Una coppia d’inglesi a Parigi! (la nouvelle de Paris V)

la%2520nouvelle%2520de%2520paris%2520V

“Siamo arrivati! Ora prendiamo la metro… dove scendiamo?“ disse una voce al telefono.
George V… devi prendere la linea 1! –

La notte era scesa pesante in quel di Parigi. Tutto sommato la volta celeste restava uguale a quella italiana. Non riuscivo a vedere le stelle, tanto era forte il caos luminoso della città; e non so quanto le stelle avrebbero potuto reggere il confronto con una simile bellezza artificiale.
Percorremmo a ritroso gli Champs-Élysées. Tornammo verso casa dopo il pomeriggio passato ad ammirare monumenti e cattedrali. Mi sentivo come a una gita scolastica, ma senza guida né professori. Tutto ciò che osservavo lo andavo a ricercare nella mia mente, in quei vaghi ricordi di ore passate su libri d’arte e storia. Sarebbe stato più semplice… Sarebbe stato più facile… Sarebbe stato più bello studiare così. Per esempio, ripassare la fisica osservando il Pendolo di Foucault nel Pantheon… ricordarsi del moto oscillatorio, della gravità e di quel matto di Galileo che non aveva nient’altro da fare; oppure ricordarsi della rivoluzione, passando davanti alla Bastiglia, l’imponente antico carcere parigino; e l’arte barocca dell’Hôtel des Invalides… con la sua scintillante cupola dorata e la tomba di Napoleone al suo interno. Sublime.
Erano passate le dieci e attendavamo questi due ragazzi davanti all’uscita della metro 1. Ero leggermente infastidito da quell’inaspettata aggregazione al gruppo. Ciro era mio cugino e Antonio lo conoscevo abbastanza bene, dopo averlo ospitato una volta a Milano. Ma quest’altri due non sapevo proprio chi fossero. Mai visti e mai sentiti. Erano due amici di Antonio, conosciuti a Cambridge qualche mese prima.
– Vedrai Ciro… Alberto è un tipo talmente logorroico… – e fece un gesto scocciato con la mano.
Devo ammettere che adoro le persone che parlano sempre… rendono il mio silenzio meno imbarazzante. Purtroppo però, una cosa che devo assolutamente perfezionare del mio carattere, sono questi ambìti “rapporti sociali” che le persone comuni intrattengono con tale facilità da farmi vergognare della mia difficoltà. Ho studiato un po’ di psicologia, letto libri di comunicazione e conosciuto una variegata specie di caratteri personali per potermi confrontare e capire dov’era il mio errore. Niente… tutto vano! Sono così… e nessuno mi cambierà mai!
Fatto sta, che in quel momento proprio non mi andava di conoscere gente nuova. Un po’ come quando tua madre ti serve una minestra e tu devi mangiarla per forza… e conti fino a tre prima di ingoiare il primo boccone. Contai fino a tre anche quella volta e mi sentii pronto. Dopotutto erano solo ragazzi: un “ciao”, un “come va?”, normale routine per sciogliere il ghiaccio. Semplice no?
– Arrivare ai trenta, nel bene o nel male, con questo stile di vita, mi farebbe comunque piacere… – risposi.
– Eh già! Ah… dimenticavo… parlano inglese! –
Feci una faccia stupita e guardai mio cugino che, come me, non navigava in buone acque con le lingue.
– Inglese?! Dovremo parlare per tutto il tempo in inglese?! –
– Hey guys! –
Dalla metro uscirono due ragazzotti, uno aveva un trolley blu e l’altro uno zaino nero in spalla. Era vero… più che trentenni sembravano ragazzini! E come si vestivano!
– Hi Antonio! –
Antonio salutò i suoi amici e poi si passò alle presentazioni. Ciro partì per primo, poi toccò a me.
– Hello friend! –
– Hi, my name is Ciro! –
– My name is Rafael. You two have the same name? –
– Yes… he is my cousin… –
– Oh yaa… –
Mi presentai anche ad Alberto e l’interrogazione d’inglese per il momento era finita. Feci un respiro profondo. “Immagino che discorsi a cena…” pensai mentre camminavamo in non so quale direzione. Alberto aveva preso sottobraccio Antonio e conversava con lui tranquillamente raccontando di fatti, storie e soprattutto di donne. Ciro cercava di far amicizia con questo Rafael mentre io ascoltavo camminando a fianco.
– I come from Brasil… I’m a lawyer… –
“Un avvocato?” pensai.
– …and i have also a degree in economy… –
“Un avvocato e un economista! 2 Lauree! E veste come un quindicenne che si veste male… non ci posso credere!”
– …we met Antonio in Cambridge… i went there to study english… –
Ora che sapevo che veniva dal Brasile, feci più caso al suo fortissimo accento brasiliano. I suoi tratti somatici forti e i lineamenti del viso bollavano istantaneamente la sua provenienza straniera.
– And now, what do we do? – chiese Rafael.
– And now… wine! A lot of wine! Do you have some wine? – chiese Alberto ad Antonio.
– Yes! Three bottles… –
– No… three bottles are few… we must buy other wine! –
A mano a mano, traducevo le frasi con un po’ di difficoltà, e quando arrivai al punto che volevano comprare altro vino, feci un sorriso sollevato. Mi stavano più simpatici. Avevano pronunciato la parola chiave comune a tutte le lingue… l’alcool! E Ora li osservavo sotto un’altra luce.
Quei ragazzi, in fondo, non erano poi così male…

