Camera 30… (Ricordi di Rimini 2004)

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Appena misi il piede giù dal treno, mi guardai intorno. Non mi sentivo ancora a Rimini. Sarà perché l’ambiente della stazione di per se ti da l’idea di essere distaccata dal mondo che circonda. Sarà per i treni.. e per l’atmosfera malinconica che danno le persone che stanno per partire.. per andar via di li perché la loro vacanza è finita.. mentre la nostra non era nemmeno ancora iniziata. Volevo chiudere gli occhi e oltrepassare questo momento in silenzio per pregustarmi la sorpresa finale.

La porta d’entrata era aperta e inondata di una gran luce. Uscimmo e ci fermammo sul piazzale. Una ventata di profumo di salsedine inebriò il mio olfatto ed estasiò la mia mente. C’erano turisti e persone in ogni dove.. ragazze in bikini che passeggiavano liberamente in mezzo alla strada.. e le macchine.. i taxi.. i pullman.. gli alberghi.. le pensioni.. i ristoranti.. e più in la il mare.. oltre all’infinito.

Si.. ora ero a Rimini..

 

-Ragazzi.. spero che non vi siate dimenticati niente sul treno!-

-No.. tranquillo.. piuttosto dove dobbiamo andare?-

-Aspetta frena.. dobbiamo decidere chi porta la distilleria..-

 

La distilleria era come avevo soprannominato un grosso zaino nero seven. Di quelli che andavano di moda al momento perché avevano le cerniere laterali per allargarsi e portare più roba. Ora.. immaginatelo pieno allo stremo di bottiglie di super alcolici. Calcolatene la pesantezza.. e soprattutto l’ingente rumore che lo sfregamento delle bottiglie poteva causare. Molto imbarazzante per un minorenne che cerca di rassicurare i suoi genitori con buoni propositi sulla vacanza. Per fortuna eravamo sfuggiti al “controllo valigie” e i nostri genitori c’avevano salutati con non troppe raccomandazioni.

 

-Ciro.. ecco a te!-

-No ragazzi no.. dai.. è troppo pesante!-

-Su! Non fare storie..-

 

Mario intanto tornò dal baracchino dei biglietti. Aveva comprato cinque biglietti urbani.

-Prendete..- disse mentre ce li dava uno alla volta.

-Non trattateli male perché questi devono bastarci per un’intera vacanza!-

E fu li che imparai cosa significasse il termine pluritimbrare.

 

Dopo qualche peripezia, tra ruote rotte di trolley e movimenti bruschi sull’autobus che non potevo permettermi con il carico speciale, arrivammo all’hotel Carolina. Una pensioncina a due stelle, dato che noi, dal lusso ne stavamo ben alla larga. All’ingresso venimmo accolti dal portiere. Ecco.. ora vi immaginerete il tipico portiere in giacca e cravatta con dietro le caselle delle chiavi e davanti uno schermo di un pc. Ora, se per caso sostituissimo la figura classica di portiere con un uomo sulla cinquantina con i capelli lunghi e il pizzetto, il piercing al sopracciglio e vari orecchini, incorniciato in un giubbotto di pelle e calzoni aderenti che ne facevano dubitare la sua mascolinità, dietro un grosso stemma con scritto harley Davidson e una grossa tavola da surf e davanti un bel mucchio di carte disordinate, ecco il nostro portiere.

 

Dopo aver sbrigato le formalità tipiche degli alberghi salimmo in camera accompagnati da una anziana cameriera in sovrappeso. La camera era mediocre e decisamente onesta per il prezzo che avevamo pagato. C’era un balconcino che dava all’esterno. Fuori, con un po’ d’immaginazione, si riusciva a vedere il mare. Oltre i palazzi naturalmente.

Le valigie ormai erano disfatte. La distilleria svuotata e messa in bella mostra. Le casse davano il sottofondo giusto.

Il casino.. stava per iniziare.

Rimini… (Ricordi di Rimini 2004)

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Ho quasi diciassette anni. Diciassette anni e già il peso della valigia si fa sentire. La valigia dei pensieri, delle preoccupazioni e dei disegni del futuro. Mi sento già oppresso da tutto ciò. Per fortuna che la scuola è finita e ho tirato un bel sospiro di sollievo alla vista della mia pagella. Ma i giorni di questa estate corrono veloci. E mentre assaggio la mia fetta di libertà è già arrivato agosto e si sente il profumo dei banchi di scuola di settembre. Non voglio tornare a scuola.. voglio la mia parte di vita. Voglio chiudere gli occhi e non pensare a niente. Voglio respirare mentre canto che Questa è la mia vita. Voglio che la mia Vespa corra di più per arrivare in paese perché i ragazzi sono in giro. Non voglio più amare.. perché ho scoperto che amare fa male.. come il fuoco a chi non lo sa usare. E sono sopravvissuto.. e sopravvivo sapendo di poter dimenticare.. di poter riiniziare..

Come io vorrei..

Voglio il mio bel 10..

E se il mio futuro è da 4 o da 9 poco importa..

Perché domani vado a Rimini..

 

Un treno espresso viaggiava nella notte. A bordo, oltre a un migliaio di persone, c’eravamo noi. Stipati come solo Dio può saperlo. Erano le due della notte ed eravamo stesi per terra. Tra le due carrozze. Avevamo bloccato le porte “automatiche” con una valigia e allungato i piedi nello spazio di interconnessione dei vagoni. Il treno era affollatissimo. E si potevano ammirare le scene più bizzarre che avessi mai visto in vita mia. Per esempio c’era una persona che dormiva per il lungo sul porta-valigie su in alto. Lo guardavamo con tantissima ammirazione cercando di capire come avesse fatto a salire fin lassù. C’era un signore di mezza età che dormiva seduto per terra nella carrozza affianco. Aveva la bocca aperta da circa 2 ore e noi li a ridere cercando di buttargli dentro qualcosa. Era diventato il nostro mito. Poi vedemmo il controllore che rincorreva due stranieri. Vedemmo i due stranieri tornare e cambiarsi le magliette proprio davanti a noi. E mentre il controllore tornava.. loro facevano finta di niente. Non furono riconosciuti grazie ai colori nettamente diversi da quelli che avevano prima. Da li capii che il biglietto del treno poteva anche non essere pagato. Che furbata.

La notte era ancora lunga davanti a noi. E nonostante la stanchezza non riuscivo a dormire. Mi succede spesso quando sono in viaggio. Difficilmente prendo sonno. Ero impaziente di arrivare e tentavo d’immaginare le mille avventure che mi stavano aspettando. Era la prima volta che mi spingevo così tanto lontano da casa. I miei amici qui per terra erano tutti più grandi di me. E potevano permettersi di fare certe cose senza litigare con i propri genitori. E io guardavo il cellulare cercando di non pensare a quanto insistetti per andare a quella vacanza. Per fortuna che nella dura lotta con mio padre l’avevo spuntata. 

Il dondolio del treno mi stava cullando. Un occhio stava per cedere alle insistenze di morfeo. Guardavo i miei amici. Sembravano profughi in cerca di fortuna. Mario aveva da poco fatto i capelli stile rasta e li teneva raccolti sul capo con una fascia nera. Luca indossava una maglietta dei Pantera che non cambiava da almeno tre giorni e a guardarlo sembrava che sognasse di bucare chissà quale server di mirc. Enzo dormiva abbracciato alla sua chitarra.. la musica è la sua passione. Pasquale invece.. era famoso per dormire nei modi più strani possibili!

Mi sistemai il cappello sulla testa. Mi alzai.. e andai al finestrino. Il paesaggio era fantastico. Era mattina.. e il mare s’intravedeva da lontano. Sorridevo..

Eravamo arrivati a Rimini.

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