La Coinquilina perfetta #9

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La vita in casa scorreva tranquilla. Qualche piccola incertezza dovuta a Roberta che ogni tanto metteva a soqquadro i piani ben precisi degli altri componenti della casa.
Era distratta, volubile, in continua ricerca di attenzioni… perennemente incollata al cellulare a chattare con chissà-chi. Può una ragazza di 21 anni ridursi cosi? Senza un minimo di ambizioni?
E per di giunta dividere la camera con una ragazza che ha già tutto in testa; già tutto programmato e studiato a tavolino. Quella camera doppia era diventata un perfetto ossimoro: da un lato vedevi Sara intenta a programmare e studiare schemi, dall’altra, Roberta, che divideva equamente il suo tempo tra bacheca di Facebook e chat di ogni genere di programma di messaggistica.
Ogni volta mi chiedevo come facesse Sara a vivere li.
Anche io sopportavo a stento le manie di Roberta ma almeno potevo chiudermi in camera e lasciare tutto fuori. Sara come faceva?
Un po’ mi dispiaceva…

– Sara… se vuoi puoi studiare in camera mia quando non ci sono… – le dissi una volta in disparte.
– No tranquillo.. ce la faccio… –
– Guarda che non c’è problema… –

Sara sapeva bene che la mia stanza era il mio angolo di vita. Un luogo prezioso dove ho legato ricordi… vissuto storie… Racchiudeva tutto il mio essere e non permettevo quasi a nessuno di entrare. E con quelle frasi le avevo dato il permesso. Mi fidavo di lei…

Così, nei giorni a seguire, Sara prese a trasferirsi da me quando non c’ero, in modo d’avere un po’ di tranquillità in più. Era molto attenta e discreta. Non usava la mia comodissima poltrona, anche se poteva tranquillamente farlo. Studiava sul tavolo e non sul letto come il so solito.

Finché un giorno…
– Ragazzi! Stasera festeggio il mio compleanno! Ci saranno anche mia sorella e due amici! –
Disse Roberta.
Io e Sara restammo per un attimo interdetti. Ci guardammo un istante negli occhi come per capire il da farsi. Le chiedemmo qualche altra cosa e poi le assicurammo che ci saremmo stati.
Roberta aveva tutti i difetti di questo mondo, ma era pur sempre una persona e soprattutto la nostra coinquilina, non potevamo lasciarla sola il giorno del suo compleanno. La vedevo come una tappa obbligata. Come quelle feste a cui “devi andare per forza”. Presumevo che anche per Sara fosse stato lo stesso, quindi avrei potuto contare su una spalla con cui parlare.
Fin quando non arrivò la sera.

Tornai presto a casa per non perdermi la cena. Salutai gentilmente gli amici di Roberta e mi sedetti al tavolo.
Sara non c’era ancora. Era fuori chissà dove… e qualcosa mi diceva che non sarebbe venuta.
Roberta tentava di cucinare. Speravo con tutte le mie forze che non ci servisse un piatto di pasta alla nutella. Presi il cellulare e mandai un messaggio a Sara:
“ Dove sei! Qui la situazione è tragica… aiuto”
Mi rispose: “No Ci, io non vengo… “
“Ah grazie! Mi hai lasciato da solo!” le sbottai. Ero nervoso.

Sara non aveva dato buca solo a Roberta, ma anche (e soprattutto) a me. E la cosa mi fece molto arrabbiare.

Quando tornò decisi di non parlarle più.

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La Coinquilina perfetta #8

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Non ci potevo credere, avevo studiato il finimondo! Praticamente tutto il libro, ogni singola frase, ogni singolo pezzo e… non ce l’avevo fatta. Non l’avevo passato!
Rimasi scioccato quando aprii il file contenente i voti. Avevo passato tutta la settimana con la curiosità di sapere se avessi preso un 25 piuttosto che un 27, non avevo nemmeno formulato altre ipotesi sul mio esito. E Invece, compariva ben chiara accanto al mio nome, la scritta insufficiente.

