mercati. Lo Yen sostanzialmente è una valuta di merda. Manco agli stessi giapponesi piace. È per questo che accumulano nelle loro riserve un’ingente quantità di valuta straniera. Come può essere il Dollaro Americano, il Dollaro Australiano o il Dollaro NeoZelandese che andava molto di moda in quel momento. Diedi una lunga sorsata alla mia tazza bianca. Ingoiai come un dromedario in un oasi, sperando che la teina facesse il suo dovere. Chiusi un paio di posizioni. Alcune in perdita altre in guadagno. Il saldo però, restava positivo e quello era l’importante. Un’altra sorsata. Il Tè si stava raffreddando velocemente. Analizzai il grafico dell’euro. Notai che si stava formando quello che, molto semplicisticamente, veniva definito un triangolo. Lo disegnai con le linee. Ora… tutto dipendeva da ciò che avrebbe fatto l’euro. Ovvero, l’uscita che avrebbe preso dal mio teoretico triangolo. Non c’era altro che aspettare. Bevvi un altro po’ di Tè… ma sembrava non funzionare. Ne bevvi ancora… e ancora… e ancora. Fino a finirlo del tutto. Andai in cucina e ne preparai dell’altro assicurandomi, questa volta, di non fare “arrabbiare” la teiera. Tornai in stanza. La luce del monitor era l’unica che risplendeva. I miei occhi socchiusi, stanchi e abbagliati, faticavano a reggere lo sguardo. Ebbi un idea. Aprii una nuova pagina nella mia piattaforma e la chiamai “notte”. Aprii tutti i grafici che mi servivano e cambiai tutti i colori impostando lo sfondo nero. Ora, tutte quelle finestre dai toni scuri, creavano meno luce. I miei occhi mi ringraziarono. Bevvi il Tè. La teina stava facendo effetto. La mente si stava svegliando ed era più concentrata. Aspettavo solo che il mio “cavallo” iniziasse a correre per vedere quale direzione avrebbe imboccato.

Aspettavo…
Bevevo…
Aspettavo…
Bevevo…
Aspett…

Una stella fa luce… senza troppi perché… (Perugia)

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Il treno frecciarossa scorreva silenzioso mentre la città piano piano si allontanava. Palazzi… case… vie… macchine… lasciavano il posto ai verdi campi della periferia sud di Milano. Ero seduto al mio posto e mi pregustavo questa boccata d’avventura. Non c’è niente da fare.. adoro viaggiare. Per qualsiasi meta… per qualsiasi luogo… per qualsiasi motivo. Treno, autobus, auto… in qualsiasi mezzo di trasporto. Ed ogni volta, nel mio intoccabile posto finestrino a vedere il paesaggio che scorre. Non so ben spiegare cosa mi piaccia principalmente. Se il fatto di vedere nuove città o il viaggio in se. Forse perché a bordo di un treno posso prendermi tranquillamente un po’ di tempo da dedicare a me stesso. Per riflettere… pensare… immaginare… e a volte, non lo nego, anche sognare. La vita frenetica e al tempo stesso monotona di questi giorni richiedeva a gran voce l’intervento di quelle piccole azioni che si compiono senza pensare. Non parlo di follie e pazzie… quelle, seppur necessarie ad uno spirito giovane e ribelle, è meglio tenerle a freno. Mi riferisco, per esempio, ad essere catapultati un giorno a caso in un’altra città ed avere in tasca solo il biglietto di andata. Quanto adoro viaggiare… Soprattutto se dalla mia finestra sul mondo si mostravano simili spettacoli.
La grande pianura era a tratti nascosta da piccoli banchi di nebbia adagiati sulla terra da una mano delicata. Il cielo nuvoloso lasciava passare il sole attraverso qualche buco qua e là tra le nuvole. I fasci di luce sembravano proiettori giganteschi puntati su uno spettacolo naturale fantastico. Le case di campagna… gli alberi spogli… la terra appena arata dal trattore… la neve che ancora resiste… e più in là… la sottile linea che unisce la terra al cielo… l’orizzonte… senza palazzi o torri che t’impedivano di vederlo.
E tutto quel paesaggio aveva talmente estasiato i miei occhi da stancarli, quindi era arrivato il momento del mio caffè…
In più o meno di due ore arrivai alla stazione di Firenze Santa Maria Novella. Bella come sempre… peccato di non poter restare per più di 10 minuti perché il grande tabellone delle partenze indicava che la mia coincidenza stava partendo. Feci un salto alle macchinette e come al solito beccai il tipo davanti a me che non sapeva usarle… e invece di demordere continuava a giocherellare con il touchscreen come se fossimo alla fnac a provare nuovi pc.
– Scusi… avrei un po’ fretta… –
Mi lasciò il monitor e se ne andò un po’ infastidito. Due secondi dopo avevo il biglietto in mano e correvo verso il binario 2 con il trolley che mi seguiva saltellando. Salii sul treno e cercai un posto tranquillo. Certo che passare da un Eurostar a un regionale aveva la sua bella differenza. Ma ero troppo stanco per notare i particolari e mi abbandonai nel primo posto libero che trovai.
Il mio stomaco iniziò a brontolare. Avevo programmato di mangiare a Firenze ma non sapevo di avere la coincidenza così presto. Oltretutto su quel treno non c’era nemmeno il carrellino del servizio bar. Quindi, misi l’anima in pace e costrinsi il mio stomaco ad aspettare altre due ore.
Sul treno non c’erano molte persone e le fermate regionali passavano tranquille senza file e folle che si accalcavano alle porte.
Osservavo curioso i posti che stava attraversando il treno. Piccole cittadine intervallate da piena natura selvaggia… dove la mano dell’uomo non era ancora riuscita ad arrivare. Alberi… siepi… piccole gallerie coperte da edere rampicanti. Il treno a volte sembrava faticare a passare in certi luoghi. Dal paesaggio circostante si aveva l’illusione che davanti non ci fossero i binari… ma terra viva… inesplorata… su cui ci si passava per la prima volta. E poi venivano i piccoli paesi. Caratteristici anche loro… e con i loro nomi da scioglilingua. In particolare passai dalla stazione di “Terontola Cortona”. Un nome che sentivo spesso dall’interfono della mia stazione di Milano Lambrate. E spesso mi chiedevo dove mai si trovasse e se un giorno ci fossi mai passato. Ed eccomi qui che guardavo dal finestrino il grande tabellone con quel nome che avevo imparato in circa un anno di avvisi in stazione. Sorrisi pensando che ora mancava solo “Arquata Scrivia” da eliminare dalla lista delle stazioni con nomi strani.
Chiusi gli occhi…
La stanchezza si faceva sentire. Piano piano mi adagiai sul sedile appoggiando i piedi sul trolley. Cercai di abbandonarmi al sonno anche se il rumore e le vibrazioni del treno difficilmente me lo permettevano. La notte prima l’avevo passata più o meno insonne. Mi succede spesso di non dormire in prossimità di qualche evento… che sia spiacevole o piacevole come in quel caso. Il cervello è come se si sintonizzasse su un pensiero per non mollarlo più. E subentra quel pizzico di ansia che non ti fa sconnettere la mente dal corpo. E ti giri e rigiri nel letto alla disperata ricerca della posizione giusta. Del cuscino in un certo modo… delle coperte e del piumone, troppo caldo, troppo freddo… basta! Così verso le 3 di notte mi alzai e accesi la tv sperando che il sonno tornasse.
Un brusco colpo mi destò dal mio sogno apparente. Aprii gli occhi e guardai fuori. Restai senza fiato nel guardare un’immensa distesa d’acqua. Subito mi venne il timore di aver sbagliato treno e di essere finito in qualche punto della costa toscana. Perché stando alle mie rare conoscenze geografiche, in Umbria non avrebbe dovuto esserci il mare! Guardai meglio… era fantastico. Una grande distesa di terra tutt’intorno e poi questa imponente massa d’acqua. Immobile… vasta… silenziosa. Si delineavano all’orizzonte i profili di alcune montagne. Erano appena visibili, quasi nascoste dal cielo. Ed in mezzo, due piccole isole… stupende. Restai incollato al finestrino per un po’, scattando foto qua e là tralasciando i miei seri dubbi sulla mia direzione.
Il treno si fermò in una stazione.
“Passignano sul Trasimeno”
Bene.. ero in Umbria.

