Weekend finanziario (IV)

Weekend finanziario 4

Il corridoio principale era un fiume di gente con facce spente, ammaliati dai finti sorrisi delle hostess e dalle luccicanti promesse finanziarie dei promoters. La poca euforia era mendicata in un’economia al collasso. I grafici su tutti i monitors non mostravano nessun futuro roseo per noi. Finanziariamente parlando, ci trovavamo nell’occhio del ciclone. Una sorta di limbo tranquillo in un cerchio di tempesta. Mentre fuori regnava la crisi, noi restavamo sospesi grazie alla liquidità fittizia emessa dalle banche centrali. Prima o poi però, questo artificioso aiuto sarebbe finito e se ogni stato non avrà costruito un paracadute decente in tempo, cadremo tutti rovinosamente al suolo, di nuovo.
Per noi italiani, questo paracadute era stato costruito con IMU, con i tagli alle pensioni, la riforma del lavoro, l’aumento dell’IVA, ecc… C’è costato molti sacrifici, ma sembrava reggere. Essendo però, un popolo che vuole cambiare governo con la stessa frequenza con cui cambia cellulare (2 anni), siamo andati a votare e:
Bye bye paracadute! Meglio legarsi un’incudine al collo!
C’è da farsi delle serie domande sul livello d’istruzione in Italia, dato che continuiamo a mandare al governo degli incompetenti che l’unica cosa che sappiano fare è indorarci la pillola per farcela ingoiare. Proprio come stava facendo il tizio davanti a me, intento a vendere i propri prodotti finanziari.
Ogni stand aveva il suo spazio delimitato nella sala e, all’interno di esso, di solito, si svolgevano 2 tipi di attività: la parte commerciale rivolta alla vendita e apertura conti; e quella seminarista, dove un commentatore spiegava i concetti base della borsa. Ogni anno era tutto un dire e spiegare le nuove tendenze.
Come per i capi, di vestiario anche la finanza ha le proprie mode. Gli anni scorsi andavano di moda i CFD, come dire: camicie a quadri di flanella, sembrano maglioni ma non lo sono. Analogamente i CFD sembrano azioni, ma non lo sono.
Qualche anno più indietro fu la volta degli ETF, i cardigan femminili dei fondi comuni: una sorta di maglioncino che non si sa se vuol essere una felpa o una maglia. Gli ETF, infatti, hanno la caratteristica di non saper di niente e copiano il proprio indice di riferimento.
Quest’anno invece, sembrava andare molto di moda il trench, ovvero l’impermeabile elegante, i Certificates. Il trench ripara dalla pioggia e i Certificates dai rischi del mercato.  Disponibili in tutte le colorazioni, taglie, costi, rischi, cap, floor, indici, azioni, obbligazioni…
Le inventavano proprio tutte per darci l’illusione di garantirci un investimento sicuro. La verità invece è, che se resti ore e ore sotto una pioggia incessante, non c’è trench che tenga o Certificates che ti garantisca! Ma la gente proprio non vuole capirlo…
Parlare delle care e vecchie azioni, invece, è come sfociare nel vintage. Tutti ad esaltarne i terribili difetti e mai nessuno che ricordasse che, alla base di quasi tutti i prodotti finanziari ci son sempre e solo loro. Quindi, perchè non mangiare una mela, invece di un succo al gusto di mela? Mah… Capirò prima o poi come ragiona la gente… pensai amaramente.
Continuai a gironzolare tra gli stands. Mi sentivo un’anima solitaria. A volte mi fermavo per scambiare due chiacchiere con qualche promoter per esaltare i difetti dei prodotti che vendevano. Era il mio sport preferito!