 

 

Notre-Dame de Paris (la nouvelle de Paris IV)

la%2520nouvelle%2520de%2520paris%25204%2520notre%2520dame

Salimmo sulla Rer B, una sorta di treno-passante che taglia in due Parigi. Arrivammo a Châtelet, il cuore pulsante della Parigi sotterranea. Scendemmo infine alla fermata George V… sugli Champs Élysées.

Con gli occhi sognanti e il cuore impaziente, ad ogni gradino della scalinata che fuoriusciva dalla metro, vedevo delinearsi una città del tutto nuova. E mi sentii come Dante che, uscito dall’inferno, guardò per la prima volta uno spiraglio di luce.
Respirai, prima di salire l’ultimo gradino; respirai un profumo diverso… straniero… insolito. Mi riempii i polmoni di un’aria non mia… di un’aria che non conoscevo… e vidi finalmente la Francia. Ero nel suo cuore, nel centro di Parigi, sulla rinomata Avenue des Champs Élysées. E in fondo, sotto un sole che batteva, vedevo il mastodontico Arc de Triomphe. Un grosso arco in stile neoclassico-romano fatto costruire da Napoleone dopo la vittoriosa battaglia di Austerlitz. Una battaglia fantastica e strategicamente perfetta. Quell’omino era basso sì, ma avrà avuto un cervello grosso quanto un melone. Al suo tempo sarà passato proprio sotto quell’arco; avrà visto quelle figure scolpite alla perfezione; e ammirato lo stile romano che tanto lo affascinava. Che meraviglia…

– Dobbiamo attraversare. La casa è dall’altra parte della strada. – disse Antonio.
– Abiti da Luis Vuitton? – scherzai, guardando l’altro lato della strada.
Antonio si girò e con un sorriso disse sicuro di se: – No, dietro! –
Arrivammo davanti al portone della casa. Era una via molto lussuosa. Immersa tra banche e negozi di alta moda. Osservai il citofono e già da quello capii che in quel palazzo vivevano persone che non volevano essere disturbate. Non c’erano nomi ma solo numeri; e la porta si apriva con un portachiavi magnetico rotondo. Entrammo nell’anti-atrio. Un fine tappeto coccolava i miei piedi e una splendida porta a vetri ci separava dagli appartamenti. La casa era al primo piano. Niente scale o ascensori. Molto comodo.
Giro di chiavi…
– Eccoci qua! Casa mia! –
Entrai in quell’appartamentino seguendo mio cugino Ciro. C’era odore di chiuso e polvere in giro. Era evidente che quella casa non vedeva luce da tempo. Era un monolocale parquettato con due eleganti divani-letto in fondo alla stanza. La cucina era in un angolo e ovviamente non mancavano armadi e Tv.
Antonio si diede subito da fare. Aprì le finestre e spazzò per terra. Io e Ciro aprimmo i trolley e sistemammo qualche vestito spiegazzato. Salutai la mia pallina rossa che, ovviamente, avevo portato con me in questa insolita trasferta. Mi sedetti sul divano e feci due conti osservando quella casa. Antonio tra una battuta e l’altra aveva rivelato che valeva 13000 euro al metro quadro. Ebbi una strana sensazione nel pensare che il mio culo fosse poggiato su così tanti soldi. Feci una rapida moltiplicazione per le dimensioni dell’intera casa. Deglutii al risultato. Beh… del resto… eravamo sugli Champs Élysées!

