Calabria Coast to Coast 2016 #20

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La macchina corre in questo strano deserto calabrese. Le lingue d’asfalto tagliano le campagne…

Finalmente raggiungiamo la civiltà.
Prossima tappa: Crotone

La città di Crotone fu fondata da coloni greci, provenienti dalla regione dell’Acaia nel terzo quarto dell’VIII secolo a.C., nel luogo di un preesistente insediamento indigeno e rappresentò uno dei centri più importanti della Magna Grecia. La città vecchia si sviluppa in un dedalo di stretti vicoli e piazzette fino al duomo e alla centrale piazza Pitagora, punto di contatto tra città “vecchia” e “nuova”. (Wikipedia)

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La cittadina ha quel suo fascino antico che conserva strettamente nel suo centro storico. Le viuzze sono innmerevoli e intricate. Difficile non perdersi!

Poi ci dirigiamo al Castello di Carlo V

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E infine, stanchi, ripartiamo verso la prossima tappa.

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Arrivederci Crotone.

Calabria Coast to Coast 2016 #16

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Dopo il caldo torrido della costa, decidiamo di fare tappa nel centro di questa bella regione. Dal coordinamento apprendiamo che ci sarà un notevole sbalzo di temperatura dai circa 33° ai 18. Quindi, dopo aver fatto rifornimento di vestiti primaverili, ci dirigiamo verso il parco Nazionale della Sila.

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Incantevole…

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Arrivederci Sila!

Frammenti di Parigi #8

Muro je t'aime-2

Nell’incantevole quartiere di Montmartre, poco distante dall’uscita della metro di Abbesses, si trova il famoso “mur des je t’aime”. Ben integrato in un minuscolo parchetto e quasi invisibile agli occhi dei concittadini, pur essendo un’opera dalle straordinarie dimensioni.

L’ideatore della romantica installazione si chiama Frédéric Baron ed ha cominciato chiedendo ai suoi vicini di casa, stranieri, di scrivere ti amo nelle rispettive lingue, per realizzare un’opera che fosse una linea di congiunzione tra gli uomini, un muro che unisse invece di dividere.

Ho letto da qualche parte, che i frammenti rossi dovrebbero simboleggiare un cuore infranto… beh… un dettaglio che da ancor più magia alla storia…

Muro je t'aime

La Coinquilina perfetta #9

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La vita in casa scorreva tranquilla. Qualche piccola incertezza dovuta a Roberta che ogni tanto metteva a soqquadro i piani ben precisi degli altri componenti della casa.
Era distratta, volubile, in continua ricerca di attenzioni… perennemente incollata al cellulare a chattare con chissà-chi. Può una ragazza di 21 anni ridursi cosi? Senza un minimo di ambizioni?
E per di giunta dividere la camera con una ragazza che ha già tutto in testa; già tutto programmato e studiato a tavolino. Quella camera doppia era diventata un perfetto ossimoro: da un lato vedevi Sara intenta a programmare e studiare schemi, dall’altra, Roberta, che divideva equamente il suo tempo tra bacheca di Facebook e chat di ogni genere di programma di messaggistica.
Ogni volta mi chiedevo come facesse Sara a vivere li.
Anche io sopportavo a stento le manie di Roberta ma almeno potevo chiudermi in camera e lasciare tutto fuori. Sara come faceva?
Un po’ mi dispiaceva…

– Sara… se vuoi puoi studiare in camera mia quando non ci sono… – le dissi una volta in disparte.
– No tranquillo.. ce la faccio… –
– Guarda che non c’è problema… –

Sara sapeva bene che la mia stanza era il mio angolo di vita. Un luogo prezioso dove ho legato ricordi… vissuto storie… Racchiudeva tutto il mio essere e non permettevo quasi a nessuno di entrare. E con quelle frasi le avevo dato il permesso. Mi fidavo di lei…

Così, nei giorni a seguire, Sara prese a trasferirsi da me quando non c’ero, in modo d’avere un po’ di tranquillità in più. Era molto attenta e discreta. Non usava la mia comodissima poltrona, anche se poteva tranquillamente farlo. Studiava sul tavolo e non sul letto come il so solito.

