Seicentoventi (I)

Chiavi Ducati Monster 620

1.

 

La pallina rossa volteggiava nell’aria per poi finire nella mia mano. Girovagavo per la stanza pensieroso. Ero a Milano da pochi giorni e già sentivo il peso della solitudine sulle spalle. L’estate era finita, e, bene o male, qualche cosa di divertente s’era pur rimediato.
Mi sedetti a gambe incrociate per terra continuando a far rimbalzare la pallina sul pavimento.
Non mi sentivo soddisfatto. Avevo gli occhi spenti e l’anima che pulsava come una tenera fiammella al vento, invece di ardere di passione come il suo solito. Avevo una strana angoscia interiore che cercavo di debellare.
Voglia di vivere zero.
Voglia di pensare tantissima.
Guardai le pareti della mia stanza. L’avevo tassellata di fogli appiccicati con lo scotch. Grafici di borsa, tecniche d’investimento, notizie economiche importanti…
Il mondo della borsa mi ha sempre affascinato. E’ un mondo che studio da quando avevo diciotto anni. Cominciò come un gioco e poi cominciò a piacermi giocare con i soldi. Purtroppo in questa società devi rispettare le regole e le regole dicono che devi avere una laurea per far capire agli altri quello che già sai fare. Mi avvicinai a una parete. Era affisso un vecchio grafico dell’andamento del petrolio. Sorrisi nel vedere la quotazione del 2007 prima della crisi. Non ci voleva un genio per prevedere tutto il casino che abbiamo vissuto. Purtroppo nessuno guarda i grafici… sappiamo solo lamentarci!
Afferrai quel foglio e lo strappai dal muro. Strappai anche quello a fianco e l’altro ancora.
Maledetto tempo… ne avessi un po’ di più…
Quell’anno mi ero deciso ad abbandonare la borsa per dedicare più tempo ai miei esami universitari.
Tristezza…
Mi buttai sul letto, circondato dalla miriade di fogli che avevo strappato dai muri.
La mia vita doveva cambiare. Niente più mattinate a scannarci sui mercati. Si passava alla vita dello studente pendolare.
Tristezza…
All’università avevo già dato gli esami più belli, restavano solo quelli noiosi e rognosi prima della laurea. E dovevo darmi una mossa.

Mentre ragionavo sulla mia vita, squillò il cellulare.
Un messaggio.
Mi rigirai nel letto scricchiolando tra i fogli. Allungai una mano per raggiungere il comodino. Afferrai il Blackberry e lessi l’email che m’era arrivata. Era una di quelle email pubblicitarie di annunci. Scorsi la lunga lista di annunci milanesi senza troppa attenzione per poi spegnere e ributtare il cellulare sul comodino.
Rituffai la testa tra i cuscini. Lasciai una mano penzolante a picchiettare il comodino. Respiravo lentamente fino a quando, all’improvviso, ebbi un lampo nella mente. Il cuore iniziò a battere, la fiamma dell’anima si riprese e alzai di scatto la testa per fissare il cellulare. Con un rapido gesto lo afferrai e mi misi a sedere sul letto. Riaprii l’ultima email e la lessi più attentamente. Tra gli annunci ce n’era uno che m’interessava parecchio. Lo lessi.
Cavolo! E’ fantastica! Devo averla!
Alla fine dell’annuncio c’era scritto che scadeva quel giorno. Guardai l’orologio:
19:36
“Chiamalo!” Mi urlò l’istinto.
“Ma ti sei ammattito?” Urlò la mia coscienza.
Così presi da parte istinto e coscienza e gli dissi: mettetevi d’accordo ragazzi!
Dopo una breve colluttazione vinse l’istinto.
Composi il numero frettoloso.
–  Pronto Massimo? –
–  Sì, mi dica… –
–  Ho letto il suo annuncio e… –
[…]

–  Bene… sembra tutto a posto! – gli dissi.
–  Solo che, come hai letto, domani non sarà più disponibile. Quindi, posso fartela vedere solo stasera, se per te non è un problema. – continuò il tipo dell’annuncio.
–  Nessun problema Massimo! Ci vediamo stasera sotto casa mia! –

 

 

continua…

Weekend finanziario (VI)

Weekend Finanziario 6

Una delle ragazze di quella sera credeva fossi un modello! Mah…

Ultimo giorno, mattina della partenza

Oltrepassata la robusta porta in legno di ciliegio, sigillata da una chiusura a chiave magnetica, si entrava in una delle stanze del quinto piano, vista mare, di un mediocre albergo Riminese. Per terra, sulla moquette blu notte a pois dorati, c’erano disseminati una miriade di capi d’abbigliamento stropicciati in un susseguirsi continuo fino ai piedi del letto. Una scarpa destra, con ancora i lacci legati in un classico e inconfondibile doppio nodo faceva la guardia all’ingresso, sperando di rivedere, prima o poi, la sua gemella sinistra. Subito dopo, antistante la porta del bagno, un giubbotto di pelle nero era adagiato a terra. Girato di spalle e con le maniche allungate, sembrava un soldato morto sul campo. Più avanti, tra un calzino e una maglietta si arrivava al letto, da cui sbucava, dal lato sbagliato, un piede nudo. Un ragazzo dormiva scompostamente lungo la diagonale di un letto matrimoniale. Percorrendo tutta la sua figura inanimata, si potevano confrontare i pezzi del puzzle di vestiti che non erano sulla moquette in modo da ricostruire l’abbigliamento originale. Tutto sembrava tranquillo, fino a quando, l’indice della mano sinistra non emise una sorta di breve tic

Ero in un luogo buio, con musica assillante e luci intermittenti. Seduto su un divanetto, conversavo con diversi ragazzi di assurde politiche economiche. In una mano avevo un cocktails e con l’altra carezzavo la pelle bianca del divanetto a due posti. Stranamente però, non sentivo la liscia consistenza della pelle sotto le dita. Al contrario, percepivo una sensazione di ruvidezza, come se la pelle fosse in realtà stoffa. Continuai a giocare con la mano sul bracciolo, isolandomi dal resto della scena. Non riuscivo a comprendere la strana alterazione sensoriale tra vista e tatto fino a quando il mio dito non incontrò un disegno in rilievo che, sul divanetto in pelle bianca dell’oscuro locale, non c’era.
Fu allora che aprii gli occhi e vidi la mia mano sinistra che strusciava sul copriletto del materasso matrimoniale della mia camera d’albergo. Lentamente continuai a delineare i bordi del fiore disegnato sulla stoffa per ristabilire il connubio tra vista e tatto.
“Era un sogno” pensai, poi sopraggiunse il mal di testa e il sogno non fu più una spiegazione plausibile.
Mi alzai, mettendomi a sedere. Mi resi conto di essere ancora, stranamente, vestito. Metà dei quali però, erano sul pavimento. “Cosa diavolo è successo?”. Tolsi l’unica scarpa che avevo per liberare l’altro piede ancora imprigionato dal mio classico doppio nodo. Mi spogliai completamente dai vestiti sgualciti e li buttai per terra insieme con gli altri. Passai davanti allo specchio a muro della camera. Volevo controllare se era tutto al proprio posto, poi mi buttai sotto la doccia.

Uscii dal bagno ancora tutto gocciolante, con un asciugamano bianco legato in vita. Con un altro asciugamano mi frizionavo i capelli umidi finché il mio sguardo non fini su un piccolo pezzo di carta sul comodino. Qualcuno aveva scritto qualcosa a penna e l’aveva lasciato lì, in bella mostra. Lo presi con le mani ancora umide e notai che era lo stesso bigliettino che mi aveva dato il tassista la sera prima e che io avevo conservato nel portafoglio. Lo lessi:

“Fantastica serata Ciro,
La prossima volta meno alcol però eh!
Ti abbiamo riportato noi in albergo…
Chissà! Ci si rincontrerà prima o poi!
Addio!”
Incredulo lessi e rilessi ancora quel bigliettino. “Chi cavolo sono questi?! E cosa cavolo ho fatto ieri sera?!” I miei pensieri non si davano pace alla ricerca di una risposta. “Come hanno fatto a riportarmi qui?”. Guardai sul comodino e vidi la chiave magnetica della mia camera con su scritto il nome del mio hotel. “Sicuramente usando quella…” pensai.
Guardai l’orologio e capii che non avevo tempo da dedicare alla ricerca dei ricordi perduti. Di lì a breve avrei avuto un treno che mi avrebbe riportato a Milano. Dovevo sbrigarmi per non perderlo. Mi rivestii in fretta e preparai la valigia. Fortunatamente non mancava niente. Quei ragazzi che mi avevano accompagnato, dovevano essere dei bravi ragazzi. Diedi un ultimo sguardo alla stanza e scesi nella Hall.
Alla reception c’era una ragazza dai capelli bordò. Mi diede un’occhiata mentre m’avvicinavo e mi face un sorrisino. Di solito, i receptionist sono sempre a conoscenza di ogni cosa avvenga nel proprio albergo. Ce l’hanno nel codice genetico come le portinaie o i barbieri. Ero tentato dal chiederle qualche notizia su ieri sera. Ma, a guardare quei dolci occhi maliziosi, mi vergognavo miseramente a chiederle come dei tizi sconosciuti mi avessero trascinato in camera la notte prima. Sicuramente avrà visto, se non lei, qualche collega. Pagai. Mi rifilò il resto condito dal solito sorrisino. Uscii dall’hotel con metà della coda tra le gambe. Per qualche strana e insulsa ragione malinconica, preferii fare a piedi il tragitto fino alla stazione, invece di prendere il taxi.

Venne a piovere come se non ci fosse stato più un domani.
Corsi per ripararmi sotto un balcone. La stazione era a pochi metri ma non potevo superare la colonna d’acqua che veniva dal cielo. Osservai Rimini… la fantastica città teatro di mille avventure. Solo e stanco mi appoggiai al mio trolley con l’acqua che veniva giù a pochi centimetri dal mio naso. Dal balcone sopra di me sembrava che ci fosse una cascata che veniva giù da chissà dove. Vedevo l’immagine della stazione come attraverso una gigantesca bottiglia di vetro trasparente. Ombre e bordi sfocati. Passanti anonimi. Vento… Mi sentivo impotente davanti a quell’onda invisibile di ricordi che mi stava travolgendo. Vedevo dinanzi a me il piccolo Ciro diciassettenne che, con la sua cartella Seven, usciva dalla stazione di Rimini. Tutto era sfocato… proprio come il ricordo… proprio come la pioggia. Il mio volto sorridente nel rincorrere i miei amici più grandi che mi avevano trascinato con loro in una magica vacanza. In testa nessun pensiero e sulle spalle chili di alcol… Sorrisi. Pantaloni larghi, canotta… il caldo asfissiante di quei giorni. In testa mille ragazze. Molte sbagliate… molte sofferte. Delusione. Osservavo il mio alter ego fantastico camminare a stento. Le scarpe erano di una misura più grande e a volte inciampavo nei gradini. I miei amici attendevano al di là del marciapiede. Avevo paura di attraversare la strada con quel pesantissimo zaino. Guardai a destra e poi a sinistra proprio nella mia direzione… ci fissammo. Io e il ricordo di me. Sotto la pioggia, dietro un muro d’acqua trasparente.
E il ricordo svanì…
Come la pioggia che si dissolse…
Uscii dal mio riparo e camminai verso la stazione.

Guardai un attimo la lunga via che portava diritta al mare.
Cos’è successo? Dove son finiti i miei sogni?
Tutti rotti…
Solo uno son certo di averlo realizzato:
Veder spuntare l’alba sul mare di Rimini…

Perché gli altri ho smesso di realizzarli?

Fine

Weekend finanziario (V)

Rimini ruota panoramica-56

Foto: Ruota Panoramica Rimini 2013

La fresca aria di fine maggio entrava da uno spicchio di finestrino lasciato aperto dal signore in taxi seduto davanti a me. Il tassista spense la radio e con fare calmo si districò da un piccolo ingorgo all’incrocio con la via principale. Di solito i tassisti son di due tipi: estremamente loquaci o estremamente silenziosi. Quello che mi era capitato quel giorno era del secondo tipo. Quindi, sia io che lui apprezzavamo il per niente imbarazzante silenzio che si era venuto a creare. Purtroppo però, non era dello stesso avvisto il signore a cui avevo dato, per modo di dire, un passaggio. Il nostro silenzio veniva continuamente stralciato con i suoi commenti futili o il continuo descrivere di ogni suo movimento.
Questo qui ha proprio voglia di parlare. Pensai mentre giochicchiavo con il cellulare.
–       Mi chiamo Alberto. – disse rivolgendosi dietro, verso di me, per darmi la mano.
–       Ciro… piacere. –
–       Anche tu all’ITforum? Come sei giovane! –
–       Mi porto bene i miei 26 anni… che non sono pochi… –
–       Beh… rispetto ai miei 56. Ce ne passa! –
–       Li porta bene anche lei. – ora faccio il galantuomo con tutti?
Alberto seguitò a parlare chiedendomi di sfornargli qualche dettaglio in più sulla mia alquanto breve vita. Capii che le sue erano semplici domande di cortesia quando, di punto in bianco, nel bel mezzo di una mia risposta, iniziò a parlare di sé.
Raccontò che la passione per il trading gli era venuta da qualche anno, quando un fantomatico professorone di una nota città gli aveva fatto conoscere i Certificates.
Quanto sentii quella parola portai gli occhi al cielo, scuotendo la testa in senso di disapprovazione. Approdare nella finanza con prodotti, in apparenza semplici ma dalle dubbie qualità, non la ritengo una scelta saggia. Ovviamente Alberto, seduto sul sedile passeggero, non vide il mio gesto e seguitò a decantare le qualità del prodotto all’ignaro tassista che annuiva compiaciuto. Alberto gli stava trasmettendo la speranza di ricchezza che gli aveva trasmesso qualche guida letta per caso su internet.
Quando iniziò a elencare i diversi Certificates che aveva intenzione di comprare o peggio, che aveva già comprato, trovai la conferma alla mia sempre presente teoria che la borsa dovrebbe essere interdetta agli incapaci, un po’ come si vieta di guidare ai ciechi.
Alberto era inarrestabile e il tassista sempre più incuriosito.
Ma alla frase: – Non capisco perché le persone non acquistino questi prodotti sicuri invece di altri… – decisi di intervenire.
–       Signor Alberto, mi scusi se mi permetto, ma per il mio modestissimo parere, i Certificates, sono un grande specchietto per le allodole, nella maggioranza dei casi. –
Alberto si girò per guardarmi in faccia e scrutare qualche smorfia di scherno. Invece ero serissimo e stavo cercando di evitargli qualche errore finanziario futuro.
–       Ad esempio quel Certificates sull’indice FTSE che se tocca i 18000 entro settembre e bla bla bla, è una grossa presa per il culo! Se uno guarda un minimo il grafico dell’indice, può capire subito che l’Italia dovrebbe fare i salti mortali per arrivare a quella cifra! Quindi quel Certificates non pagherà mai! –
Alberto continuava a fissarmi stranito e anche il tassista l’avrebbe fatto se avesse potuto. Continuai il mio discorso con:
–       …per non parlare dei Certificates sul prezzo delle azioni! Ah… quelli sì che mi fanno sganasciare! Cioè, LEI Banca mi vende un Certificates sul prezzo delle SUE azioni, quando a LEI banca basta uno starnuto per influenzare la quotazione e quindi annullare tutto? –
Il taxi era arrivato a destinazione. Il signor Alberto guardò la stazione di Rimini davanti a se. Era visibilmente rimasto scioccato dalle mie dure parole di critica. Voleva controbattere per continuare il discorso. Purtroppo il tassametro scorreva ed io continuavo a fissarlo.
–       Dia retta a me… lasci perdere quei cosi… – gli dissi mentre stava per scendere.
–       Mah… – pronunciò flebilmente.
–       …e buon viaggio! – lo congedai e il taxi ripartì.