Cacciai dalla borsa la cartina di Parigi che avevo comprato alla Feltrinelli. Antonio aveva da poco finito le pulizie e si era seduto sul divano.
– Guarda Antò! –
– Grande! –
Aprii quella cartina che a dimensioni faceva invidia al catasto comunale. La stesi per terra e ci sedemmo ai lati ad osservare la città.
– Allora, vediamo se mi ricordo qualcosa… – disse Antonio, sforzandosi di ricordare delle sue precedenti vacanze con i genitori.
– Noi siamo qui: Champs Élysées, qui c’è l’Arc de Triomphe, qui vicino c’è la Tour Eiffel, non è lontano… ci possiamo andare anche a piedi. Qui c’è Notre dame e il Louvre, anche lì potremo andare a piedi… poi… –
Mentre osservavo Antonio che indicava luoghi e percorsi sentii picchiettare sul muro.
– Di chi è la pallina? – chiese Ciro che stava giocando.
Lo osservai con terrore.
– È mia! Posala subito! – gli intimai.
– Ok ok! Calma! La poso! – rispose Ciro.
– Ragazzi! Allora usciamo o no? –

Scendemmo in strada; tre ragazzi improvvisati turisti. Percorremmo tutta Avenue des Champs Élysées con la stessa tranquillità delle passeggiate in corso Buenos Aires o Vittorio Emanuele a Milano. Tutta la mia ansia era svanita… e mi stavo preoccupando… mi stavo preoccupando di non avere ansia! Che buffa la vita.
Arrivammo in una strada che costeggiava les Jardin de Tuileries, dall’altro lato invece avevamo la Senna. Più avanti, dopo aver oltrepassato il Louvre con un immenso desiderio di entrarci, arrivammo al Pont Neuf, che a discapito del nome, (Ponte nuovo) è uno dei ponti più antichi della città. Collega le due rive della Senna passando per l’Île de la Cité. E proprio quest’ultima era la nostra meta. La mitica isola nel cuore della città. Vista dalla cartina sembrava così piccola ma appena fui dentro mi sembrò immensa.
E mi fermai un attimo… quando da lontano vidi le due immense torri della cattedrale di Notre-Dame.
Che fantastico spettacolo! La mia mente abbandonò il mondo reale per catapultarsi in un medioevo ancora agli albori. Quando le case a stento superavano i due piani e le macchine e il frastuono dei motori non tormentavano la città. Solo lo scalpitio di zoccoli e carrozze poteva essere udito per le strade; e le voci delle persone… i viandanti e i mercanti con le loro bancarelle; e i preti… che, con i loro canti gregoriani, riempivano le immense navate delle chiese. Quanta storia hai visto Notre Dame? Quante guerre e sangue piangesti? E chissà cosa pensasti quando Napoleone s’incoronò re dei Francesi tra le tue mura… Quante storie hai visto raccontarsi? Come quella dei Gargoyles, quelle strane creature che spuntano in alto dalle tue pareti esterne. E perché non ricordare Quasimodo, comunemente detto il gobbo di Notre Dame, che Victor Hugo descrisse nel suo celeberrimo romanzo.
Notre Dame de Paris.

Entrammo. Il grande Rosone nero, che dominava la facciata esterna, all’interno si dipingeva di colori. Le sue vetrate raccontavano le più comuni storie Bibliche. Sembrava un immenso diamante dalle sfaccettature colorate. Ero incantato nel vedere una così grande e minuziosa opera d’arte. Mi girai e i miei occhi spaziarono nell’immensa navata centrale. Guardai in alto e notai le croci che formavano gli archi a sesto acuto che sorreggevano il soffitto. Ed anche vedendo e toccando quelle mura non riuscii a spiegarmi come delle persone con semplici utensili e nessuna gru, avessero potuto costruire una volta così alta, sorretta solo da massicce colonne e archi rampanti… che, per di più, ha resistito per quasi un millennio, mentre al giorno d’oggi i palazzi con più di 100 anni son da demolire.
Percorremmo la navata laterale. Eravamo nella penombra di candele e qualche faretto. Camminando tenevo d’occhio il centro della chiesa, e la mia mente, come al solito, viaggiò nella fantasia. M’immaginai di essere tra gli spettatori che assistevano all’incoronazione di Napoleone come nel dipinto di David. Vedevo la scintillante corona tra le mani del futuro re; il papa, seduto dietro, che osservava la scena con un po’ di rancore. L’immenso mantello rosso… la corona d’alloro… e la moglie Giuseppina inginocchiata. Stemmi ovunque e tantissime persone. Candele… tante candele… e alla fine, un immenso applauso…
Che magica scena… avrei desiderato viverla in prima persona. Avrei rinunciato a tecnologia e mondo moderno per vivere in quel tempo; e magari essere uno dei generali di Napoleone per avere un posto nella storia. E invece la mia storia è ben diversa… è una storia da spettatore che si diletta a descriverne qualche pagina quando ha tempo. Ma il tempo sembra non bastare mai…

Biiiip
Il cellulare di Antonio squillò. Era un messaggio.
– Ragazzi! Fra poco avremo compagnia! –

 

 

Blog su WordPress.com.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: