Gira di qua… Gira! (parte III)

Guardavo il finestrino e nel riflesso vedevo me. Quando il buio calava al terminar dello scorrere dei lampioni, il mio profilo appariva denso e colorato sul vetro trasparente. In quel momento vedevo i miei occhi al di là del vetro. Non c’erano più quelli di lei e sembrava che, su una banchina immaginaria, stessi aspettando me stesso. Mi guardavo… e il mio riflesso mi guardava a sua volta. Com’era preciso nei movimenti. Scattava al battere di ciglia e sorrideva quando un pensiero felice mi attraversava la mente. Ma era così? Ero davvero così? La finzione della felicità corrodeva a poco a poco il mio fegato, mi stringeva l’anima e dava cazzotti al cuore. Per quanto potevo ancora continuare su quella falsa riga di un Ciro modellato alla perfezione? Eccomi là, al di là del vetro. Questo futuro ventiquattrenne stralunato; con la barba incolta da qualche giorno; i capelli mossi dalla cera e un gran mucchio di anelli. Ed eccoli là i miei occhi. Quando li osservo cerco d’intravederci il futuro. Ma è come osservare in un profondissimo pozzo nero. Scavo… scavo con lo sguardo nei miei occhi ipnotici correndo sulle vie oscure del destino. E’ tutto scritto vero? A volte ci penso… a volte ci credo… e a volte vorrei trovare quel libro per farlo in mille pezzi e bruciarne ogni frammento.
Io sono il mio destino! Io sono quello che faccio e che creo! Io sono la concentrazione umana delle mie decisioni, giuste o sbagliate che siano. Io scelgo… e a volte ho scelto male, riportando i segni sulla pelle come un prigioniero che segna i giorni sul muro della cella. Strano ma vero… anche l’apparente perfezione sbaglia. Anche la ragione per quanto giusta si possa ritenere, rapportata al cuore, sembra commettere notevoli errori.

I profili delle cittadine erano disegnate con contorni di strade illuminate. Come una foto in negativo, vedevo oscuri palazzi e fredde case. Le macchine, piccole formiche dagli occhi luminosi, si addentravano tra alberi e montagne. Il mio sentiero ferroso e gracchiante stava per portarmi alla meta. Pregavo per non avere altri fastidiosi inconvenienti. Accesi il cellulare e controllai la mia posizione sulla mappa. Non ero molto lontano da Aversa. Al tempo stesso mio fratello si avvicinava da sud, su una difficoltosa strada urbana. Enzo era sull’altro treno passato avanti nel disguido di Formia. Non aveva problemi di malinconia avendo a fianco la sua amata. Ripensai di nuovo al destino che stranamente aveva portato me e il mio amico nella stessa zona, su due treni diversi ad avere lo stesso problema: come tornare a casa. E grazie alle mie larghe tasche che contengono sempre un Piano B, mi ritrovai per l’ennesima volta a dargli una mano. Non ho mai lasciato in panne un amico. Sono sempre stato l’elemento su cui poter contare al cento per cento. Disposto sempre a dare un braccio per salvare le persone care. E mi chiedo sempre se qualcuno è disposto a farlo per me. Nutrendo seri dubbi sulla risposta…

Il treno stava rallentando la sua corsa. Segno che stavamo entrando in una stazione. Mi affacciai al finestrino opposto. Molte persone erano in piedi con le valigie in mano.
– Scusi signora… siamo quasi arrivati ad Aversa? – chiesi.
– Si… altri 5 minuti… –
Non potevo crederci. Il mio lungo viaggio da Nord a Sud si stava per concludere. La mia ansia poteva calmarsi. E quando il treno si fermò tirai un sospiro di sollievo.
Presi la borsa e scesi sulla banchina. Quella stazione mi era completamente ignota. Lessi i cartelli e cercai l’uscita. Sperai che i miei fratelli fossero dove dovevano essere.
Ed erano lì…

– Dovevate prendere la Statale! – dissi.
– We! Non rompere i coglioni eh! –
– Già è tanto che ti siamo venuti a prendere! –
Posai la borsa nel bagagliaio e salii in macchina. Iniziai a dare direttive a Davide che guidava. Graziano dietro messaggiava con qualcuna. Forse avevo rovinato la sua serata.
Con qualche difficoltà ci districammo dal traffico. Accesi il telefono e impostai il navigatore.
– Graziano… trovami l’indirizzo della stazione di Caserta… –
– Perché? –
– Perché dobbiamo andare a prendere Enzo! –
– Aèèèè Ciroooo!! –
Graziano mi urlò dietro per un paio di minuti. Poi trovò l’indirizzo e me lo diede. Poggiai il navigatore accanto al cambio in modo che Davide lo sentisse.
M’incastonai nel sediolino dando sollievo alla mia stanchezza. Guardai l’orologio. Ero partito alle 11 di mattina ed erano le 11 di sera. Non avevo toccato cibo ed ero in piedi solo grazie all’effetto di qualche caffè. Ma quell’effetto a poco a poco stava svanendo. Guardai il finestrino e vidi di nuovo me stesso nel riflesso. Ecco l’unica persona che non mi abbandonerà mai! Pensai amaramente. Quel figlio di puttana nel riflesso mi conosce meglio di chiunque altro. Sa delle scosse al cuore che mi suscitano certe immagini. Come i suoi occhi al di là del vetro. Ancora ci ripenso. Chissà quando li rivedrò? Di sicuro non presto.

Ora, sono troppo lontano da lei…

 

 

<—Parte II

 

Se tanto non hai fretta… (parte II)

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Formia

Ripresi il pc e lo arroventai sotto i colpi delle mie dita frenetiche. Calcolavo percorsi, probabilità, eventuali
problemi che i miei fratelli avrebbero potuto incontrare; possibili stazioni in cui fermarmi; traffico, orari, chilometri, deviazioni, mi stava venendo un gran mal di testa!
Il mio cellulare lampeggiò. Sullo schermo comparse una mappa e un punto con la faccina di mio fratello che si spostava. Graziano stava facendo bene il suo dovere, si erano mossi da casa. Io invece, dall’altra parte della mappa, restavo fermo e immobile nei pressi della stazione di Formia. Immaginai che la stessa mappa la stesse guardando mio fratello nel sedile passeggero di un’Audi sparata sulla statale 7. Gli avevo insegnato a usare Google Latitude qualche anno prima. Era Pasqua e giocavamo con i cellulari mentre andavamo a trovare i nonni per i consueti auguri.
– Graziano, guarda quest’applicazione… – gli dissi.
– Cos’è? Una mappa? –
– Molto di più… vedi quest’icona con la mia foto? Indica la mia posizione. Ora accendi anche il tuo cellulare e ti faccio vedere che compari anche tu… –
Graziano cacciò dalla tasca il suo Htc bianco. Attivò la connessione e cliccò su Google maps. Un attimo dopo, accanto alla mia icona lampeggiante, comparse anche la sua.
– Fico! – disse – Ma a che cazzo serve? –
– Per adesso a niente… ma sicuramente verrà un giorno in cui ci servirà… –
E il giorno era proprio quello in cui i miei fratelli erano la mia ultima speranza di salvezza. Guardai l’orologio e fissai per un po’ le lancette che segnavano le nove. Quanti casini che stavo creando. Avevo spedito i miei fratelli fino a Formia! Più di cento chilometri da casa! Di notte! Dovevano attraversare paesi come Giuliano, Castel Volturno, Casal di Principe… zone in cui, a volte, la legge stenta ad arrivare e regna l’anarchia. E mandarci due adolescenti immaturi, non era tanto una buona idea.
Mia madre ucciderà…
Mentre ero assorto nei miei pensieri, il telefono cominciò a squillare. La foto di mia madre apparve sullo schermo nero. – Cazzo! Tempismo perfetto! –
Click
– Ciao Ma’… –
– Ciro! Sei arrivato a casa? –
– No… sono ancora in treno… ci sono stati dei problemi… –
– Ce la fai a prendere la coincidenza? Devo chiamare qualcuno che ti venga a prendere? –
– No Ma’… ho chiamato Graziano e Davide… stanno venendo loro… – bomba sganciata, chiusi gli occhi e allontanai un po’ il cellulare dall’orecchio, in attesa di roventi grida furiose.
– Ah… – disse solamente. – Te lo vedi tutto tu? –
– Certo… li sto guidando da qui… –
– Va bene… allora fammi sapere quando arrivate a casa… Ciao –
– Ciao Ma’ –
Click
Chiusi il cellulare ancora incredulo. Mia mamma che non si preoccupava? Suonava strano pensarlo. O semplicemente non aveva ancora focalizzato con la mente… cosa molto probabile.
Mi adagiai sul sedile appoggiando i piedi su quello di fronte. A intervalli di 5 minuti accendevo la connessione per seguire il tragitto dei miei fratelli. Non avevano ancora oltrepassato la metà del percorso.
Intanto il mio treno restava nell’inamovibilità più assoluta. I passeggeri erano incazzati neri. Un tizio si era impossessato del microfono dell’interfono e con messaggi del tipo “Capotreno! Abbiamo donne e bambini a bordo! Dove sei?” aizzava ancora di più la folla inferocita.
Perché non ho preso il Frecciarossa? Pensai amareggiato.
Mentre roteavo il cellulare tra le dita, sentii un rumore ferroso provenire da lontano. Un treno si stava avvicinando a noi. Possibile?
Andai al finestrino e un regionale mi passo a pochi metri dal viso a tutta velocità. Mandai un messaggio a Enzo:
Ma per caso, sei su quel treno che mi è appena passato a fianco?
Nello stesso istante mi arrivò un suo messaggio che sostanzialmente diceva la stessa cosa. Lo chiamai.
– We! Figlio di puttana! Sei passato e noi no! –
Rise.
– Ciro, come facciamo quando arrivo? –
– Ti passo a prendere con i miei fratelli, tranquillo! –
– In che stazione devo scendere? –
Pensai un attimo e dissi: – Caserta… scendi lì –
Click

Ora dovevo solo sperare che il mio treno riprendesse la corsa. Se il treno di Enzo era passato, perché il mio era ancora fermo? Nessuno lo sapeva. Intanto avevo socializzato con una signora di Salerno. Stando nella mia stessa cabina aveva ascoltato tutte le mie chiamate e quindi seguito la mia vicenda. Le chiesi consiglio su dove scendere nel caso in cui il treno fosse ripartito.
– Aversa… E’ abbastanza vicina a Napoli ed è la fermata successiva a Formia… e soprattutto non è lontana da Caserta! – mi disse con estrema calma e tornò a leggere la sua rivista. Non sembrava per niente preoccupata dalla situazione. Sfogliava il suo Gente proprio come se fosse nella sala d’attesa di un parrucchiere. Invidiavo la sua calma.
Improvvisamente qualcosa si smosse. Sentii vibrare il sedile sotto il culo. Il macchinista aveva acceso i motori. Le persone si calmarono. Il vociare si ammutolì per un istante come in attesa di qualcosa.
E quel qualcosa avvenne: le ganasce dei freni lasciarono libere le ruote che cigolarono sui binari muovendosi in avanti. Tutti tirarono un respiro di sollievo… tranne io che avevo riaperto il pc per ricalcolare i percorsi. Mandai un messaggio a Graziano:
Cambio di programma, il mio treno è ripartito, andate alla stazione di Aversa!

Porcaputtana! Deciditi un po’! Mi rispose un po’ incazzato…

<—Parte I                                                         Parte III –>

 

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