Il tassista, trovatosi ormai in confidenza, scambiò con me ulteriori commenti sull’economia in generale, sulla recessione e sull’incerto futuro italiano. Ovviamente anche lui aveva la solita visione distorta e amplificata dai media che porta tutti al malcontento. Mi limitai ad assecondarlo per non alimentarla, cercando disperatamente una scorciatoia per cambiare discorso.
–       Dove posso andare stasera? – gli chiesi, – Dato che sono da solo qui a Rimini? –
–       Beh… un posto molto carino e molto vicino al tuo Hotel è il Coconuts… –
–       Interessante… cos’è? – chiesi
–       Una discoteca molto famosa. E’ sempre pieno la sera, ci va parecchia gente, anche in questi periodi. –
Vidi il profilo del mio albergo sempre più vicino. Il taxi era giunto a destinazione. Afferrai la borsa e pagai il tassista.
– Tieni, prendi questo, è il bigliettino del locale… così non ti perderai! –

Weekend finanziario (IV)

Weekend finanziario 4

Il corridoio principale era un fiume di gente con facce spente, ammaliati dai finti sorrisi delle hostess e dalle luccicanti promesse finanziarie dei promoters. La poca euforia era mendicata in un’economia al collasso. I grafici su tutti i monitors non mostravano nessun futuro roseo per noi. Finanziariamente parlando, ci trovavamo nell’occhio del ciclone. Una sorta di limbo tranquillo in un cerchio di tempesta. Mentre fuori regnava la crisi, noi restavamo sospesi grazie alla liquidità fittizia emessa dalle banche centrali. Prima o poi però, questo artificioso aiuto sarebbe finito e se ogni stato non avrà costruito un paracadute decente in tempo, cadremo tutti rovinosamente al suolo, di nuovo.
Per noi italiani, questo paracadute era stato costruito con IMU, con i tagli alle pensioni, la riforma del lavoro, l’aumento dell’IVA, ecc… C’è costato molti sacrifici, ma sembrava reggere. Essendo però, un popolo che vuole cambiare governo con la stessa frequenza con cui cambia cellulare (2 anni), siamo andati a votare e:
Bye bye paracadute! Meglio legarsi un’incudine al collo!
C’è da farsi delle serie domande sul livello d’istruzione in Italia, dato che continuiamo a mandare al governo degli incompetenti che l’unica cosa che sappiano fare è indorarci la pillola per farcela ingoiare. Proprio come stava facendo il tizio davanti a me, intento a vendere i propri prodotti finanziari.
Ogni stand aveva il suo spazio delimitato nella sala e, all’interno di esso, di solito, si svolgevano 2 tipi di attività: la parte commerciale rivolta alla vendita e apertura conti; e quella seminarista, dove un commentatore spiegava i concetti base della borsa. Ogni anno era tutto un dire e spiegare le nuove tendenze.
Come per i capi, di vestiario anche la finanza ha le proprie mode. Gli anni scorsi andavano di moda i CFD, come dire: camicie a quadri di flanella, sembrano maglioni ma non lo sono. Analogamente i CFD sembrano azioni, ma non lo sono.
Qualche anno più indietro fu la volta degli ETF, i cardigan femminili dei fondi comuni: una sorta di maglioncino che non si sa se vuol essere una felpa o una maglia. Gli ETF, infatti, hanno la caratteristica di non saper di niente e copiano il proprio indice di riferimento.
Quest’anno invece, sembrava andare molto di moda il trench, ovvero l’impermeabile elegante, i Certificates. Il trench ripara dalla pioggia e i Certificates dai rischi del mercato.  Disponibili in tutte le colorazioni, taglie, costi, rischi, cap, floor, indici, azioni, obbligazioni…
Le inventavano proprio tutte per darci l’illusione di garantirci un investimento sicuro. La verità invece è, che se resti ore e ore sotto una pioggia incessante, non c’è trench che tenga o Certificates che ti garantisca! Ma la gente proprio non vuole capirlo…
Parlare delle care e vecchie azioni, invece, è come sfociare nel vintage. Tutti ad esaltarne i terribili difetti e mai nessuno che ricordasse che, alla base di quasi tutti i prodotti finanziari ci son sempre e solo loro. Quindi, perchè non mangiare una mela, invece di un succo al gusto di mela? Mah… Capirò prima o poi come ragiona la gente… pensai amaramente.
Continuai a gironzolare tra gli stands. Mi sentivo un’anima solitaria. A volte mi fermavo per scambiare due chiacchiere con qualche promoter per esaltare i difetti dei prodotti che vendevano. Era il mio sport preferito!

Cercavo, osservavo, ascoltavo…
Gente che vendeva “merda” esaltandone doti e qualità. Gente che esclamava “mmm buona! Compriamo!” con un’enfasi mai vista. Tutto alimentava il mio stupore di fronte a tanta ignoranza. Davvero la finanza è questo? Un continuo fregare il più ingenuo? Spero di no. Non ci sono portato a fregare. Dovrei fare un Master in fregatura per imparare il mestiere. Vedevo tutti quei volti apparentemente felici. Illusi da possibilità irrealizzabili. Anch’io ero così i primi tempi? Purtroppo sì. M’illudevo anch’io… e finii per sbattere contro la dura realtà. Nessuno ti regala e ti regalerà mai niente.
Iniziai a provare una profonda tristezza nel pensare a tutte quelle persone che avrebbero fatto la mia stessa fine. Avrebbero perso il loro sorriso per trasformarsi in automi alla continua ricerca della felicità. “La finanza non è una banalità! Non illudetevi di risolvere così i vostri problemi economici!” Volevo urlare a tutti quelli che continuavano a dire che fosse alla portata di tutti. Ci vogliono anni di apprendimento, di pratica, di studio…
Invece no, basta un libro secondo loro… un paio di corsi… qualche riga buttata su un grafico… et voilà il trader perfetto. Bello… e allora perché io ci ho messo 6 anni, studiando una pila di libri più alta di me?
Sospirai, constatando che quel luogo non aveva più niente da offrirmi…
Così, piano piano e in silenzio, abbandonai la sala. Con la giacca in mano e la borsa in spalla, guardai il sole coperto dalle fitte nuvole. Mi diressi verso il primo taxi che trovai parcheggiato. Salii dietro, poggiando tutto sui sedili di pelle. Controllai il cellulare mentre aspettavo che il tassista girasse intorno alla macchina per salire.