Cercavo, osservavo, ascoltavo…
Gente che vendeva “merda” esaltandone doti e qualità. Gente che esclamava “mmm buona! Compriamo!” con un’enfasi mai vista. Tutto alimentava il mio stupore di fronte a tanta ignoranza. Davvero la finanza è questo? Un continuo fregare il più ingenuo? Spero di no. Non ci sono portato a fregare. Dovrei fare un Master in fregatura per imparare il mestiere. Vedevo tutti quei volti apparentemente felici. Illusi da possibilità irrealizzabili. Anch’io ero così i primi tempi? Purtroppo sì. M’illudevo anch’io… e finii per sbattere contro la dura realtà. Nessuno ti regala e ti regalerà mai niente.
Iniziai a provare una profonda tristezza nel pensare a tutte quelle persone che avrebbero fatto la mia stessa fine. Avrebbero perso il loro sorriso per trasformarsi in automi alla continua ricerca della felicità. “La finanza non è una banalità! Non illudetevi di risolvere così i vostri problemi economici!” Volevo urlare a tutti quelli che continuavano a dire che fosse alla portata di tutti. Ci vogliono anni di apprendimento, di pratica, di studio…
Invece no, basta un libro secondo loro… un paio di corsi… qualche riga buttata su un grafico… et voilà il trader perfetto. Bello… e allora perché io ci ho messo 6 anni, studiando una pila di libri più alta di me?
Sospirai, constatando che quel luogo non aveva più niente da offrirmi…
Così, piano piano e in silenzio, abbandonai la sala. Con la giacca in mano e la borsa in spalla, guardai il sole coperto dalle fitte nuvole. Mi diressi verso il primo taxi che trovai parcheggiato. Salii dietro, poggiando tutto sui sedili di pelle. Controllai il cellulare mentre aspettavo che il tassista girasse intorno alla macchina per salire.

–  Dove andiamo? – mi chiese pigiando tasti ignoti.
–  In via…. –
–  Aspetta Aspetta! – un signore affacciandosi al finestrino m’interruppe. – Va alla stazione? – chiese al tassista. Il tassista si girò nella mia direzione trascinando con sé anche lo sguardo del signore e finirono entrambi per fissarmi.
–  No… torno in hotel… non penso che… –
–  Ah… mi scusi… l’ho vista salire con la borsa e ho pensato che andasse alla stazione. – disse, mentre stava per allontanarsi.
Voleva dividere il taxi… pensai… beh, alla fine non è un problema far un po’ di strada in più…

–  Aspetti! Salga lo stesso! Passiamo dalla stazione e poi vado al mio Hotel… – dissi dal finestrino al buffo signore brizzolato.
Mi fece un sorriso che mi piacque e che se fossi chiamato a dargli un valore, non saprei proprio che calcolo fare…

Bid and Ask

 

 

La cravatta è uno degli indumenti che preferisco di più. Dona quel tocco di eleganza a colui che la indossa che non ha pari. Ovviamente sullo sfondo bisogna avere una giacca dal giusto taglio, una camicia intonata, dei pantaloni in piega e delle belle scarpe, altrimenti tutto è vano. Solo allora la cravatta può sprigionare ciò per cui è stata concepita. E nella sua semplicità, completa il quadro dell’eleganza come l’ultimo tassello di un puzzle. Adoro quando è qualcosa di semplice a produrre un grande effetto. Non solo per i vestiti, ma in tutte le cose.

Ero davanti allo specchio di casa in una fredda mattinata di fine ottobre. Ero quasi pronto per uscire. La mia figura nello specchio aveva qualcosa di diverso dagli altri comuni giorni. I capelli avevano abbandonato la cresta, appianandosi verso il basso, cercando di concedermi un po’ di serietà. Gli occhiali neri rettangolari tanto odiati ma necessari, mi rendevano un intellettuale moderno. Tolsi qualche braccialetto che sbucava inopportunamente dai polsini della camicia. Gli anelli, quelli no, non si toccano. Che vada a un concerto rock, a una cena elegante o a un esame di stato, quelli ci son sempre stati e ci saranno sempre.
Passai la cravatta sotto il colletto e tenendo i due lembi con le mani, cercai di ricordarmi i giusti movimenti per il nodo. Mi guardavo nello specchio come un professore che guarda un alunno impreparato. E agii senza pensare lasciando che l’istinto mi guidasse in questa strana prova. Risultato? Nodo perfetto al primo colpo. Mi specchiai per un secondo cercando di trovare una spiegazione plausibile a un gesto nato con la teoria ma diventato istintivo negli anni. Mi toccai la cravatta e strinsi il nodo ancora un po’ pensando a chissà quanti altri gesti compivo istintivamente senza accorgermene. Magari a volte l’istinto può agire anche sulle parole. Anzi quasi sicuramente. E il mio caratteraccio ne era una prova tangibile. Rassegnato, tornai in camera, presi il soprabito nero e la borsa, e uscii di casa.