Restai con gli occhi sbarrati per circa un quarto d’ora a fissare il pc. Cercavo di capire cosa avessi sbagliato nel compito. Nulla… non mi veniva in mente nulla…
Avevo risposto alle domande, avevo scritto correttamente… Cosa era accaduto?
Iniziai a girare per la stanza senza meta.

Avanti e indietro, avanti e indietro… come un cane in gabbia. Poi mi sedetti sul letto con la testa tra le mani. Non mi ero nemmeno accorto di aver lasciato la porta della camera aperta.

Sara ci passò davanti per andare in bagno e mi vide.
La guardai con gli occhi rossi.

– Cosa c’è? Qualcuna non te l’ha data? – disse ironica, col suo solito cinismo.
– No Sa… è che… – balbettai.

Non rispondendo alla sua battuta con la solita ironia, Sara capì che si trattava di una cosa seria. Entrò nella mia stanza e si sedette accanto a me.
Mi guardò…

– Non ho passato un esame Sara… – dissi.
– Vabè… capita… – rispose, mostrando una strana compassione.
– Era facile! Anzi quasi banale! – dissi disperato.
– Dai… avrai interpretato male… succede! A volte i professori vogliono una cosa e tu ne scrivi un’altra. –
– Già… forse è andata così… –  risposi, cercando di calmarmi.
– Ok! Adesso tirati su… Cosa vuoi per cena? Cucino io! – disse la mia coinquilina.
– Eh?! Vuoi cucinare tu? – chiesi, quasi sorpreso.
– Si certo mister perfettino! So cucinare anche io! Ma niente robe strane! La scelta è tra pasta al sugo e pasta al pesto… anzi no… non c’è scelta… pasta al pesto! – disse seria.
– … ci metti anche la pancetta? – chiesi con fare pietoso.
– Si ok… – acconsentì.

Sorrisi.

– Dai, vado a preparare… tu alzati, lavati la faccia… tranquillizzati che non è morto nessuno… La prossima volta andrà meglio… vedrai… – disse andando in cucina.

La vidi sfilar via dalla mia camera con passo sicuro… cercando di capire come facesse a restare sempre così fredda e razionale. Sara non era di certo il massimo nel consolare le persone, ma apprezzavo molto il suo gesto. Non era da lei. Mi stavo quasi commuovendo.

Ripresi le forze. Guardai in direzione della cucina sentendo il rumore delle pentole. Sara stava iniziando a cucinare.

– Sara… – la chiamai.
– Dimmi… – mi urlò dalla cucina.
– Ce la metti la cipolla vero? –
– NO! –

La Coinquilina perfetta #7

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Non passarono molti giorni prima che io e Sara ci accorgessimo di aver fatto un grosso errore di scelta. La nuova coinquilina si dimostrò essere, quasi da subito, una neofita del mondo degli adulti. Ovvero: non era capace di svolgere qualsiasi attività casalinga. Sembrava che avesse vissuto l’ultimo anno fuori casa in una specie di sfera di cristallo, dove racchiudeva il suo mondo fantastico ancora ricco di sogni irrealizzabili. Purtroppo io e Sara, i sogni (quelli irrealizzabili come volare o essere un robot), li avevamo già abbandonati verso la fine dell’adolescenza e ci stavamo concentrando su obbiettivi statici come gli esami universitari.

Ma come intaccava lo stile di vita di Roberta con i nostri progetti?
Tutto iniziò quando mi chiese un po’ di scotch…

– Ciro… –
– Dimmi Roberta… entra pure.. –
– Ciao… hai dello scotch per caso? –
– Certo, che devi fare? –
– Appendere un cartellone… –
– Mmmm forse questo dovrebbe tenere…. – dissi porgendole il nastro.

Purtroppo conoscevo bene la mia ribollente curiosità quindi mi alzai e la seguii nella sua stanza con l’intento di darle una mano. Sara era sul letto che studiava e appena entrai mi rivolse un sorriso poco rassicurante.