Finché un giorno…
– Ragazzi! Stasera festeggio il mio compleanno! Ci saranno anche mia sorella e due amici! –
Disse Roberta.
Io e Sara restammo per un attimo interdetti. Ci guardammo un istante negli occhi come per capire il da farsi. Le chiedemmo qualche altra cosa e poi le assicurammo che ci saremmo stati.
Roberta aveva tutti i difetti di questo mondo, ma era pur sempre una persona e soprattutto la nostra coinquilina, non potevamo lasciarla sola il giorno del suo compleanno. La vedevo come una tappa obbligata. Come quelle feste a cui “devi andare per forza”. Presumevo che anche per Sara fosse stato lo stesso, quindi avrei potuto contare su una spalla con cui parlare.
Fin quando non arrivò la sera.

Tornai presto a casa per non perdermi la cena. Salutai gentilmente gli amici di Roberta e mi sedetti al tavolo.
Sara non c’era ancora. Era fuori chissà dove… e qualcosa mi diceva che non sarebbe venuta.
Roberta tentava di cucinare. Speravo con tutte le mie forze che non ci servisse un piatto di pasta alla nutella. Presi il cellulare e mandai un messaggio a Sara:
“ Dove sei! Qui la situazione è tragica… aiuto”
Mi rispose: “No Ci, io non vengo… “
“Ah grazie! Mi hai lasciato da solo!” le sbottai. Ero nervoso.

Sara non aveva dato buca solo a Roberta, ma anche (e soprattutto) a me. E la cosa mi fece molto arrabbiare.

Quando tornò decisi di non parlarle più.

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Frammenti di vita #12

Cellulare letto Rosso

 

In un pomeriggio qualunque, Annalisa messaggiava con il suo cellulare seduta vicino alla spalliera del suo morbido letto. Di fianco a lei c’ero io che cercavo di procurare una connessione internet al suo malandato pc.
Dopo esserci riuscito, Annalisa buttò un occhio e mi domandò:
–       Come hai fatto? –
–       Ho condiviso la connessione del cellulare… –
–       … e… come hai fatto… a farli connettere? –
A quel punto mi girai e la vidi intenta a scrivere un messaggio. La sua attenzione verso di me era calata drasticamente. Era, odiosamente, solita far così. Quindi…
–       Beh Anna… Ho preso il tuo pc e ho mandato un invito a cena al mio cellulare… –
Anna continuava a scrivere, tutta concentrata.
–       Poi, la sera stessa sono usciti… –
Anna non accennava a interrompermi. Aveva sconnesso il suo cervello.
–       …eh, si son piaciuti… da cosa nasce cosa… –
Mi avvicinai a lei.
–       e son finiti a condividere la connessione! –
Anna si girò. Mi guardò.
–       Che hai detto? –
–       SEI SEMPRE LA SOLITA! PARLO E TU NON MI ASCOLTI! –

Corsi e Ricorsi Storici (VII)

Passante Porta Venezia

(Foto personale)