Piazza Cordusio, il centro degli affari milanesi. Sede d’importanti banche nazionali e internazionali. Una tra tutte, l’Unicredit. Restavo sempre affascinato nel percorrere quelle strade. A un occhio poco attento potevano sembrare comuni strade, ma io sentivo il profumo di soldi ogni volta che facevo un passo. Guardando le vetrine delle banche, immaginavo che sulla mia testa stessero passando migliaia di euro in azioni, obbligazioni, fondi comuni… che transitavano virtualmente tra una banca e l’altra. E questi fasci immaginari s’imprimevano nella mia testa come ondate di vento caldo. Caldo, perché pensavo all’alternarsi delle quotazioni dei mercati e alla loro isterica frenesia che rendeva incandescente qualsiasi cervello umano. E qualcosa ne sapevo già…
Qualche centinaia di metri più avanti, svoltai per Piazza Affari. Sorrisi per l’ennesima volta nell’osservare il mastodontico dito di Cattelan. “Ancora non l’hanno rimosso…” pensai. “forse perché mette di buon umore!”.
Salii i gradini della borsa desiderando ardentemente di salirli ogni giorno.
Andai al banco informazioni per farmi stampare il badge.
– Nome? –
– Ciro F… –
Mentre la ragazza mi cercava al pc, mi voltai verso destra e intravidi un cartello che recava “ingresso dipendenti”. Un giovane appoggiò il suo badge dorato sul lettore e le sbarre ruotarono al suo passaggio. Guardai quel giovane in completo grigio che non avrà avuto più dei miei anni. Desideravo essere al suo posto. Entrare lì, al piano di sopra, e sedermi a una bella scrivania piena zeppa di monitor e calcolatrici. Chissà… magari un giorno…
– Ecco il suo badge… –
– Grazie! –

Quel badge mi permise di entrare nella sala congressi dov’era da poco iniziato il Trading online expo. Sulla soglia, mi sentii come un bambino che stava per entrare in un immenso parco giochi. E proprio come un bambino, mi perdevo con lo sguardo su tutte le attrazioni. Potevo far un giro sulle montagne russe rappresentate dalle società di brokeraggio speculativo; oppure fare un giro sul trenino a vapore come ETF e fondi comuni; c’era poi una bella ruota panoramica stabile e sicura che ti faceva vedere tutto dall’alto, come bot e obbligazioni; c’era il tiro a segno che, anche se non colpisci tutte le lattine, ti regalano qualcosa, come i certificates e i covered warrants; c’erano luci e proiettori… e schermi colorati che mostravano la bellezza delle diverse “giostre”, e tante avvenenti signorine che ti ammaliavano e invitavano a salire su.
Il paradiso per uno speculatore finanziario.

Cercando di attenuare il luccichio dei miei occhi presi il programma della giornata dalla mia borsa.
“Prima il dovere e poi il piacere…” pensai mentre mi dirigevo nella sala blu.
Il reale motivo per cui ero lì, era aggiornarmi sulle nuove tecniche d’investimento, su nuove piattaforme di gioco e su nuovi prodotti finanziari.
Entrai nella sala e una ragazza mi timbrò il badge con un lettore laser. Mi sedetti in un posto. Il relatore aveva già iniziato. Spiegava tecniche che già conoscevo. Tutta la platea era attenta e muta. Qualcuno nelle prime file fece una domanda e il relatore si alterò sentendo che l’astante usava una leva finanziaria troppo elevata.
– Vi brucerete tutto il capitale! – urlò amplificato dal microfono. – Dovete usare leve basse! Massimo 1 a 20! Usare leve alte è rischioso! Certo… si può guadagnare tanto ma non durerete! Una leva da 1 a 200 è un suicidio bello e buono! –
Un sorriso malizioso comparse sul mio volto. Il relatore aveva perfettamente ragione. Una leva alta comporta alti rischi e alti guadagni, e se male usata, potevi anche chiudere bottega.
Si deve partire dalla base e fare piccoli progressi. Ma la smania di ricchezza e d’investire come i grandi portò anche me a usare leve improponibili. I primi tempi, quando mi avvicinai per la prima volta a questo immenso mondo, usavo una leva di 1 a 400. In pratica, come nel più grosso casinò, potevo comprare le mie fiches da 400 al costo di un euro. Con mille euro potevo gestire 400’000 euro e lucrarci su. Ma capii sulle mie spalle e a mie spese ciò che il relatore sosteneva in quel momento. Negli anni ho fatto innumerevoli errori che per fortuna sono serviti tutti a darmi l’esperienza necessaria a sedermi nella sala.
Alla fine del seminario scesi al piano di sotto, dove si articolava un’altra sala con altri stand. Mi colpì subito quello di una banca svizzera. La conoscevo già da tempo ma non potevo permettermi il loro software perché aprire un conto da loro costava un pacco di soldi.
Una donna più alta che bionda mi si avvicinò. I suoi occhi azzurri scrutarono il mio interesse per quella banca d’investimenti.
– Posso aiutarla? – mi chiese.
– Si! Voglio quella piattaforma… e dammi del tu, ti prego. – sorrisi.
– Devi aprire un conto da noi e puoi far tutto ciò che vuoi… –
– Mi prestate anche centomila euro? Dovrebbe essere quello l’importo minimo – dissi pizzicandomi il mento.
– Per la sede in svizzera sì, ma da poco abbiamo aperto un’altra sede per i clienti retail… –
– Ah davvero? – il mio sguardo si posò su di lei e la mia attenzione lasciò per un attimo i grafici sul monitor.
– Sì, l’importo minimo per l’apertura sono 100 euro. –
Mi s’illuminarono gli occhi. – E la piattaforma è la stessa? –
– Sì, la stessa… –
– Spread variabili? –
– Uguale… –
– Posso vedere i volumi? –
– Si certo! –
– Ok… dove devo firmare? – dissi con cercata serietà.
– Mandami un’email con il tuo recapito e poi… –
Mentre la donna in tailleur m’illustrava i passi da fare per aprire il conto, giochicchiavo con il mouse del pc e annuivo col capo per darle sicurezza che la stessi a sentire. Ma la mia attenzione era tutta focalizzata a quel software. La piattaforma di gioco che desideravo da anni. Veloce, istantanea, con un’impressionante liquidità di mercato. “Finalmente un Ecn!” pensai, “Affanculo tutti i market maker che sono al piano di sopra…”
L’irresistibile voglia di giocare mi faceva tremare l’indice sul touchpad. Con il puntatore solleticavo il pulsante compra o vendi, o meglio Bid and Ask.
– Tutto chiaro? – mi domandò la donna.
– Si… tutto chiaro! Grazie delle informazioni, ci sentiremo presto! –

Sorridente me ne andai dallo stand. Ero eccitato all’idea di ottenere quella piattaforma il prima possibile. Mi diressi verso la sala dal nome: Area Scavi. Era una sala interrata ma visibile dal piano di sopra grazie a una balconata. E proprio lì mi fermai ad ascoltare, data l’immensa mole di persone sedute e in piedi. Appoggiai i miei gomiti sul parapetto e aguzzai le orecchie. Il relatore faceva il solito discorso su analisi e scelte da compiere per operare.
– Voi dovrete essere tre persone in una! Fare il lavoro di un analista tecnico, fondamentale e poi essere il braccio che opera come trader. Non è facile questa vita ed è molto sacrificante… –
“Già…” dissi sottovoce rassegnato, mentre il mio ottimismo scendeva sotto le suole. Essere un trader mi ha portato indirettamente ad avere problemi con la società, per non parlare delle ragazze…
Se non ci sei dentro, non riesci a capirlo… dicevo per discolparmi dal solito nervosismo stressante. Guardare i mercati è un’attività che ti porta mille pensieri togliendotene altri. Non ti fa dormire la notte… e sei sempre nervoso e iperattivo… e quando cerchi un po’ di calma devi sentirti le lamentele di chi non hai cercato per tutta la settimana. Avevo già vissuto ciò che diceva quell’uomo. Sapevo cosa significasse stare incollato a un paio di monitor e al cellulare quando eri in giro. Conoscevo lo stress dei grafici e la paura di fallire; l’ansia che ti uccide quando ti giochi anche ciò che non dovresti; la mente che ti brucia cercando tregua e gli occhi asciugati dall’insonnia di molte notti; per non parlare dei tremori alle mani e la voglia di uscire da quella prigione che è diventata la tua casa. Il tempo non conosce più limiti in un mercato aperto 24 ore su 24 e a volte i sogni si confondono con la realtà. Certe notti mi sono svegliato colto dalla paura di non aver chiuso le posizioni e andavo a controllare al pc. Certe notti non erano più notti o almeno lo erano al di fuori di una finestra chiusa a Milano, ma non a Tokyo o a New York.
A volte ho rischiato d’impazzire… e questo è solo l’inizio…

 

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