–  Dove andiamo? – mi chiese pigiando tasti ignoti.
–  In via…. –
–  Aspetta Aspetta! – un signore affacciandosi al finestrino m’interruppe. – Va alla stazione? – chiese al tassista. Il tassista si girò nella mia direzione trascinando con sé anche lo sguardo del signore e finirono entrambi per fissarmi.
–  No… torno in hotel… non penso che… –
–  Ah… mi scusi… l’ho vista salire con la borsa e ho pensato che andasse alla stazione. – disse, mentre stava per allontanarsi.
Voleva dividere il taxi… pensai… beh, alla fine non è un problema far un po’ di strada in più…

–  Aspetti! Salga lo stesso! Passiamo dalla stazione e poi vado al mio Hotel… – dissi dal finestrino al buffo signore brizzolato.
Mi fece un sorriso che mi piacque e che se fossi chiamato a dargli un valore, non saprei proprio che calcolo fare…

Weekend finanziario (III)

Weekend finanziario 3-46-2

Foto: Piattaforma multimonitors Banca Sella

Rosso… Tutto decisamente e profondamente in rosso!

Giornata negativa.

E la colpa non era nemmeno nostra. Il vento di negatività arrivava dall’oriente. Dal Giappone. Tokio ci stava dando delle belle grane. Lei e la sua politica monetaria “stampaechissenefrega”. Davvero cazzuti i Giapponesi. In barba a qualsiasi teoria economica si son messi a stampare banconote come se non ci fosse un domani, nel vero senso della parola. Dall’altra parte del mondo, invece, gli Americani impiegarono mesi e mesi per definire il loro Quantitative Easing e finalmente elargire liquidità gratis a tutti. Noi invece, indovinate un po’? Una manovra del genere non ce la possiamo nemmeno sognare. Sembra che la strategia della nostra ripresa sia improntata sull’attendere il fallimento degli altri.

Purtroppo però, l’effetto contrario del far piovere soldi dal cielo, oltre la sicura inflazione, è che la borsa, prima o poi ti risponde con un ancora più cazzutissimo -7%, come quella mattina. Forse per i Giapponesi potrebbe essere normale, ma da noi, già un -3% è da panico generale con titolone in prima pagina.

Vista la giornata negativa, immaginai le varie ipotesi di gioco che avrebbero potuto intraprendere i traders. Scrutai i loro volti e capii che avevano già iniziato ad operare.
L’avevo intuito dalle loro espressioni facciali mutate. Lo studio del linguaggio del corpo mi ha aiutato parecchio a capire le persone. Il trader polacco continuava a strizzare le labbra, tipico segnale di stress.  L’italiano a fianco si grattava il mento e l’altro, con molta enfasi, sbadigliava e si stiracchiava. La regia, dietro di me, mandava le immagini dei monitors dei vari trader sul proiettore. Molti erano in negativo, altri in positivo. il polacco aveva messo a segno una buona operazione e una bella freccia verde era stampata accanto alla sua immagine. Un ragazzo italiano stava rischiando grosso, -13%, chissà quanto sarà stato, in percentuale sul suo conto. Una bella botta comunque.

So bene cosa vuol dire aprire una posizione e poi questa ti va in perdita. Succede ad ogni trader. E qui che entra in gioco la vera bravura del trader che, non sta tanto nel guadagnare soldi, (a farlo siam bravi tutti, basta comprare a poco e vendere a tanto, come mele al mercato) quanto nel saper uscire da situazioni difficili. Quando il mercato ti va contro, e le tue mele sono marce. Cosa fai? Tutto sta nel riuscire a piazzare un buon prezzo di vendita, mele o azioni che siano. Intanto però, ti ritrovi lì, a fissare il tuo bel segno meno davanti ai tuoi soldi. Quanta freddezza ci vuole a mantenere il sangue freddo per prendere la giusta decisione? Tanta! E l’ho imparato a mie spese.

Per ammazzare il tempo e distogliere un po’ l’attenzione dalla sfida, sfogliai il depliant del programma della sala in cui mi trovavo. Lessi che il trader polacco dava un seminario sulle sue teorie basate sui cicli lunari. Ma che cazz..? pensai con evidente scetticismo. Come era possibile associare l’andamento dei mercati con le fasi della Luna? Che riferimenti ci possono essere? Certo… a me viene un po’ di mal di testa quando siamo in plenilunio, ma non esageriamo! Povera Luna… se vogliamo addossarle anche la colpa della crisi economica non ne usciremo proprio più!

Din din

Suonò la campana. I giudici salirono sul ring per controllare i conti. Subito decretarono il vincitore del round: un tedesco seduto dall’altra parte. Approfittai della pausa per fare un giro tra gli stand. Uscii dalla sala e la luce mi strinse gli occhi. Pian piano mi abituai mentre percorrevo il lungo corridoio.

C’era molta gente. Molti ragazzi e pochissime ragazze, escluse hostess e promoters. Trovare una donna che faccia trading è quasi impossibile. Non ho ancora ben capito il perché. Dopotutto non è una pratica difficile. Ci son cose ben più difficili. Tipo la medicina, con le sue mille nozioni da tenere a mente e i giusti casi in cui poterle applicare. L’economia, per me, è molto più elastica e soprattutto non muore nessuno se sbagli. C’è sempre un rimedio economico per i tuoi errori. Anche la crisi è fra di essi e con una buona cura dovremmo uscirne.

Dicono. 

Per come la penso, essendo entrati nella situazione di mercati concorrenziali tra stati, non se ne uscirà mai. Alcuni giornali l’hanno chiamata guerra economica o guerra delle valute. Si combatte con la svalutazione della propria moneta, per poter offrire al mondo prodotti a prezzi stracciati. Tradotto: scordiamocela la ripresa.

Se sotto i nostri bicchieri, posate, piatti, ecc… troviamo scritto “made in china” significa che l’azienda italiana che li produceva è fallita e ci vorranno almeno 10 anni prima che ritorni. A noi consumatori sta bene spendere di meno ma non lamentiamoci se poi, il ciclo economico si sposta dal nostro paese a un altro. Se le aziende chiudono o delocalizzano lasciando migliaia di cittadini senza lavoro.

Il bello di tutto, è che la colpa la danno alla finanza, che l’unica colpa che ha avuto, è stato far credere alle persone di potersi permettere ciò che non si poteva…

Una gran bella illusione…

E ci siamo cascati tutti, in pieno…

Weekend finanziario (II)

Weekend finanziario 2-1-2

Foto: il mio fedele trolley da viaggio

Appena varcata l’entrata respirai un’aria densa di un vociare continuo, di suoni e rumori familiari, e luce.. tanta, tantissima luce. Feci un respiro profondo e tirai diritto come chi attraversa un percorso irto d’insidie. Scansai gli stands, evitai i promoters, cercai di non fissare le hostess per non attirarle verso di me con i loro volantini. Ero appena arrivato e non volevo caricarmi la borsa con gadjets e pubblicità. Avevo altro per la mente. Cercavo la sala Trader.
La troverò?