Annalisa è un’insegnante di scuola media e svolge questa nobile professione in una scuola del milanese, insieme alla sua amica Lia. Non domandatemi come faccia una come lei a insegnare geografia o italiano a dei poveri studenti annoiati; so solo, (e ne sono certo) che quei preadolescenti passino il tempo a odiarla e amarla allo stesso modo. Del resto, anch’io l’avrei fatto.
Quell’anno, l’insegnante vintage/indy, s’era accaparrata le ferie per l’ambitissimo ponte dell’immacolata. Cosa che non era stato possibile per la sua collega.
Quindi, Lia, in quel momento, era bloccata a lavoro.
Guardavo Anna, mentre camminavamo nel sottopasso della stazione di Porta Venezia. Cercavo di capire a cosa pensasse quella mente incomprensibile. Di solito non ci voleva tanto. Si trattava di capire di cosa stessero discutendo gli unici due neuroni che aveva.
–  Anna… che facciamo? – le chiesi.
Anna si fermò. Si guardò intorno. Cacciò il telefono dalla borsa e compose un numero.
Iniziò a squillare. Me lo porse…
–  Tieni… sto chiamando la segreteria della scuola. Inventati qualcosa per far uscire Lia. –
–  Anna! Ma sei seria? Anna no! Cazz… Pronto è la scuola media *******? Salve. Avrei bisogno di parlare con la signorina Lia ****** è una emergenza. Grazie. –
“Attenda un attimo”
–  Anna ma sei pazza! – dissi sottovoce alla mia amica, gesticolando come un babbuino.
–  Shhh che ti sentono! – rispose
“Pronto chi è? Che è successo?”
Al telefono si sentì una voce femminile. Era Lia. Anna prese il telefono e lo portò al suo orecchio.
–  We, Lia. Ciao. Tranquilla non è successo niente! – rise.
–  Non ancora… forse un omicidio tra poco! – aggiunsi
–  Senti, ti ho preso il biglietto per scendere. Partiamo tra un’ora. –
“Tu cosa? Anna io sono a scuola!”
–  Su esci! Inventati qualcosa! Dai! Ti aspettiamo all’uscita del passante di Porta Venezia, tra un quarto d’ora! –
click
Annalisa ripose il telefono in borsa con estrema calma e mi guardò.
–  Secondo te ce la farà? – mi chiese dubbiosa.
Non risposi. Le presi una ciocca di capelli e iniziai a tirarla.

Poco dopo ci raggiunse Lia. La scuola non era lontana da dove ci trovavamo. La vidi arrivare tutta concitata. Affannata. Chissà cosa si era inventata per uscire. Non volevo saperlo. Non volevo altre grane quel giorno. Volevo tornarmene a casa e cercare di recuperare qualche ora di sonno in un comodo letto. Ero distrutto. Avevo un aspetto orribile. Annalisa aspettava di fianco a me. Guardavamo Lia raggiungerci. Notai però, qualcosa di strano nel volto di Lia. Qualcosa che mi diceva che quella giornata non sarebbe finita lì.

–       Ciao ragazzi! – ci salutò Lia.
–       Ciao tesoro! – rispose Annalisa con un bacio.
La salutai anch’io. Mi sentivo un tappo tra di loro nonostante il mio metro e ottanta. Entrambe erano alte e slanciate. Lia, dopo aver scambiato i soliti convenevoli con Annalisa, abbassò lo sguardo infilando la mano nella borsa.
–       Anna, sono uscita da scuola con una scusa orribile che nemmeno ti spiego! Ma… – disse Lia.
–       Ma?! – dissi in sincrono con Anna.
–       Beh… mi ero dimenticata che, nell’ora precedente, avevo sequestrato due cellulari ai miei alunni… e… non posso portarli con me! E non posso nemmeno tornare a scuola! Come facciamo? –
–       Neanche io posso tornare a scuola! Ho inventato una scusa peggiore della tua per uscire! – rispose Anna.
A quel punto, prevedendo già come sarebbe andata a finire la cosa, feci un paio di passi indietro, come chi cerca di fuggire da un animale pericoloso senza farsi sentire.
Le ragazze, dopo essersi guardate negli occhi per un paio di secondi, si ricordarono della mia presenza e si voltarono all’unisono verso di me.
Spaventato come se la mia finta fuga fosse stata scoperta, alzai le mani in segno di resa dicendo:
– No, Ragazze! Non ci pensate nemmeno! Io non ci vado in quella scuola! –

continua…

Corsi e Ricorsi Storici (I)

Via Nino Bixio Milano

(Foto personale)