– Ecco… voglio appendere questo! – disse Roberta.
Mi trovai di fronte a un enorme foglio bianco con sopra disegnati una discreta quantità di personaggi fiabeschi quali Biancaneve, Peter pan, Topolino….
Lì per lì non diedi troppo peso al disegno estremamente infantile, in virtù del principio che ciascuno è libero di fare ciò che vuole. Ma, quando chiesi a Roberta dove volesse appenderlo e lei rispose:
– In cucina! – con un sorriso a ventiquattro denti e disegnando un cuore con le mani, non ce la feci a non esprimere il mio (enorme) disappunto.
– Scordatelo! –
– Ma come no?! Ciro! – implorò Roberta.
– No! Non voglio che la cucina assomigli ad un asilo nido! In camera tua puoi appenderlo dove ti pare! – le dissi e feci per andarmene, quando mi bloccai e voltandomi sull’uscio della porta continuai:
– Sempre se Sara ti da il permesso! Ovviamente! – dissi con un sorriso maligno guardando Roberta mentre Sara mi rivolse uno sguardo glaciale.

 

Continua…

La Coinquilina perfetta #6

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Ero in ansia. Non sapevo quello che poteva capitare. Non mi ero mai trovato nella situazione di avere una “complice” o meglio una “spalla”, per così dire, nel gestire l’affitto della stanza.
Nel corso degli anni sono sempre stato solo… forse perché ero l’unico a restare in quella casa.

Sara ed Io eravamo entrambi in piedi nell’ingresso di casa ad aspettare che la porta si aprisse e ci rivelasse il volto dell’ipotetica futura coinquilina che avrebbe sostituito Carmen nella camera doppia.
Sara appariva tranquilla. Messaggiava al cellulare con qualche amica lontana. Io invece ascoltavo il rumore dell’ascensore che era appena arrivato al nostro piano.
Mi avvicinai alla porta e l’aprii lentamente. Dopo poco, vidi apparire la visitatrice della casa. Ma non era sola. Con lei c’era anche la madre e un simpatico bassotto che s’intrufolò in casa e iniziò a girovagare annusando ogni cosa.

“Pluto vieni qua!” urlò la madre.. “Scusami… di solito è più buono” disse rivolgendosi a me.
“Non si preoccupi… basta che non entra nella mia…. “

Corsi immediatamente a chiudere la porta della mia stanza sbarrando la strada al piccolo animale. Purtroppo i miei aggeggi elettronici non erano adatti a denti e unghia affilate…
Sara sorrise e colse l’occasione per presentarsi alla madre e alla ragazza.
“Piacere Sara.”
“Sono Roberta… piacere..”  e disse solo quello, poi parlò la madre per tutto il resto della visita.

Iniziai:
“Le mostro la casa signora… qui c’è la cucina… qui il bagno… qui il ripostiglio…”
Feci il classico giro che facevo ormai ogni anno fino ad arrivare alla camera di Sara. La mia coinquilina prese l’occasione e continuò lei il tour. Mi fermai sulla porta ad osservare come mostrava la casa agli ospiti. Era dolce e cordiale… affabile e mansueta. Era strana… quasi un’altra persona, io che la conoscevo da quasi due anni difficilmente riuscivo ad immaginare un ghiacciaio tibetano sotto quell’aura calorosa. Dovevo ammettere però che spesso riusciva ad ingannarmi perfettamente!
Forse, quella ragazza, non la conoscevo così bene come pensavo.
“Bene… signora… ha visto la casa… se vuole altre info questo è il mio num….”
“Aspetta Ciro…” disse seria e si rivolse alla figlia “Tu che ne dici… la prendiamo?” le imboccò la scelta e la figlia annuì senza proferir parola.
“Si Ciro, per noi va bene… potremo prenderla da subito…”
“Beh… “ guardai Sara per un’istante. Lei non mi fece nessun cenno di diniego.

Tutti guardavano me.
La mia coscienza mi urlava di sbolognare la ragazzina taciturna accompagnata dai genitori. Non sembrava affatto una ragazza che sapesse come si vive da soli; ma, mentre nella mia mente comparivano “no” a caratteri cubitali, dissi:

“Va bene… Le dò il numero della proprietaria… cosi parla con lei per il contratto…”

 

Continua…

La Coinquilina perfetta #5

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Passò qualche giorno. Il clima in casa si era notevolmente raffreddato. Ero tornato ad essere il freddo coinquilino di sempre. La notizia della loro dipartita mi aveva un po’ destabilizzato.