Per chi non è mai stato a questo genere di fiere, è importante sapere che spesso ci si perde all’interno di esse. Ogni anno, nell’immensa sala principale, costruiscono un vero e proprio labirinto di stands e da lì, una volta entrato,difficilmente si riesce a trovare la via giusta per la giusta meta. Infatti, mi ero perso.
Chiesi aiuto a una simpatica morettina allo stand dell’Unicredit.
– Scusami, cerco la sala trader… –
– Guarda, devi girare lì e percorrere il corridoio… –
– Grazie! –
– Tieni prendi una penna! Vuoi anche la borsa? Conosci già i nostri Certificates? Vuoi fare il nostro gioco? –
Ommioddio ho scatenato l’inferno, pensai.
Rifiutai ogni cosa con garbo e mi dileguai alla svelta cercando di passare inosservato anche alla hostess di Mediobanca che mi aveva adocchiato.

Arrivai alla sala, preoccupato di essere in ritardo e non trovare posto come sempre. Invece, ero in perfetto anticipo e di posto c’e n’era tanto. Mi sedetti e tirai un lungo sospiro di sollievo.

La sala aveva luci basse, in netto contrasto con l’ambiente della fiera. Ci saranno stati una trentina di persone sedute. Molte teste bianche, pochi giovani… Al centro uno scenografico ring da box con sopra, al posto dei due consueti pugili, due file di scrivanie. Quattro trader per lato e in mezzo una sorta di arbitro a moderare l’incontro.
Tutto artisticamente curato per far spettacolo. La vera sostanza però era la sfida. Ogni trader aveva la sua postazione con il proprio pc collegato alla rete e al grande proiettore della sala. Dietro di me c’era una zona dedita alla regia che controllava lo switch tra i vari schermi sul proiettore, cosicché anche il pubblico potesse osservare i movimenti dei vari trader. Dalle casse si sentì un forte suono di campana che mi destò, e la sfida sul ring partì. La sfida era semplice: guadagnare in borsa più soldi dell’avversario. I trader si sfidavano in coppie da due, come mostrava l’immagine che mandava il proiettore sul telo bianco. Tutto in reale, niente di simulato, soldi finti o robe del genere.
Soldi veri, mercato vero, rischio vero.
Una pazzia. pensai sin dalla prima volta che lessi di questa sfida. Sono dei veri pazzi! 
Penso che lanciarsi da un elicottero in mare sia meno rischioso. Io non lo farei mai, la sfida intendo. Sono d’accordo che per investire in borsa ci voglia un minimo di pazzia (altrimenti compri i Btp e stai a casa) ma qui si esagera.
Per far un paragone. Quando gioco in borsa, la mia stanza è completamente al buio. Non deve filtrare nemmeno un filo di luce. L’unica luce che devo vedere è quella dei miei monitor. Metto i tappi nelle orecchie per attenuare i rumori, m’imbottisco di caffeina e non opero fino a quando non sono perfettamente concentrato. Ovviamente dal lato tecnico curo ogni cosa. Fibra a 100 mega in lan per evitare perdite di dati, pc raffreddato per evitare che si surriscaldi e una cara e vecchia calcolatrice.
Ora, vedere quei tizi lì, su una piccola scrivania non loro, con un portatile collegato ad una chissà quanto precaria rete, osservati da tutti e interrotti a volte dal commentatore per verificare l’andamento della sfida, beh… concorderete con me quanta pazzia ci voglia per farlo con soldi veri.
Intanto la sfida era iniziata. Davanti a me, e ben visibile, avevo il volto del trader polacco che fissava impassibile lo schermo del pc. Era così serio e concentrato. Aveva la tipica fisionomia dell’est europa. Bianchiccio di carnagione, magro, occhi chiarissimi… aveva delle lunghe dita affusolate con cui si grattava il mento. Dal suo volto non traspariva niente… forse perchè non aveva ancora iniziato a giocare. Accanto a lui, sulla stessa fila, c’erano gli altri trader italiani, anche loro concentrati sui propri monitor.
Presi il portatile dalla borsa. L’avevo portato apposta per seguire le quotazioni insieme a loro. Dopotutto, sono un trader anch’io e per un trader il mercato è la sua droga…

Galleria d’Arte ##21

Il cervello umano è una macchina così complessa, così perfetta, così inspiegabile che a volte va temuta. Alcuni dedicano questo straordinario marchingegno naturale, alla violenza. Uccidono, torturano e violentano con cognizione, nella maniera più spietata.
Altri invece, spinti anche da un qualcosa che chiamiamo anima, dedicano le proprie facoltà a un buon fine. Osservano, studiano, creano… danno il meglio per raggiungere un obiettivo che non appaghi solo se stessi, ma l’intera umanità.
Realtà…
E se questo potere potesse essere amplificato? Migliorato… gestito a pieno. Quali poteri potrebbe avere un essere super intelligente?
Passare dalla mediocrità di una vita comune al top della migliore civiltà. Sentirsi carichi ogni giorno… senza paure o timori. Affrontare con tenacia ogni ostacolo, ogni imprevisto. Avere il pieno controllo del proprio corpo… e della propria anima.
Fantasia…
E se potesse diventare realtà grazie a una spinta, una droga. Un farmaco particolare; studiato per aumentare la percentuale d’utilizzo del nostro cervello; che, come sappiamo bene, resta bloccato al 20%.
Sarei sicuro che questa sostanza sarebbe ambita da molti mille volte più dell’oro. E quando un qualcosa diventa così estremamente raro, l’indole umana abbandona ogni limite alla malvagità delle azioni che potrebbe compiere. Saremmo capaci di passare dal bene al male con la stessa facilità con cui cambiamo canale della tv. Il mondo si mescolerebbe come una soluzione chimica assumendo i volti più spregevoli e le astuzie più cattive.
Possibilità
Per fortuna tutto ciò è stato solo il parto di un bravo regista e dello scrittore di una bella trama. Tutto però si basa su un qualcosa di vero. La smania e il desidero di avere anche solo un pizzico di quelle capacità. Compreso me… forse uno dei più pazzi. Dei più scellerati drogati di energizzanti, anfetamine e integratori. Ho devastato il mio corpo con ogni genere di sostanza, per avere quel briciolo di potere. Non sugli altri, ma su me stesso, la persona più intransigente che conosca.
Concentrazione, riflessi, istinto erano i miei obiettivi… e per essi avrei fatto di tutto. Dimenticando ogni mio limite, volendo sempre di più. Quello che per altri era troppo per me era la normalità. E la normalità mi annoiava fino a spingermi a osare, a volere, a toccare un confine immaginario quasi letale. Per poi uscirne con violenza, di netto, senza guardarmi indietro, per non ricadere.
Che sia stato uno sbaglio ancora non so dirlo…
Ma ci sono stati dei momenti in cui sono stato
maledettamente bene…

(Dal film: Limitless)

Bid and Ask

 

 

La cravatta è uno degli indumenti che preferisco di più. Dona quel tocco di eleganza a colui che la indossa che non ha pari. Ovviamente sullo sfondo bisogna avere una giacca dal giusto taglio, una camicia intonata, dei pantaloni in piega e delle belle scarpe, altrimenti tutto è vano. Solo allora la cravatta può sprigionare ciò per cui è stata concepita. E nella sua semplicità, completa il quadro dell’eleganza come l’ultimo tassello di un puzzle. Adoro quando è qualcosa di semplice a produrre un grande effetto. Non solo per i vestiti, ma in tutte le cose.

Ero davanti allo specchio di casa in una fredda mattinata di fine ottobre. Ero quasi pronto per uscire. La mia figura nello specchio aveva qualcosa di diverso dagli altri comuni giorni. I capelli avevano abbandonato la cresta, appianandosi verso il basso, cercando di concedermi un po’ di serietà. Gli occhiali neri rettangolari tanto odiati ma necessari, mi rendevano un intellettuale moderno. Tolsi qualche braccialetto che sbucava inopportunamente dai polsini della camicia. Gli anelli, quelli no, non si toccano. Che vada a un concerto rock, a una cena elegante o a un esame di stato, quelli ci son sempre stati e ci saranno sempre.
Passai la cravatta sotto il colletto e tenendo i due lembi con le mani, cercai di ricordarmi i giusti movimenti per il nodo. Mi guardavo nello specchio come un professore che guarda un alunno impreparato. E agii senza pensare lasciando che l’istinto mi guidasse in questa strana prova. Risultato? Nodo perfetto al primo colpo. Mi specchiai per un secondo cercando di trovare una spiegazione plausibile a un gesto nato con la teoria ma diventato istintivo negli anni. Mi toccai la cravatta e strinsi il nodo ancora un po’ pensando a chissà quanti altri gesti compivo istintivamente senza accorgermene. Magari a volte l’istinto può agire anche sulle parole. Anzi quasi sicuramente. E il mio caratteraccio ne era una prova tangibile. Rassegnato, tornai in camera, presi il soprabito nero e la borsa, e uscii di casa.

Piazza Cordusio, il centro degli affari milanesi. Sede d’importanti banche nazionali e internazionali. Una tra tutte, l’Unicredit. Restavo sempre affascinato nel percorrere quelle strade. A un occhio poco attento potevano sembrare comuni strade, ma io sentivo il profumo di soldi ogni volta che facevo un passo. Guardando le vetrine delle banche, immaginavo che sulla mia testa stessero passando migliaia di euro in azioni, obbligazioni, fondi comuni… che transitavano virtualmente tra una banca e l’altra. E questi fasci immaginari s’imprimevano nella mia testa come ondate di vento caldo. Caldo, perché pensavo all’alternarsi delle quotazioni dei mercati e alla loro isterica frenesia che rendeva incandescente qualsiasi cervello umano. E qualcosa ne sapevo già…
Qualche centinaia di metri più avanti, svoltai per Piazza Affari. Sorrisi per l’ennesima volta nell’osservare il mastodontico dito di Cattelan. “Ancora non l’hanno rimosso…” pensai. “forse perché mette di buon umore!”.
Salii i gradini della borsa desiderando ardentemente di salirli ogni giorno.
Andai al banco informazioni per farmi stampare il badge.
– Nome? –
– Ciro F… –
Mentre la ragazza mi cercava al pc, mi voltai verso destra e intravidi un cartello che recava “ingresso dipendenti”. Un giovane appoggiò il suo badge dorato sul lettore e le sbarre ruotarono al suo passaggio. Guardai quel giovane in completo grigio che non avrà avuto più dei miei anni. Desideravo essere al suo posto. Entrare lì, al piano di sopra, e sedermi a una bella scrivania piena zeppa di monitor e calcolatrici. Chissà… magari un giorno…
– Ecco il suo badge… –
– Grazie! –

Quel badge mi permise di entrare nella sala congressi dov’era da poco iniziato il Trading online expo. Sulla soglia, mi sentii come un bambino che stava per entrare in un immenso parco giochi. E proprio come un bambino, mi perdevo con lo sguardo su tutte le attrazioni. Potevo far un giro sulle montagne russe rappresentate dalle società di brokeraggio speculativo; oppure fare un giro sul trenino a vapore come ETF e fondi comuni; c’era poi una bella ruota panoramica stabile e sicura che ti faceva vedere tutto dall’alto, come bot e obbligazioni; c’era il tiro a segno che, anche se non colpisci tutte le lattine, ti regalano qualcosa, come i certificates e i covered warrants; c’erano luci e proiettori… e schermi colorati che mostravano la bellezza delle diverse “giostre”, e tante avvenenti signorine che ti ammaliavano e invitavano a salire su.
Il paradiso per uno speculatore finanziario.

Cercando di attenuare il luccichio dei miei occhi presi il programma della giornata dalla mia borsa.
“Prima il dovere e poi il piacere…” pensai mentre mi dirigevo nella sala blu.
Il reale motivo per cui ero lì, era aggiornarmi sulle nuove tecniche d’investimento, su nuove piattaforme di gioco e su nuovi prodotti finanziari.
Entrai nella sala e una ragazza mi timbrò il badge con un lettore laser. Mi sedetti in un posto. Il relatore aveva già iniziato. Spiegava tecniche che già conoscevo. Tutta la platea era attenta e muta. Qualcuno nelle prime file fece una domanda e il relatore si alterò sentendo che l’astante usava una leva finanziaria troppo elevata.
– Vi brucerete tutto il capitale! – urlò amplificato dal microfono. – Dovete usare leve basse! Massimo 1 a 20! Usare leve alte è rischioso! Certo… si può guadagnare tanto ma non durerete! Una leva da 1 a 200 è un suicidio bello e buono! –
Un sorriso malizioso comparse sul mio volto. Il relatore aveva perfettamente ragione. Una leva alta comporta alti rischi e alti guadagni, e se male usata, potevi anche chiudere bottega.
Si deve partire dalla base e fare piccoli progressi. Ma la smania di ricchezza e d’investire come i grandi portò anche me a usare leve improponibili. I primi tempi, quando mi avvicinai per la prima volta a questo immenso mondo, usavo una leva di 1 a 400. In pratica, come nel più grosso casinò, potevo comprare le mie fiches da 400 al costo di un euro. Con mille euro potevo gestire 400’000 euro e lucrarci su. Ma capii sulle mie spalle e a mie spese ciò che il relatore sosteneva in quel momento. Negli anni ho fatto innumerevoli errori che per fortuna sono serviti tutti a darmi l’esperienza necessaria a sedermi nella sala.
Alla fine del seminario scesi al piano di sotto, dove si articolava un’altra sala con altri stand. Mi colpì subito quello di una banca svizzera. La conoscevo già da tempo ma non potevo permettermi il loro software perché aprire un conto da loro costava un pacco di soldi.
Una donna più alta che bionda mi si avvicinò. I suoi occhi azzurri scrutarono il mio interesse per quella banca d’investimenti.
– Posso aiutarla? – mi chiese.
– Si! Voglio quella piattaforma… e dammi del tu, ti prego. – sorrisi.
– Devi aprire un conto da noi e puoi far tutto ciò che vuoi… –
– Mi prestate anche centomila euro? Dovrebbe essere quello l’importo minimo – dissi pizzicandomi il mento.
– Per la sede in svizzera sì, ma da poco abbiamo aperto un’altra sede per i clienti retail… –
– Ah davvero? – il mio sguardo si posò su di lei e la mia attenzione lasciò per un attimo i grafici sul monitor.
– Sì, l’importo minimo per l’apertura sono 100 euro. –
Mi s’illuminarono gli occhi. – E la piattaforma è la stessa? –
– Sì, la stessa… –
– Spread variabili? –
– Uguale… –
– Posso vedere i volumi? –
– Si certo! –
– Ok… dove devo firmare? – dissi con cercata serietà.
– Mandami un’email con il tuo recapito e poi… –
Mentre la donna in tailleur m’illustrava i passi da fare per aprire il conto, giochicchiavo con il mouse del pc e annuivo col capo per darle sicurezza che la stessi a sentire. Ma la mia attenzione era tutta focalizzata a quel software. La piattaforma di gioco che desideravo da anni. Veloce, istantanea, con un’impressionante liquidità di mercato. “Finalmente un Ecn!” pensai, “Affanculo tutti i market maker che sono al piano di sopra…”
L’irresistibile voglia di giocare mi faceva tremare l’indice sul touchpad. Con il puntatore solleticavo il pulsante compra o vendi, o meglio Bid and Ask.
– Tutto chiaro? – mi domandò la donna.
– Si… tutto chiaro! Grazie delle informazioni, ci sentiremo presto! –

Sorridente me ne andai dallo stand. Ero eccitato all’idea di ottenere quella piattaforma il prima possibile. Mi diressi verso la sala dal nome: Area Scavi. Era una sala interrata ma visibile dal piano di sopra grazie a una balconata. E proprio lì mi fermai ad ascoltare, data l’immensa mole di persone sedute e in piedi. Appoggiai i miei gomiti sul parapetto e aguzzai le orecchie. Il relatore faceva il solito discorso su analisi e scelte da compiere per operare.
– Voi dovrete essere tre persone in una! Fare il lavoro di un analista tecnico, fondamentale e poi essere il braccio che opera come trader. Non è facile questa vita ed è molto sacrificante… –
“Già…” dissi sottovoce rassegnato, mentre il mio ottimismo scendeva sotto le suole. Essere un trader mi ha portato indirettamente ad avere problemi con la società, per non parlare delle ragazze…
Se non ci sei dentro, non riesci a capirlo… dicevo per discolparmi dal solito nervosismo stressante. Guardare i mercati è un’attività che ti porta mille pensieri togliendotene altri. Non ti fa dormire la notte… e sei sempre nervoso e iperattivo… e quando cerchi un po’ di calma devi sentirti le lamentele di chi non hai cercato per tutta la settimana. Avevo già vissuto ciò che diceva quell’uomo. Sapevo cosa significasse stare incollato a un paio di monitor e al cellulare quando eri in giro. Conoscevo lo stress dei grafici e la paura di fallire; l’ansia che ti uccide quando ti giochi anche ciò che non dovresti; la mente che ti brucia cercando tregua e gli occhi asciugati dall’insonnia di molte notti; per non parlare dei tremori alle mani e la voglia di uscire da quella prigione che è diventata la tua casa. Il tempo non conosce più limiti in un mercato aperto 24 ore su 24 e a volte i sogni si confondono con la realtà. Certe notti mi sono svegliato colto dalla paura di non aver chiuso le posizioni e andavo a controllare al pc. Certe notti non erano più notti o almeno lo erano al di fuori di una finestra chiusa a Milano, ma non a Tokyo o a New York.
A volte ho rischiato d’impazzire… e questo è solo l’inizio…

 

L’articolo 140 (parte VI)

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“Lo studente si girò disorientato. La cercava, ma aveva perso le sue tracce. Dov’era quella ragazza senza nome? Dov’era andata a finire? Non si perse d’animo e iniziò a correre, lungo il buio, verso l’infinito. Il paesaggio non esisteva. Tutto era nero intorno a lui… eccetto per quel corridoio di mattonelle sotto i suoi piedi. Niente mura ne ostacoli. Solo buio e pavimento. Cosa c’era alla fine del corridoio? Dove sarebbe arrivato? E soprattutto… era la strada giusta? Fece un passo in avanti ma una mano gli afferrò la spalla. Lo studente si girò di scatto e la vide. La mente si schiarì e tutto il buio si dipinse di toni accesi come a festeggiare la sua felicità. La guardò negli occhi. Quegli occhi limpidi e belli, così neri da riflettere i suoi. Non ci vollero parole per capire che entrambe le labbra desideravano un bacio.
E si avvicinarono con la lentezza di un respiro profondo… si sfiorarono… e…”

Biiiiiiip Biiiiiiiip Biiiiiip

– Ma chi cazzo è? – Con una mano tastai alla vaga ricerca del cellulare sul mio comodino. Caddero penne quaderni, fogli, libri… di tutto, ma quel dannato cellulare non c’era.

Biiiiiiip Biiiiiiiip

Ascoltai meglio e capii che il suono proveniva dalla tasca dei miei jeans. Infilai una mano in tasca e premetti il tasto di standby. I miei occhi erano ancora pieni di sonno. Crollai di nuovo sul cuscino cercando di riprendere quel magnifico sogno. Ma stavolta niente… era tutto perduto. Mi limitai ad oziare un po’ rigirandomi nel letto e rendendomi conto che avevo dormito completamente vestito. Afferrai un cuscino e lo schiacciai sulla testa perché Milano m’infastidiva con i suoi rumori da orari di punta.
– Voglio… svegliarmi quando voglio… da tutti i miei sogni… voglio trovarti sempre qui… ogni volta che io ne ho bisogno… – iniziai a cantare sotto il cuscino, ancora intontito dal sonno.
“Succeda quel che succeda… ma stamattina non mi va proprio di svegliarmi…”
Tolsi il cuscino dalla faccia e presi una gran bella boccata d’aria.
“Ma perché è scattato un alert se ieri non li ho impostati? Mha…” Dubbioso guardavo il soffitto e pensavo… Pensavo che la doccia era un ricordo preistorico ormai.
“E se non era un alert?” Sgranai gli occhi e tirai fuori all’istante il mio cellulare dalla tasca. Dalla fretta sbagliai più volte il codice di sblocco.
– Cazzo! Oggi è il 15! Devo dare l’esame!! E sono maledettamente in ritardo! –
Scesi dal letto e mi guardai intorno decidendo quale azione compiere per prima. Andai al pc ad osservare la borsa. Era un esame si… ma i soldi vengono sempre prima di tutto.
Male… molto male. Mi morsi un labbro mentre guardavo quelle quotazioni sprofondare sempre più in basso. – Perché? Ditemi perché!? – dissi nervosamente ad uno schermo muto. C’è sempre un perché nelle cose! Soprattutto in finanza! L’unica regola… è conoscerlo prima degli altri. Chiusi tutto e andai verso l’armadio. “Cosa mi metto? La solita mise da bravo ragazzo intellettuale e un po’ sfigato? Ai professori piace tanto… Naaa… che cavolo me ne fotte! Jeans strappati, maglietta nera, polsino, anelli, borchie e un crestone da paura!” Sembrava che dovessi andare a un concerto. Cercai il libretto universitario nella libreria evitando di calpestare i libri per terra e i frammenti di vetro del bicchiere. Misi tutto in una borsa e portai anche una Burn… “Non si sa mai…”

Scesi in strada e arrivai in piazza passando a malincuore davanti al Bar Bahia senza fermarmi. Alla mia destra c’era la metro… a sinistra la stazione dei treni. Guardai l’orologio sul cellulare.
“Non ce la farò mai! Sono troppo in ritardo! Ci vuole qualcosa di più veloce!”
Poco distante c’era una piazzola di taxi. – Bingo! – dissi avvicinandomi velocemente alla prima macchina in fila.
– Libero? –
– Certo… –
Salii in macchina e il tassista mise in moto chiedendomi la destinazione.
– Via…. –
Gli dissi il nome della via e lui per conferma mi chiese: – Dove c’è l’università? –
– Si certo! Sto andando proprio lì! –
– E scusami la domanda… ma ci vai in taxi all’università? – mi chiese.
– Guardi… è una lunga storia… e sono maledettamente in ritardo per un esame! –
Intanto che la macchina andava, cacciai dalla borsa i miei appunti di diritto. Li sfogliai rapidamente mentre il tassista accese la radio.
“Allora… questo lo so… questo anche… questo speriamo che non me lo chieda…”
Presi il cellulare e guardai l’orologio.
“Cavolo! Dai dai dai!” e mentre incitavo mentalmente l’autista focalizzai l’attenzione sulla radio.
Violente proteste in Grecia per la grave crisi che la sta colpendo. Numerose le persone davanti al parlamento che inneggiano alle dimissioni del governo. Il premier Papandreu però, opta per il rimpasto dei ministri, affidando a….
A quelle parole mi s’illuminarono gli occhi. “La Grecia… l’euro… crisi… ma certo!”
Aprii il programma di borsa sul mio cellulare. Mentre caricava pensai a ciò che stavo per fare… vendere!

Vendere in borsa, non ha sempre lo stesso significato che gli diamo noi comuni mortali. Il termine ci porta al concetto che “vendo una cosa che ho, a qualcuno” ma se quella cosa non l’avessi e la vendessi comunque? In borsa si chiama short selling. Ovvero, vendi ciò che non hai. L’unica regola è… che prima o poi devi comprare ciò che hai venduto sperando di comprarlo a un prezzo più basso e guadagnare sulla differenza.
Esempio: vendo a 100… il prezzo scende a 30 e compro = 70.

“Vendere vendere vendere!”
Puntai il massimo. Tutto quello che avevo… fino all’ultimo centesimo. Prima di premere invio pesai che una mossa contraria mi avrebbe polverizzato il capitale. Chiusi gli occhi… e schiacciai.
– Eccoci qua… – disse il tassista fermando la macchina. – Sono 14 euro e 30 –
Controllai il tassametro e aprii il portafoglio. Dissi addio ai miei tanto amati 15 euro.
– Tenga il resto… – dissi e scesi frettolosamente.
Entrai nell’atrio e corsi verso la bacheca per sapere in che aula dovevo andare.
“Aula 9”
Mi ci fiondai e spiai dai vetri prima di entrare. C’erano un centinaio di studenti disposti a caso nei banchi. La commissione non c’era ancora. “Bene!”
Entrai e mi sedetti. Tirai fuori i miei appunti. Volevo ripetere qualcosa ma non ci riuscivo. Chiusi il blocco e cacciai la mia Burn. Iniziai a bere.
Entrò la commissione dalla porta sulla destra. I professori sembravano allegri a giudicare dal loro parlottio cordiale. Si sedettero dietro le cattedre ed ognuno cominciò a chiamare il suo gruppo di studenti.
Accanto a me sedeva una ragazza. Era molto nervosa e continuava a ripetere e ripetere. Era rossa in viso e si sfregava le mani. Era ansiosa e vederla metteva ansia anche a me. Guardai la mia professoressa che esaminava un ragazzo. Non sembrava “cattiva” ma le sue domande a volte potevano esserlo. Il ragazzo tentennava. Biascicava definizioni a volte campate per aria. La professoressa sorrideva e riferiva all’assistente a fianco le minchiate che stava sparando il ragazzo. Non riuscivo a sentire bene, ma l’argomento era la magistratura. Infine la professoressa lo congedò restituendogli il libretto in bianco. Fu la volta di una ragazza. Questa andò un po’ meglio e il suo esame durò una ventina di minuti. Bevvi l’ultimo goccio della mia Burn. Vidi un ragazzo avvicinarsi alla cattedra. Era il suo turno. Aveva un volto quasi terrorizzato come se la professoressa fosse stata una delle peggiori torturatrici uscite da un film di Tarantino. Matricole… Presi il cellulare e guardai l’orologio era quasi un ora che aspettavo. Aprii il software di borsa ma non feci in tempo ad osservarlo che sentii pronunciare il mio nome. Alzai la testa e risposi:
– Eccomi! – Misi il cellulare in vibrazione e avanzai verso la cattedra.
– Vada dalla mia assistente… la esaminerà lei… – mi disse la professoressa.
Mi sedetti di fronte a questa mora di mezz’età.
– Allora? Cominciamo? – dissi. Volevo togliermi di mezzo questo impiccio.
– Certo! Mi parli della Costituzione… –
“Fantastico” pensai. Della Costituzione sapevo ogni cosa. Merito dello studio… ma anche dei miliardi di telegiornali e dibattiti politici che fui “costretto” a vedere per colpa del monopolio televisivo di mio padre quando ero piccolo.
– La Costituzione italiana fu approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre1947 e promulgata dal capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola. Entrò in vigore dal primo gennaio del ’48 e… –
Parlavo speditamente. Ma a un certo punto sentii la mia tasca vibrare. Qualcosa in borsa era successo. Avevo piazzato gli alerts e uno di questi mi stava avvertendo.
– Chi è che può cambiare una legge della Costituzione? –
– Il parlamento attraverso un procedimento aggravato di revisione costituzionale… –
Mi vibrò ancora la tasca. Pensai agli alerts che avevo piazzato e a che livello fossero.
– Perché aggravato? –
– Perché è necessaria una doppia votazione da entrambe le camere a distanza non inferiore a tre mesi… –
“Ma certo! Avevo piazzato gli alert solo per avvertirmi dei guadagni! All’eventuale perdita non c’avevo nemmeno pensato!
– Ecco, ora mi dica di cosa parla l’articolo 140 della Costituzione. –
Sorrisi a quella domanda. Quella professoressa mi piaceva.
– Mi spiace prof… ma la mia Costituzione si fermava al 139… se il 140 l’hanno approvato stamattina, prima che venissi qui… beh.. non sono aggiornato! –
La professoressa sorrise perché avevo scoperto la sua domanda trabocchetto. Prese il mio libretto, scrisse il voto e mi mandò via.

Uscii fuori con il cellulare in mano. Digitai la password per entrare nel programma. Guardai il mio portafoglio virtuale e mi trattenni dall’urlare dalla felicità.
– Si cazzo! Il mio istinto aveva ragione! –
Chiusi tutte le posizioni e trasferii i soldi sul mio conto di risparmio. Chiusi il programma e mi sentii sollevato. Composi un numero di telefono.
– Pronto Enzo… –
– We Ciro! Che fine hai fatto? Sono secoli che non ti fai sentire! –
– Eh, lo so… è che in questi giorni ho avuto un po’ da fare… ma lasciamo perdere… pensiamo a cose importanti invece…
dove andiamo in vacanza? –

 

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