Epilogo Parte 1

Nino Bixio fu un personaggio chiave per il Risorgimento italiano. Strinse rapporti con Mazzini, partecipò ai moti carbonari, fu al fianco di Garibaldi, partecipò a tutte e tre le guerre d’indipendenza… Un curriculum impeccabile, disegnato su un uomo spavaldo e arrogante.
“Arrendetevi! Altrimenti domattina si chiederanno dove fu Civitavecchia!” disse alla testa dei suoi uomini, irritato dall’ostinazione che la città stava opponendo al suo passaggio.Era tenace, testardo… che Italia sarebbe stata senza di lui? Forse non sarebbe nemmeno esistita. Bei tempi quando si lottava per unire.
Ora invece, le guerre servono solo a macinar soldi e il nome di Nino Bixio (la cui storia chissà in quanti la conoscono) serve solo a dar indicazioni ai passanti, col suo nome in bella vista su un’effigie marmorea.

E di fronte a quel pezzo di marmo, su un palazzo all’angolo della via omonima, c’ero io, che leggevo e rileggevo il suo nome per occupare la mente e distrarre i sensi dal freddo di mezzodì, di un giorno di dicembre. Aspettavo un tram, il 23, tra l’insegna arancione della fermata e un cestino verde bottiglia. Il sole sfoggiava i suoi deboli raggi, utili solo a rischiarare l’ambiente, invece di compiere il ruolo di calorifero naturale. Ero solo. Non avevo nessuno intorno con cui poter scambiare i “classici commenti metereologici da fermata del bus”.
“Menomale” pensai. Altrimenti avrei dovuto condividere anche la mia sfattezza fisica, i miei abiti stropicciati e la mia pettinatura a dir poco vergognosa. La similitudine con uno straccio usato credo che renda l’idea del mio aspetto obbrobrioso. In aggiunta, su una spalla, avevo una di quelle buste di stoffa che andavano molto di moda tra le persone con la mania del risparmio o tra quelle con sani principi ambientalistici. All’interno vi era una busta d’insalata pronta da condire che boccheggiava la freschezza del cassetto per le verdure di un qualsiasi frigorifero. Ecco, per ora, accettate come spiegazione di questa insolita busta “l’insistenza femminile di evitare uno spreco di cibo”. Più in là, nel corso della storia, la vostra curiosità verrà di certo soddisfatta.

continua…

Weekend finanziario (V)

Rimini ruota panoramica-56

Foto: Ruota Panoramica Rimini 2013

La fresca aria di fine maggio entrava da uno spicchio di finestrino lasciato aperto dal signore in taxi seduto davanti a me. Il tassista spense la radio e con fare calmo si districò da un piccolo ingorgo all’incrocio con la via principale. Di solito i tassisti son di due tipi: estremamente loquaci o estremamente silenziosi. Quello che mi era capitato quel giorno era del secondo tipo. Quindi, sia io che lui apprezzavamo il per niente imbarazzante silenzio che si era venuto a creare. Purtroppo però, non era dello stesso avvisto il signore a cui avevo dato, per modo di dire, un passaggio. Il nostro silenzio veniva continuamente stralciato con i suoi commenti futili o il continuo descrivere di ogni suo movimento.
Questo qui ha proprio voglia di parlare. Pensai mentre giochicchiavo con il cellulare.
–       Mi chiamo Alberto. – disse rivolgendosi dietro, verso di me, per darmi la mano.
–       Ciro… piacere. –
–       Anche tu all’ITforum? Come sei giovane! –
–       Mi porto bene i miei 26 anni… che non sono pochi… –
–       Beh… rispetto ai miei 56. Ce ne passa! –
–       Li porta bene anche lei. – ora faccio il galantuomo con tutti?
Alberto seguitò a parlare chiedendomi di sfornargli qualche dettaglio in più sulla mia alquanto breve vita. Capii che le sue erano semplici domande di cortesia quando, di punto in bianco, nel bel mezzo di una mia risposta, iniziò a parlare di sé.
Raccontò che la passione per il trading gli era venuta da qualche anno, quando un fantomatico professorone di una nota città gli aveva fatto conoscere i Certificates.
Quanto sentii quella parola portai gli occhi al cielo, scuotendo la testa in senso di disapprovazione. Approdare nella finanza con prodotti, in apparenza semplici ma dalle dubbie qualità, non la ritengo una scelta saggia. Ovviamente Alberto, seduto sul sedile passeggero, non vide il mio gesto e seguitò a decantare le qualità del prodotto all’ignaro tassista che annuiva compiaciuto. Alberto gli stava trasmettendo la speranza di ricchezza che gli aveva trasmesso qualche guida letta per caso su internet.
Quando iniziò a elencare i diversi Certificates che aveva intenzione di comprare o peggio, che aveva già comprato, trovai la conferma alla mia sempre presente teoria che la borsa dovrebbe essere interdetta agli incapaci, un po’ come si vieta di guidare ai ciechi.
Alberto era inarrestabile e il tassista sempre più incuriosito.
Ma alla frase: – Non capisco perché le persone non acquistino questi prodotti sicuri invece di altri… – decisi di intervenire.
–       Signor Alberto, mi scusi se mi permetto, ma per il mio modestissimo parere, i Certificates, sono un grande specchietto per le allodole, nella maggioranza dei casi. –
Alberto si girò per guardarmi in faccia e scrutare qualche smorfia di scherno. Invece ero serissimo e stavo cercando di evitargli qualche errore finanziario futuro.
–       Ad esempio quel Certificates sull’indice FTSE che se tocca i 18000 entro settembre e bla bla bla, è una grossa presa per il culo! Se uno guarda un minimo il grafico dell’indice, può capire subito che l’Italia dovrebbe fare i salti mortali per arrivare a quella cifra! Quindi quel Certificates non pagherà mai! –
Alberto continuava a fissarmi stranito e anche il tassista l’avrebbe fatto se avesse potuto. Continuai il mio discorso con:
–       …per non parlare dei Certificates sul prezzo delle azioni! Ah… quelli sì che mi fanno sganasciare! Cioè, LEI Banca mi vende un Certificates sul prezzo delle SUE azioni, quando a LEI banca basta uno starnuto per influenzare la quotazione e quindi annullare tutto? –
Il taxi era arrivato a destinazione. Il signor Alberto guardò la stazione di Rimini davanti a se. Era visibilmente rimasto scioccato dalle mie dure parole di critica. Voleva controbattere per continuare il discorso. Purtroppo il tassametro scorreva ed io continuavo a fissarlo.
–       Dia retta a me… lasci perdere quei cosi… – gli dissi mentre stava per scendere.
–       Mah… – pronunciò flebilmente.
–       …e buon viaggio! – lo congedai e il taxi ripartì.

Il tassista, trovatosi ormai in confidenza, scambiò con me ulteriori commenti sull’economia in generale, sulla recessione e sull’incerto futuro italiano. Ovviamente anche lui aveva la solita visione distorta e amplificata dai media che porta tutti al malcontento. Mi limitai ad assecondarlo per non alimentarla, cercando disperatamente una scorciatoia per cambiare discorso.
–       Dove posso andare stasera? – gli chiesi, – Dato che sono da solo qui a Rimini? –
–       Beh… un posto molto carino e molto vicino al tuo Hotel è il Coconuts… –
–       Interessante… cos’è? – chiesi
–       Una discoteca molto famosa. E’ sempre pieno la sera, ci va parecchia gente, anche in questi periodi. –
Vidi il profilo del mio albergo sempre più vicino. Il taxi era giunto a destinazione. Afferrai la borsa e pagai il tassista.
– Tieni, prendi questo, è il bigliettino del locale… così non ti perderai! –

Storia di una casa (#34)

