La Coinquilina Perfetta #10

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Per chi volesse leggere i precedenti post: link

 

Il clima in casa era diventato più gelido del circolo polare artico. Io e Sara non ci parlavamo, e tendavamo ad evitarci nei luoghi comuni della casa. Se proprio dovevamo, ci limitavamo a monosillabi, come “Si”, “No” “Puoi cucinare”.
Mi dispiaceva questa situazione, di solito lasciavo scorrere e facevo il primo passo verso la pace… ma quella volta volevo che fosse lei a “chiedere scusa”. Purtroppo sembrava che ognuno avesse le proprie ragioni e un punto d’incontro sembrava non si sarebbe mai trovato.
E’ strano come a volte, due esseri perfettamente razionali si comportino come due bambini dispettosi.
I primi giorni passarono così: silenzi e porte chiuse.
Poi iniziò il periodo del “usiamo Roberta”.
– Roberta, puoi dire a Sara che c’è della posta per lei? –
– Roberta, poi chiedere a Ciro di liberare lo stendino? –
…..
La cosa stava iniziando quasi ad essere divertente. Di certo non per Roberta, che ogni tanto sbroccava, scocciandosi di fare da messaggero.

Qualche giorno dopo fummo soli in cucina. Sara ed io.

Aspettavo davanti alla cucina che il caffè uscisse mentre lei metteva a posto qualcosa nel suo ripiano. La guardavo. Mi guardò…
– Per quanto ancora vogliamo andare avanti così? – mi chiese.
– Anche in eterno! – le risposi con un velo d’ironia.
Lei si zittì. Avevo perso l’occasione per far pace, quindi continuai:
– Mi hai lasciato solo…. – le dissi riferendomi alla cena del compleanno di Roberta.
– Ci… io pensavo che tu avresti fatto lo stesso! Non mi andava proprio… che ci posso fare? –
– Sì, anche a me non andava… e se tornassi indietro non sarei restato per niente al mondo a quella noiosissima cena… –
– Vedi? Alla fine ho ragione io – disse Sara torcendo il filo spinato che ci circondava.
Sbuffando le chiesi: – Facciamo pace? –
– Pace… – rispose guardando altrove.

Il giorno dopo il rapporto sembrava essersi ripreso. il periodo di congelamento era finito. Eravamo tornati i freddi coinquilini di prima, ma almeno avevamo smesso di utilizzare Roberta come tramite delle nostre richieste. Anche perché, era partita per la Sicilia.

– Lo odio! Lo odio!! – sbraitava Sara nella cucina.
– Chi odi?! – dissi sorridendo dalla mia camera.
– Lo sai benissimo chi! – rispose.
– Il latin lover milanese… – dissi ironico.
– Lo stronzo milanese! – rispose Sara.
Mi alzai dalla sedia e andai in cucina per vedere cosa stesse facendo Sara. Era seduta al tavolo che continuava a leggere e rileggere vecchi e nuovi messaggi.
– Ma ti sembra intelligente una persona che mi risponde cosi? – disse porgendomi il cellulare.
Guardai rapidamente la chat di whatsapp e subito notai la lunghezza dei messaggi di Sara rispetto a quelli del suo, chiamiamolo ex.
– Sara… una cosa –
– Cosa?!? –
– SCRIVI TROPPO! – le dissi
– uff –
– Se vuoi una risposta sensata da un ragazzo non puoi scrivergli un libro ogni volta… lui leggerà le ultime due frasi… lo sai bene anche tu. Siamo stupidi… vogliamo andare subito al sodo! –
– E’ si! Ma mi risponde ste frasi! Guarda qui.. e qui… – disse indicandomi i messaggi di lui.
– Te lo ripeto… lui non li ha proprio letti i tuoi messaggi se ti risponde cosi! –
– Allora è stronzo! –
– Più pigro che stronzo… –
– Non ci tiene allora… –
– Sara… io non lo so… perché non le scrivi a lui queste semplici frasi? –
– eh… sembra facile! –

E in effetti non lo è. Non lo è mai esprimere i propri sentimenti alle persone. Soprattutto a quelle a cui si vuole bene.
Ritornai in camera sorridendo, non per suoi dispiaceri, ma perché Sara era tornata a confidarsi con me. A parlarmi come amico e come coinquilino.
Tutto era davvero tornato come prima.

