L’autista accese il motore dell’autobus e in parte calmò la mia impazienza. Ero salito sul 73 a San Babila diretto all’aeroporto di Linate. Era la prima volta che andavo lì. I miei voli erano sempre partiti da Malpensa prima di allora. Era una prima volta anche quella… Avrei visto il “piccolo” aeroporto di Milano. Avevo paura di perdermi come la prima volta a Malpensa… ma allora ero ancora un inesperto di voli.
L’autobus era semipieno. Scrutai le facce delle persone per capire se avessero la mia stessa meta da raggiungere. Osservai una famigliola in piedi davanti a me. Il padre cercava di calmare i due bambini irrequieti. La madre invece teneva d’occhio le valigie. Chissà per dove sarebbero partiti. Una ragazza seduta ascoltava musica dal suo Ipod. Aveva un piccolo trolley rosa con una maniglia viola. Sarebbe partita per Parigi anche lei? Probabilmente…
Guardai fuori. L’autobus stava passando per Corso di Porta Vittoria. Riconobbi quella strada perché ci passava il 23 che spesso mi portava a casa quando non avevo voglia di prendere la metro.
Il mio trolley da viaggio era a fianco a me. Sembrava così inerme e impotente che poteva benissimo mescolarsi a tutte le altre valigie presenti sull’autobus. Solo io, però, sapevo che era una bomba ad orologeria pronta ad esplodere e riversare in giro metri cubi di roba. L’avevo riempito fino all’ultimo centimetro possibile. Il giorno prima, in preda a un raptus di shopping sfrenato, comprai magliette e pantaloni da portare in viaggio. Tutto ciò che avevo nell’armadio non mi piaceva. Confesso che a volte mi comporto peggio di una donna in menopausa… e quasi piansi all’idea di poter portare solo un paio di scarpe. “No! A costo di legarmele con i lacci al collo, ma un altro paio lo devo portare!” pensai mentre riempivo la valigia. Alla fine, con qualche spinta e un po’ di pressione, riuscii a chiudere il mio sofferente trolley. Dubitai per un’oretta buona sulla tenuta delle cerniere, poi non ci pensai più, l’ansia del viaggio copriva ogni cosa.
Scesi dall’autobus insieme a tutti i futuri passeggeri di qualsivoglia volo in partenza. Mi sentivo così solo. Antonio e mio cugino Ciro, sarebbero partiti da Roma. Ci saremo incontrati in Francia. Suonava così strano dire “Ci becchiamo a Parigi!” con la stessa facilità di “Prendiamoci un caffè!”.
Entrai nell’aeroporto e cercai di orientarmi. Cercai tra i numerosi cartelli gli imbarchi e uno schermo che mi dicesse da dove sarebbe partito il mio volo.
A3
Con finta calma e ansia nascosta con nonchalance, mi diressi a passo svelto al metal detector. Ci passai sotto con il solito terrore che mi suonasse qualcosa. Non è mai accaduto ma se succedesse credo che la tensione mi farebbe urlare “Non sparate non sono un terrorista!”. Esiste una cura per la paranoia? Speriamo che la ricerca dia qualche frutto.
Mi sedetti su una poltroncina davanti all’imbarco. Per ammazzare il tempo aprii il mio netbook e cercai di scrivere qualcosa. Ma le mie dita non spiccicavano nemmeno una parola. Chiusi e lo rimisi in borsa. Di fianco a me c’era una signora né anziana né giovane. Aveva una folta chioma di capelli bianchi che contrastava il suo vestitino leggero e il suo fisico longilineo. Leggeva un libro di chissà quale autore. Sul suo trolley vi era attaccato un adesivo arancione con scritto easyjet. Ad osservar meglio ce l’avevano tutti i passeggeri tranne che me. Panico!
– Mi scusi signora… posso disturbarla un secondo? –
– Certo… –
– Perché ha quell’adesivo sul trolley? –
– Questo? Te lo danno al check-in… per il controllo valigie… –
– Ah… e dovrei andare anche io al check-in a prenderlo? –
– No… non è obbligatorio… io l’ho fatto mettere perché ho avuto delle brutte esperienze in passato. Ma il tuo trolley sembra nella norma. Te lo faranno passare senza problemi… –
– La ringrazio… – dissi sorridendo.
I passeggeri in possesso di speedy boarding verranno imbarcati per primi… poi…
Dopo aver sbrigato le formalità dell’imbarco e aver preso un pullman per percorrere 50 metri, mi sedetti al mio posto finestrino di questo volo per Parigi. Le hostess e gli steward sembravano tutti stranieri. Correvano sopra e sotto per cercare di sistemare le ultime valigie nelle cappelliere.
Quando tutto fu pronto decollammo.
Guardai fuori dal finestrino. Spettacolo. Milano dall’alto non l’avevo mai vista. L’aeroporto di Malpensa è troppo lontano dalla città. Il mio volo stava passando proprio sopra l’idroscalo. Vidi la stazione di Rogoredo con il palazzo della Bmw. Vidi il quartiere di Milano due, con i suoi bei palazzi signorili. Cercai di vedere il Duomo ma non ci riuscii… ormai eravamo già in alto, sopra le nuvole.
Pensai a cosa fare per passare il tempo. Frugai nelle tasche e trovai il manuale di conversazione francese che avevo comprato il giorno prima.
“Bene… studiamo un po’ questa lingua così raffinata!”
Il manuale era diviso in sezioni. Ognuna dedicata alle particolari esigenze. Tipo “prendere autobus”, “alimentazione”, “salute”, ecc… e in ogni sezione c’erano frasi e domande più comuni, con la relativa traduzione, pronte per essere usate. Aprii a caso.
Bonne Noël! – Buon Natale.
“No… credo che questa non mi servirà! Vediamo un po’…”
Puis-je vous offrir quelque chose à boire? – Posso invitarla a bere qualcosa?
“Bene… questa me la segno! Ma basta scherzare, ora consulto la sezione delle emergenze…”
Y a-t-il un chenil sur le bateau? – C’è un canile sul traghetto?
Rimasi di stucco. Non sapevo se ridere o preoccuparmi per un’eventuale emergenza in cui, invece di chiedere aiuto, avrei chiesto dove poter mettere il cane su una barca… a Parigi!
Chiusi il dizionario e rimpiansi i miei 7 euro peggior spesi.
Appoggiai la testa e cercai di dormire un po’ ma il suono delle cinture di sicurezza mi scosse.
Plin
“Possibile? Siamo già arrivati?”
Guardai fuori dal finestrino e sotto di me c’era una terra straniera. Una terra che non avevo mai visto. Fatta di immense campagne dalle più colorite tonalità di verde e giallo. Sembrava una scacchiera naturale un po’ deformata. C’erano campi e campi a perdita d’occhio intervallati da spicchi di bosco e lingue di strade. Questa Francia sembrava così verde! “Ma dove sono le persone?” mi domandai. Parigi è una delle città più popolose d’Europa! E qui vedo solo campagne…
Ma eccole arrivare…
Le case… il verde finì e comparvero filotti di piccole case a schiera. Diventarono sempre più numerose. Sempre di più, fino a coprire anche l’orizzonte. Case su case… Piccole case che poi si trasformarono in palazzi… e le strade diventarono ragnatele. Ora si che la Francia sembrava immensa. Ora si che mi sentivo al di fuori di quel confine immaginario. E la mia ansia stava crescendo all’inverosimile.
Atterrammo… e mettendo il primo piede a terra mi sentii come il primo uomo sulla Luna…
Ero a Parigi!