2006/2007

– 34 –

Le ore e i giorni passarono in un lampo e il silenzio tornò a essere il mio coinquilino più presente. Gli amici erano appena partiti per tornare a casa: Marco, Enrico, Marta e Cristina. Li salutai alla stazione con quella punta di malinconia che crebbe fino al mio ritorno a casa. Mi buttai subito sul letto come se le forze fossero partite anche loro. Pensavo… Pensavo a quei giorni in cui non provavo tristezza nel salutare un amico. Erano bei giorni allora. Giorni carichi di voglia di vivere, di scoprire insieme le sfaccettature di questo mondo sconosciuto. Trascorrevo così tanto tempo insieme a loro, da diventar loro la mia seconda famiglia: proteggendomi, assistendomi e consolandomi, per non parlare di tutte quelle volte che mi riportarono a casa, sano e salvo. Devo molto a quei ragazzi… e non lo immaginano nemmeno.

Voltai la testa verso la sedia in mezzo alla stanza. Sorrisi. Era ancora lì con il cordone dell’accappatoio che ciondolava indisturbato. “Povero Marco” pensai. “Se l’è meritato però!” E quante volte se l’era meritato! Aveva compiuto così tante cazzate nella sua cronologia che avrei dovuto odiarlo per sempre. Ma la sua generosità e la sua bontà ti scioglievano, disarmandoti. Non avrei mai potuto tenergli il broncio per più di cinque minuti. Era un ragazzo con molti pregi; come quello di farti apprezzare le cose semplici, di tralasciare il valore dei soldi, sempre troppo importanti per me. Enrico invece era diverso. Facevamo a gara a chi era più introverso. Parlavamo sempre poco di noi e sempre troppo degli altri. C’era sempre un profondo rispetto tra noi due. Non saprei dire se lo conosca abbastanza, nonostante sia il mio migliore amico.

E scese la notte. Più pesante del solito. In casa ero solo. Le stanze vuote mi facevano eco. Curioso, decisi di dare una controllata alla camera di Francesco. Aprii lentamente la porta, come a non voler disturbare una persona che non c’era. Sorrisi pensando con meraviglia che anche in quella stanza era notte. Avevo la strana concezione che quella parte di casa era un mondo distinto. Un qualcosa che non mi apparteneva, di non mio. Quest’atteggiamento derivava dal profondo rispetto per le cose, inculcatomi da mio padre. Accesi la luce. I letti erano in ordine. Merito sicuramente delle mie due ospiti femminili. Persino le ciabatte del mio coinquilino erano tornate al loro posto. Il divano, doveva aveva dormito Marco, non aveva niente che non andava. Dovrei dare più fiducia a quel ragazzo.

Notai che la finestra era aperta. Qualcuno dei ragazzi aveva pensato bene di far arieggiare la stanza prima di andarsene. Andai a chiuderla e sentii un rumore provenire dal bagno. Pensai che la corrente d’aria avesse chiuso d’impeto l’altra finestra. Andai in bagno a chiudere anche quella. Qualcosa però, stranamente, la bloccava. Provai più volte a chiuderla ma non ci riuscii. Ispezionai i bordi della cornice scoprendo un inghippo metallico che impediva la chiusura. Tirai fuori l’oggetto dalla guarnizione. Era una monetina. Una cento lire del ‘78 sulla cui faccia risaltava la testa dell’Italia laureata che rifletteva la luce della lampadina a incandescenza del bagno. Come un flash, mi tornò alla mente l’immagine di Marco che faceva ruotare quella moneta tra le dita, dicendo: “Questa è il mio portafortuna!” Gli sarà sicuramente caduta in quella serata brava che scappò dal bagno alla ricerca dell’ultimo goccio di Jack. Scossi la testa disapprovando quei momenti. Afferrai il cellulare.
“Marco, ho qui con me la tua cento lire… Appena ci vediamo te la rendo.”
“Bene! Ma tienila tu… così ti porterà un po’ di fortuna, che ne hai bisogno!”
…e ci sperai, e spero ancora, che quella tanto amata fortuna, un giorno arrivi.

Fine Seconda Parte

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