Mi ero abituato a loro. Mi ero abituato al freddo raziocinio di Sara, che andava molto d’accordo con il mio; mi ero abituato all’odore di qualche sostanza illegale che spesso usciva dalla cucina mentre Carmen studiava; mi ero abituato ai discorsi, alle risate… alle prese in giro… al tempo perso in cucina dove ora mi fermavo più volentieri. Tutto perso… Tutto doveva essere ricostruito d’accapo con nuove persone… nuovi coinquilini.

Era sera. Carmen era andata chissà dove. Restavamo solo io e Sara.
Entrai in cucina.

– Ciao Sa’… stai cucinando? –
– Sì… ma uso solo un fornello, gli altri sono liberi –
– No, tranquilla aspetto che finisci… –
– Ciro! –
– Sì? –
– Cucina! –
Sorrisi. A volte mi dava questi strani ordini ironici. Era il suo modo di dimostrare gentilezza.
Presi una padella e l’appoggiai su un fornello. Eravamo fianco a fianco.
Il cucinotto della casa era separato dalla cucina. Piccolo e quadrato, davanti avevi i fornelli e dietro il lavandino. C’era il giusto spazio solo per due persone, per questo preferivo cucinare da solo. Sono uno che ha bisogno di avere tutto sotto controllo e avere un’altra persona in mezzo mi fa innervosire. Con Sara però era diverso. Mi capiva. Prevedeva quello che dovevo fare. Se dovevo scolare la pasta, si spostava e apriva il rubinetto per far scorrere l’acqua nel lavandino. Se dovevo abbassare una fiamma o accendere la cappa bastava uno sguardo. Ci capivamo… forse eravamo più simili di quanto non sembravamo.

– Io ho finito… – disse.
– Tra poco anche io… –
– Mangi di qua? – mi chiese dato che era mio solito cenare in camera davanti alla tv.
– Si apparecchia anche per me… –
Sara prese la tovaglia a quadri arancione e la mise sul tavolo. Piegò un paio di Scottex a mo’ di fazzoletti e mise le posate. Accese la radio e si sedette, aspettandomi, per mangiare.

Spensi il fornello e riversai nel piatto la mia pasta al pomodoro.
– Buon appetito Sara… comincia pure… – dissi mentre prendevo posto a tavola.
– Buon appetito… –
– Carmen? E’ uscita? – le chiesi.
– Cì… con Carmen non scorre buon sangue… abbiamo avuto un po’ di discussioni ultimamente… per questo è sempre fuori… –
– Ah.. mi spiace… –
– Niente di serio… però il nostro rapporto s’è incrinato… –
– Colpa mia? –
– No Ciro… non è mai colpa tua! – sorrise.
– beh… io chiedo… –

Passò qualche minuto di silenzio. Il rumore delle posate e la musica della radio faceva da sottofondo.

– Cì,… –
– Dimmi? –
– E se non cambiassi casa? –
– Torni in Calabria? – chiesi ironico.
– Scemo, dico, se restassi qua… –
– Ci sarebbe un solo problema… – le dissi.
– Quale? –
– Quello di trovare una nuova coinquilina che condivida la stanza con una fredda, acida… ehm dolce, simpatica… ragazza come te.-
– Dici che è difficile… –
– Non impossibile… iniziamo domani? –

 

Continua…

La Coinquilina Perfetta #4

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Era una serata non troppo fredda di un settembre che volgeva al termine. Era il 2014 e tra qualche giorno avremo dovuto firmare il contratto d’affitto per il nuovo anno con la proprietaria. Non ci pensavo più di tanto. Ero immerso tra gli esami e storie d’amore problematiche.

Lavavo i piatti dopo la mia solita cena delle otto in punto. Ero nel cucinotto quando arrivarono improvvisamente le mie due coinquiline… insieme.

Era strano che Sara e Carmen venissero a parlarmi insieme. Era successo sicuramente qualcosa: il bagno che perde, la maniglia che si era svitata, una luce fulminata… la mia mente era già partita a fare diverse ipotesi.

“Ciro… “ iniziò Sara con tono serio.
“Dimmi Saretta… che è successo?”
“Noi abbiamo intenzione di cambiare casa… “
Smisi improvvisamente di lavare i piatti. La guardai… ma non potevo farci niente.
“Si… capisco…”
La conversazione proseguì per poco. Appena finii i miei mestieri in cucina, andai in camera. Chiusi la porta e sospirai. Sapevi che poteva capitare… pensai. Ognuno ha la sua vita… ognuno ha la sua strada… Non potevano restare lì per sempre… anche se la convivenza cominciava a funzionare…. Dopo molti anni.

Mi sedetti al tavolo e, con l’intento di scacciare i pensieri, mi rifugiai negli esercizi di statistica. Purtroppo però, nemmeno il coefficiente di Gini riusciva a distrarmi da quello che stava per succedere. Ero demoralizzato…
Ci speravo… speravo che restassero un altro anno.

Purtroppo non potevo farci niente…

Continua…

La Coinquilina Perfetta #2

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I mesi si susseguirono veloci. Sara e Carmen si ambientarono bene nella casa milanese. Imparai a conoscerle col tempo attraverso i gesti quotidiani delle singole due. Sara era la precisa, parlava e ti contraddiceva ogni qual volta poteva farlo. Carmen era molto più calma, socievole e incline al discorso, non contraddiceva mai una tua affermazione.
Quelle due erano un perfetto ossimoro… e spesso mi chiedevo come facessero a dormire insieme nella stessa stanza.
E’ sempre stato un mio dubbio…

“Ciro… smettila di guardarmi… mi metti ansia…” Disse Sara mentre cucinava.
“Ma come! Non sto dicendo niente…”
“Tu no… ma i tuoi occhi dicono tutto!”
“I miei occhi?”
“Sì lo so… ci voleva più olio… non va bene che poggio il cucchiaio sporco sul tavolo… il fuoco è troppo alto… “
Sorrisi… “Hai dimenticato che devi accendere la cappa… “aggiunsi.
“Vedi? Ormai ti conosco…”

Ormai ti conosco… disse… e quella frase risuonò nella mia testa. Mai nessuna coinquilina o coinquilino l’aveva mai pronunciata. Stava scattando qualcosa… un qualcosa di diverso.
Beh.. a questo punto c’è da spiegare un po’ di me e di come sono fatto. Sono sempre stato un tipo non molto incline alla socializzazione… sempre un po’ riservato e chiuso con gli altri. I rapporti sociali sono sempre stati difficoltosi e quei pochi che ho, ho sempre cercato di tenermeli stretti il più possibile. Nei primi anni di convivenza con altre persone non sono riuscito mai a instaurare amicizie durature, pur vivendo in casa con la stessa persona per un intero anno. Sembra strano, ma è così… e non mi è mai dispiaciuto più di tanto quando qualcuno abbandonava la casa al termine del contratto. Ora… Sara era lì, intenta a cucinare il suo merluzzo impanato. Aveva pronunciato quella semplice frase che chiunque pronuncia verso un amico. Mi conosceva… riusciva a leggere i miei occhi… capire i miei pensieri… e pur avendo un brutto caratteraccio puntiglioso sorrideva nel prendere in giro la mia pignoleria… Ed io? Cosa sapevo di lei? Un cavolo! Non me ne fregava praticamente niente… perché sapevo che a fine anno mi avrebbe abbandonato come tutti gli altri ex coinquilini, finiti chissà dove e mai più sentiti. Tutti sfruttavano quella casa per il tempo che gli serviva e poi… puff…. Tanti saluti…
Non volevo più attaccarmi… non volevo più affezionarmi….
E per fare ciò rimanevo sempre freddo… distaccato… lontano…

Ma qualcosa stava cambiando…

Guardai Sara sistemare il pesce nella padella con la forchetta di metallo. Mi morsi la lingua per non dire niente. Lei mi guardò, sorrise, aveva capito che morivo dalla voglia di dirle che mi avrebbe rovinato la pentola se avesse continuato così.

“Sara?”
“Dimmi Ciro..”
“Tu mi odi?”
“Naaa…. “
“E perché usi la forchetta?”
“Perché la tua faccia sofferente non ha prezzo…”
“Dai… questa è crudeltà… ti prego… usa un cucchiaio di legno!
“Mmmm mi sa che…. Non lo farò!” disse, con tanto di pausa nella risposta.
“Sei perfida…” dissi ironico e feci per andarmene.
Quando mi sentii chiamare.
“Ciro… mica esci stasera?”
“Mmmm non credo…  perché?”
“Beh… Carmen non torna oggi e…. ho paura a restare sola in casa…” disse con un sottile velo di timidezza. Mi aveva confessato un suo sentimento. Una sua paura… una sua fragilità.
“No… non esco. Resto qui…” le dissi guardandola intenerito dalle sue parole.
“Sicuro… guarda che posso andare da una mia amica.”
“No tranquilla Sara… resto… però… devi fare una cosa….” Dissi e presi un cucchiaio di legno dal cassetto. Glielo porsi davanti al viso.

Lei capì e sbuffando lo afferrò.

 

 

Continua…

Storia di una casa (#43)

Storia di una casa #43 Blog

2007/2008

– 43 –

In quegli anni in Afghanistan, una delle tante terre desolate e martoriate dai continui scontri militari, c’erano sentinelle poste a guardia delle basi che, sicuramente, avranno avuto una nottata meno tormentata della mia. Detestavo litigare. Soprattutto per via telefonica, dove non c’è possibilità di contatto fisico. Effettivamente, un po’ di ragione Francesca l’aveva. Mi sentivo responsabile ma, allo stesso tempo, ero stato costretto dagli eventi ad accettare quella situazione. E come l’avevo accettata io, prima o poi, avrebbe dovuto farlo anche lei.

Alzai la testa dal cuscino. Il sole era già alto nel cielo e diffondeva la sua luce in tutta la stanza. Non era però, la sola cosa a diffondersi nell’aria. Sentii un dolce aroma di caffè che stuzzicava il mio olfatto martoriato dall’aria viziata della notte. Il tutto, rese il risveglio più piacevole degli altri giorni. Avanzai lentamente verso la cucina. Sulla porta, sbirciai all’interno della stanza con la mia vista assonnata. Vidi una figura femminile in maglietta bianca e pantaloni rosa muoversi a destra e sinistra.

–       Vuoi Caffè? –
–       Ehm… sì! –

Mi sedetti al tavolo e Floria, come se fosse già di casa, prese una delle vecchie tazzine e me la piazzò davanti. Lentamente versò il caffè bollente al suo interno e mi diede un cucchiaino. Mi sentii alquanto spiazzato. Ricevere quelle attenzioni premurose da una ragazza mi mise in imbarazzo. Avvicinai la tazzina alle labbra per sentirne l’odore. Poi ne presi un sorso e… sorrisi. Era davvero un ottimo caffè. Le feci i complimenti e pensai di poter inserire la cosa tra le qualità della mia nuova coinquilina.

–       Ciro, mi fai vedere dove sono i prodotti per la casa? –
La domanda improvvisa di Floria mi trovò impreparato.
–       Sì… arrivo. Sono in bagno… ecco qui… –

Aprii il mobiletto del bagno e quello che doveva sembrare una dispensa di prodotti, sembrava un museo di anticaglie. Sgrassatori e detersivi vuoti o semivuoti troneggiavano senza potere. Pezze vecchie e strofinacci inguardabili riempivano i vuoti. Guanti mai usati, bombolette di spray anti scarafaggi vuote e spugne corrose dal tempo…
Floria cercò di trovare un senso a quel disordine ma, quando con una mano tirò fuori tre contenitori di detersivo per pavimenti vuoti, mi guardò con una faccia interrogativa. Cercai di dire qualcosa ma dalla mia bocca non uscì niente. Floria mi bruciò sul tempo e, indicandomi minacciosamente la cucina col suo indice, disse:

–       Vammi a prendere un sacchetto, per piacere! –

Risi sotto i baffi per quel finto ordine e tornai da lei con una busta allargata tra le mani.  Rapidamente, la mia coinquilina, buttò dentro tutto ciò che si trovò a tiro e che sembrava avere più di un anno di vita. Tentai di muoverle qualche timida protesta, ma non ci fu verso di sminuire il suo sguardo minaccioso.

Alla fine di tutto, ci trovammo a guardare il mobiletto del bagno vuoto.
Guardai il ripiano… poi guardai lei.
– Bene! Mi sa che dobbiamo andare a fare un po’ di spesa! – disse Floria soddisfatta.

continua…

Storia di una casa (#41)

Storia di una casa #41 Blog

2007/2008

– 41 –

–  …E poi c’è Fightclub, lo adoro! E’ uno dei miei film preferiti! –
–  Sì! L’ho visto! Mi è piaciuto un sacco! –

Aprii con molta calma il portone di casa. Entrai per primo. Floria mi seguiva, trascinando con sé il suo grosso trolley. Sembrava stanca e provata dalla lunga giornata. Depositammo le valigie nella sua camera coricandole sul pavimento parquettato. La vidi dirigersi subito verso la finestra e spalancarla. Volle cambiare aria a quella camera che per lunghi mesi era stata chiusa. Si tolse il lungo cappotto e lo depositò sul divano. Osservai l’indumento e pensai che gli si dovesse dar merito per aver nascosto con così tanta cura un fisico che, altrimenti, non sarebbe passato inosservato.
Oggettivamente, Floria aveva un bel corpo. Gambe lunghe e fianchi stretti impreziosivano il suo portamento slanciato. Indossava un paio di jeans scuri, sotto a una maglietta beige in cotone a maniche lunghe. Le sue esili mani, con unghie ben curate erano già intente ad aprire una delle due grandi valigie sul pavimento. Non voleva darla vinta alla stanchezza quella sera. Nel frattempo, avevo preso posto su uno dei due letti e le stavo raccontando qualcosa di me. Lei mi chiese, con distratta curiosità, quanti anni avessi, mentre poggiava il primo maglione sul ripiano dell’armadio.
– 20 –
Improvvisamente si girò verso di me, come se quella risposta l’avesse spiazzata.
– Non l’avrei mai detto! Pensavo fossi più grande… – disse.
– Beh… forse la barba incolta e l’aspetto trasandato possono averti deviato… – buttai lì, ironicamente.
Abbassai lo sguardo silenzioso e, fissando i tasselli del parquet, cercai qualcosa da dire. Floria continuava il suo lavoro di svuotamento della valigia, quasi incurante che io fossi lì vicino.
– Tu, invece? Quanti anni hai? – chiesi.
– 25 –
– 25? Caspita! Nemmeno io l’avrei mai detto! –

In realtà, al contrario di ciò che pronunciai, la mia esclamazione sarebbe dovuta essere: “Caspita! Sei più grande di me!” per renderla più simile a ciò che davvero pensai in quel momento. Non volli sprigionare il mio vero pensiero per non rendere la situazione più strana di quanto già non lo fosse. Mi sentivo in difficoltà. Il mio rapporto con ragazze più grandi di me, fino ad allora, s’era limitato a casi sporadici. Diciamo che, l’universo femminile da me conosciuto non andava oltre la mia età. Al di là del quale c’era un vuoto totale. Mi sentivo disorientato. Non sapevo come rapportarmi, quali cose dire o quali comportamenti evitare per non sembrare infantile. Però, nonostante tutte le mie inutili paranoie, la cosa mi affascinava. Avrei potuto studiare il suo carattere in segreto e carpire qualcosa in più sulle donne.

Floria si girò verso di me e mi chiese:
–  Hai già cenato? –
–  Veramente no… –
–  Ho visto che qui sotto c’è Pizza Mundial… ti va se scendiamo a prenderci una pizza? –

Accettai subito il suo invito. Non dico mai di no a chi mi offre di mangiar fuori o di bere una birra. M’infilai rapido il cappotto mentre Floria mi aspettava già sul pianerottolo. Chiusi la porta a chiave senza badare che, tra lenzuola del letto, il mio cellulare aveva iniziato a squillare…

continua…

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