 

 

 

Frammenti di vita #82

casa annalisa

triiiinn

Suono il campanello

Dopo pochi secondi sento i passi di quella che sicuramente sarà Annalisa. Mi apre.
– Ciaoooo – mi abbraccia forte.
Il suo saluto è sempre il più caloroso.
– Ma cos’è sta barba! – mi chiede subito.
– Sai che non me la taglio quando ho gli esami… –
– Sembri quello di coast away! –
– Mi manca solo un amico immaginario con cui parlare – rispondo.

Mi lascia solo.
Mi accomodo sul divano. La sorella è in cucina. Saluto anche lei.
Guardo la casa…
E’ una bella casa in uno di quei vecchi viali milanesi. Mi sarebbe piaciuto abitarci.
Insieme ad Annalisa poi…
Il prototipo della perfetta coinquilina.

– Ciro! Ho una grandissima novità! –
– Su amazon hanno iniziato a vendere cibi bio? –
– No! Stasera si tromba!! – disse battendomi il 5.
– Che signora che sei! La femminilità dove l’abbiamo lasciata? Su! Un po’ di contegno! – dissi con sarcasmo.
– Non rompere! –
– Su.. dimmi.. chi è il fortunato? –
– Un tipo strano.. ma simpatico.. ancora niente di serio.. anche se vorrei… bah.. chi li capisce sti maschi… –
– Chi ti capisce a te! Sei la persona più socievole ed estroversa del mondo ma a volte fatico a capirti anche io! – dissi.
– Eh lo so cì… cioè lo so… ma non lo so… –
(mano sulla testa)
– Vedi di farglielo capire stavolta a questo tizio cosa vuoi! –
– Vedrò… intanto aiutami a scegliere cosa mettere stasera! –
– Eh? Mi hai preso per il tuo “amico gay”?!?! –
– Scemo dai! Aiutami! Tu sei l’unico che mi dice davvero come sto! –
– Si ma il mio cinismo va usato solo in ambito eterosessuale! –
– Aspettami qua! –

Accesi la tv, mentre Annalisa si cambiava nell’altra stanza.
Voleva far bella figura stasera con il ragazzo di turno.
Forse ci teneva davvero a questo ragazzo. Forse non era una storia passeggera…
– Allora come sto? – disse presentandosi sull’uscio del salotto.
– Bene.. bene….  la camicetta è orribile… ma il resto va bene… –
– Dai Ciro! Questa è di lino! l’ho presa in una boutique… non capisci niente! – rispose e tornò a cambiarsi.
Sorrisi. Questo gioco sembrava divertente.
Annalisa tornò subito dopo con una maglietta nera.
– Stai scherzando vero? – le dissi serio.
– Perché!? –
– Vai di la e togliti quella cosa! Non hai più quindici anni! Su! –
– Ma l’ho presa ad un concerto! Mi piace! –
– E tu la vorresti mettere per uscire fuori a cena con un ragazzo? –
– Uff… –

La vidi andarsene. Sorrisi di nuovo.
Cercavo di capire cosa passasse nella testa di quella trentenne.
Ogni tanto se ne usciva con strane pazzie…
Conoscevo tutti i suoi “amori” iniziati e poi sempre sfumati. Ogni volta mi raccontava e concludeva con – Ciro… che devo fare? –
E ti piange il cuore quando gli occhi della persona più solare del mondo s’intristiscono.
“Ti devi fermare Anna… tu vuoi viaggiare… stare in giro… prendere e partire da un giorno all’altro… in qualsiasi momento e con chiunque…
capisci che è difficile costruire una storia con una che sparisce per una settimana perché sta in Thailandia con qualcuno conosciuto alla fermata del tram?
… quindi… o ti fermi… o trovi qualcuno che ti segua…” le dissi quel giorno.
Erano parole dure… ma che solo io potevo dirle.
Spero che le abbia capite.

Usci di nuovo dalla camera da letto.
– Come sto? –
– Bene… stai bene… così lo stendi! –

Dissi… anche se, nella mia mente giravano mille ipotetici difetti. Ma per questa volta… lasciai perdere…

 

Frammenti di vita #73

ciro studio letto

 

Riassunto delle ultime puntate….

La Coinquilina Perfetta #3

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La casa era un fermento di andirivieni dal bagno. Le ragazze si stavano preparando per la serata che di lì a poco stava per cominciare. Stranamente ero partecipe anche io di questo avvenimento. Mi avevano invitato ad un aperitivo per festeggiare la fine delle vacanze estive e il ritorno in terra milanese di tutti e tre. Carmen si stava truccando davanti allo specchio nell’ingresso; Sara era nel bagno a far la medesima cosa con lo specchio sul lavabo; ed io ero seduto in cucina, già pronto per uscire.

“Scrivigli Sara!” dissi.
“Noo!” rispose.
“Dai scrivigli… si aspetta quello…” incalzai.
“No! Ho detto di no e no!”

Il tema della serata però, non era l’uscita: una vecchia fiamma di Sara era tornata a Milano e lei, anche se non l’avrebbe ammesso mai apertamente, voleva incontrarlo e parlargli.
“Carmen tu cosa ne pensi? Dovrebbe scrivergli?”
“Ehm… sì… perché no… alla fine non ti costa niente…” rispose dalla camera da letto.

Come si nota la confidenza reciproca era aumentata. Con i coinquilini passati non mi ero mai intromesso in queste situazioni. Lasciavo che i problemi degli altri rimanessero di proprietà dei legittimi proprietari. A me non importava. Con quelle ragazze invece, stava mutando tutto… Io stavo cambiando. In particolare, Sara (Carmen un po’ meno…) si fermava spesso in cucina a parlare con me. Mi raccontava tutto. Ero diventato un suo confidente. Non c’avrei mai scommesso il primo giorno che l’ho vista. Pensavo perfino che non lo avesse proprio un cuore una persona così pragmatica e decisa. E invece s’era infatuata, qualche mese prima, di questo ragazzo milanese, e ho sempre cercato di darle qualche consiglio da buon amico.

Presi il telefono che aveva poggiato in cucina e lo portai in bagno da lei. Glielo misi davanti agli occhi e dissi perentorio: “Scrivigli… almeno ti metti l’anima in pace… e sai se ci tiene ancora a te…. O no!”
Sara smise di truccarsi. Sospirò guardando il telefono e disse rassegnata: “Ok… gli scrivo…”

Più tardi, tra una corona e una ceres eravamo seduti sull’asfalto di piazza San Lorenzo. Le famosissime colonne a fare da sfondo e intorno, un mare di gente, seduta a terra come noi.
Sara aveva uno sguardo triste, era giù di tono. Non aveva la solita parlantina logorroica che faceva da sottofondo alle nostre serate. Si vedeva che era pensierosa; e il pensiero lo conoscevamo bene anche Carmen ed Io li vicino: “Non ha ancora risposto?” chiese Carmen.
“No… ma non ci spero più… mi avrà ignorata…” disse Sara.
“Ma dai… quello starà in giro con gli amici… vedrai che appena prende in mano il telefono ti risponde…”

Poco dopo ci spostammo in direzione della metro. Arrivammo a S. Agostino e scendemmo le scale. Ci sedemmo. Ero assorto nelle solite pubblicità di vestiti appese ai muri della metro.
Improvvisamente mi accorsi che Sara, accanto a me, aveva in mano il cellulare e stava leggendo un lunghissimo messaggio. Capii subito che non era niente di buono. Poi le lacrime di Sara me ne diedero la conferma. Fu una botta al cuore anche per me. Rimasi a bocca aperta. Quasi shoccato. Vedere quegli occhi glaciali trasformarsi in fragili cristalli mi devastò.

“Sara… cosa….”
“Niente… non dovevo scrivergli… non dovevo!”
Mi parlava con le lacrime agli occhi. Non sapevo che fare… volevo aiutarla ma…

forse avevo già fatto troppi danni.

 

Continua…

Frammenti di vita #33

Ciao Casa…
Torno a Milano a combattere col mondo..
Grazie della tranquillita’ che mi hai regalato..
Ci vedremo al prossimo natale…
Forse…

“Che vento che tira
taglia il respiro spinge un po’ in là
forse ci vuol cambiare
mi sa che non ce la farà
Mi riesci a sentire
in questo rumore?
Vieni un po’ qua
fammi sentire il mare
al centro di questa città
Tu sai che ciò che so
sai la vita che ho
riparati un po’
forse ti piove dentro
usa la casa che ho
Fino a che
tutte le strade portano a te
lascia che piova pure
prendiamo il sole che c’è
Fino a che
tutte le strade portano a te
non ci si può sbagliare
prendiamo il tempo che c’è…”

Frammenti di vita #30

Natale 2014
Forse ce la faro’ a completare questa casa!

Frammenti di vita #18

Frammenti di vita 18

La mia coinquilina sta cercando in tutti i modi di convincere l’altra coinquilina ad andare a budapest con lei.

Per far ciò ha attaccato, in giro per la casa, post-it minatori-motivazionali.

Storia di una casa (#41)

Storia di una casa #41 Blog

2007/2008

– 41 –

–  …E poi c’è Fightclub, lo adoro! E’ uno dei miei film preferiti! –
–  Sì! L’ho visto! Mi è piaciuto un sacco! –

Aprii con molta calma il portone di casa. Entrai per primo. Floria mi seguiva, trascinando con sé il suo grosso trolley. Sembrava stanca e provata dalla lunga giornata. Depositammo le valigie nella sua camera coricandole sul pavimento parquettato. La vidi dirigersi subito verso la finestra e spalancarla. Volle cambiare aria a quella camera che per lunghi mesi era stata chiusa. Si tolse il lungo cappotto e lo depositò sul divano. Osservai l’indumento e pensai che gli si dovesse dar merito per aver nascosto con così tanta cura un fisico che, altrimenti, non sarebbe passato inosservato.
Oggettivamente, Floria aveva un bel corpo. Gambe lunghe e fianchi stretti impreziosivano il suo portamento slanciato. Indossava un paio di jeans scuri, sotto a una maglietta beige in cotone a maniche lunghe. Le sue esili mani, con unghie ben curate erano già intente ad aprire una delle due grandi valigie sul pavimento. Non voleva darla vinta alla stanchezza quella sera. Nel frattempo, avevo preso posto su uno dei due letti e le stavo raccontando qualcosa di me. Lei mi chiese, con distratta curiosità, quanti anni avessi, mentre poggiava il primo maglione sul ripiano dell’armadio.
– 20 –
Improvvisamente si girò verso di me, come se quella risposta l’avesse spiazzata.
– Non l’avrei mai detto! Pensavo fossi più grande… – disse.
– Beh… forse la barba incolta e l’aspetto trasandato possono averti deviato… – buttai lì, ironicamente.
Abbassai lo sguardo silenzioso e, fissando i tasselli del parquet, cercai qualcosa da dire. Floria continuava il suo lavoro di svuotamento della valigia, quasi incurante che io fossi lì vicino.
– Tu, invece? Quanti anni hai? – chiesi.
– 25 –
– 25? Caspita! Nemmeno io l’avrei mai detto! –

In realtà, al contrario di ciò che pronunciai, la mia esclamazione sarebbe dovuta essere: “Caspita! Sei più grande di me!” per renderla più simile a ciò che davvero pensai in quel momento. Non volli sprigionare il mio vero pensiero per non rendere la situazione più strana di quanto già non lo fosse. Mi sentivo in difficoltà. Il mio rapporto con ragazze più grandi di me, fino ad allora, s’era limitato a casi sporadici. Diciamo che, l’universo femminile da me conosciuto non andava oltre la mia età. Al di là del quale c’era un vuoto totale. Mi sentivo disorientato. Non sapevo come rapportarmi, quali cose dire o quali comportamenti evitare per non sembrare infantile. Però, nonostante tutte le mie inutili paranoie, la cosa mi affascinava. Avrei potuto studiare il suo carattere in segreto e carpire qualcosa in più sulle donne.

Floria si girò verso di me e mi chiese:
–  Hai già cenato? –
–  Veramente no… –
–  Ho visto che qui sotto c’è Pizza Mundial… ti va se scendiamo a prenderci una pizza? –

Accettai subito il suo invito. Non dico mai di no a chi mi offre di mangiar fuori o di bere una birra. M’infilai rapido il cappotto mentre Floria mi aspettava già sul pianerottolo. Chiusi la porta a chiave senza badare che, tra lenzuola del letto, il mio cellulare aveva iniziato a squillare…

continua…

Storia di una casa (#38)

Storia di una casa 38 copia

 2007/2008

– 38 –

Il citofono suonò.
L’ansia da poco messa da parte, tornò, ribelle, al proprio posto. Il forte suono del citofono, aveva rotto ogni silenzio casalingo, diffondendosi in tutte le stanze. Appoggiai la mia tazza di tè sul tavolo e andai a rispondere. “Spero sia lei…”
– Sì? –
– Salve, sono la ragazza che ha chiamato per l’annuncio… –
– Sì certo… sali pure… –
– Ehm… dove? –
– Ah… scusa… scala A, piano quinto! –
– Grazie –
Appesi il citofono e cominciai a guardarmi intorno come a voler cercare qualcosa fuori posto. Ma tutto era in ordine, eccetto la mia mente che era un groviglio di pensieri ansiosi:
la proprietaria che aspettava mie notizie; la mia ragazza che mi guardava male dalle foto; mio padre che non sapeva ancora niente della tragica situazione; e poi c’era lei… la ragazza che stava salendo in ascensore.
“Ah! La porta! Dove sono le chiavi?!”
Corsi in camera e afferrai al volo le chiavi sulla scrivania. Tornai nell’ingresso e aprii il portone in velocità. Mi fermai sull’uscio a osservare l’ascensore che stava per arrivare. Sapevo che dalla piccola finestrella sulla porta avrei potuto intravedere il volto della ragazza. Ero curioso. M’ero delineato in mente la possibile fisionomia della persona associata alla voce. “Chissà se anche questa volta, il mio istinto c’ha azzeccato”

L’ascensore lentamente arrivò. Allungai il collo per vedere meglio nella finestrella e scorgere la misteriosa ragazza. Vidi dei capelli e poi nulla più. La ragazza aprì la porta dell’ascensore e uscì di schiena per chiudere le porte interne. Poi mi vide e si girò. Sfoggiò un gran bel sorriso. Ci fu un attimo d’imbarazzo, almeno per me, poi mi porse la mano.
–       Ciao, io sono Floria –
–       Piacere, Ciro –
–       Questa è la casa dunque, posso entrare? –
–       Certo, vieni… –
Le feci strada nell’ingresso e chiusi il portone dietro di noi. Attesi qualche secondo che lei terminasse il suo ampio giro con lo sguardo. Aveva una bella espressione, non certo delusa, segno che la casa le stava piacendo. Ruppi il silenzio indicandole la porta della camera in affitto.
–       Carina! –
Le raccontai qualche dettaglio dello scorso anno. Vi aveva abitato un ragazzo che poi era andato via. Lei non sembrava interessata ai miei discorsi. Era entrata nella camera come se fosse stata già camera sua. Mentre le spiegavo i dettagli dell’annuncio, osservavo il suo fisico longilineo che si muoveva per la stanza. Passò accanto ai letti e ne tastò la morbidezza. Diede un occhio all’armadio e poi si sedette sul divano cigolante. Sembrava soddisfatta.
–       Ti mostro il resto della casa? –
–       Sì… comunque la camera mi piace parecchio! –
–       Mi fa piacere. Beh… le condizioni te le ho spiegate. So che è tanto affittare una doppia da sola… –
–       No, dovrei parlarne con una mia amica. Se le va bene, la prendiamo insieme. Prenderla da sola è una pazzia, costa troppo! –
Restai interdetto per qualche secondo poi tornai alla realtà. Quella ragazza continuava a mandare in tilt il mio cervello. L’ipotesi di due ragazze non mi aveva nemmeno sfiorato.
–       Bene! Fammi sapere il prima possibile. Io intanto ne parlo con la proprietaria. –

continua…

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