Perugia…

Finalmente ero arrivato. Osservai un po’ in giro. La stazione era piccolina ma carina. Il mio stomaco brontolava ancora… ma volevo andare prima in albergo. Uscii dalla stazione. La piazza pullulava di gente e di autobus che andavano e venivano. Stava cominciando a piovere e alla mia sinistra c’erano un paio di taxi.
“bene… buttiamo via un po’ di soldi”
Salii nel taxi e gli indicai la meta. Il tassista fece partire il tassametro e ingranò la marcia. Per fortuna il traffico e i semafori erano pochi. La cosa che mi risaltò agli occhi all’istante furono le pendenze che avevano certe strade. Davvero ripide. Pensai che se avessi fatto a piedi quella strada sarei morto. Ero abituato troppo bene alle strade piane e diritte di Milano.
Perugia più che una città mi sembrava un paesino. Un pensiero un po’ superficiale colpa anche del mio poco tempo per visitarla tutta.

Hotel… 5° piano… stanza 504…
Aprii la porta con la tessera magnetica. Chiusi e mi buttai sul letto stremato. Volevo dormire ma non ci riuscii. Guardavo il soffitto. L’allarme antincendio mi guardava e io guardavo lui… sembrava non attendere altro che il primo momento per scattare. A volte ho paura degli allarmi anti incendio. Mi alzai e giocherellai un po’ per la camera. Era tutto spento e morto. Accesi il climatizzatore ma sembrava non funzionare… cliccai più volte l’interruttore della luce ma non successe niente. Cliccai il bottone della radiosveglia ma era morta anche lei insieme alla Tv. “Strano” pensai. Andai in bagno e feci pensieri strani sulle cose che potevo portarmi via. Tornai in stanza. Avevo ancora la tessera magnetica in mano. La guardai come se fosse stato un oggetto mai visto.
“Mettila da qualche parte e non perderla” mi raccomandò la coscienza.
Voltai la testa a destra… poi a sinistra e intravidi una piccola fessura sul muro accanto alla porta d’ingresso, esattamente larga quanto una scheda. “Ora la metto qui… così di certo non la perderò!” La infilai lentamente avendo paura che scendesse troppo e non la potessi più recuperare.
Click
Sentii un piccolo rumore e poi il delirio. La radio si accese e una canzone partì a manetta mentre alla Tv una signorina dava le previsioni del meteo. Il climatizzatore a soffitto buttava a raffica aria gelida mentre il phon a muro in bagno cominciò a eruttare aria calda. Anche le luci si accesero, nessuna esclusa. Guardai per un attimo quel pandemonio e feci una grossa risata pensando a cosa spegnere per prima.

Mi feci una doccia e restai in accappatoio per un po’…
Mi affacciai alla finestra che dava sulla strada. La città era bellissima da lassù. Tutto sembrava così reale e sconfinato… troppo lontano per i miei occhi… e mi accorsi che forse questa vita valeva la pena viverla ancora un po’ per poter gustare ancora un altro pezzo di questo fantastico mondo…
Guarda l’orologio della radiosveglia…
“Dannazione.. sono in ritardo!”

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