Frammenti di vita #82

casa annalisa

triiiinn

Suono il campanello

Dopo pochi secondi sento i passi di quella che sicuramente sarà Annalisa. Mi apre.
– Ciaoooo – mi abbraccia forte.
Il suo saluto è sempre il più caloroso.
– Ma cos’è sta barba! – mi chiede subito.
– Sai che non me la taglio quando ho gli esami… –
– Sembri quello di coast away! –
– Mi manca solo un amico immaginario con cui parlare – rispondo.

Mi lascia solo.
Mi accomodo sul divano. La sorella è in cucina. Saluto anche lei.
Guardo la casa…
E’ una bella casa in uno di quei vecchi viali milanesi. Mi sarebbe piaciuto abitarci.
Insieme ad Annalisa poi…
Il prototipo della perfetta coinquilina.

– Ciro! Ho una grandissima novità! –
– Su amazon hanno iniziato a vendere cibi bio? –
– No! Stasera si tromba!! – disse battendomi il 5.
– Che signora che sei! La femminilità dove l’abbiamo lasciata? Su! Un po’ di contegno! – dissi con sarcasmo.
– Non rompere! –
– Su.. dimmi.. chi è il fortunato? –
– Un tipo strano.. ma simpatico.. ancora niente di serio.. anche se vorrei… bah.. chi li capisce sti maschi… –
– Chi ti capisce a te! Sei la persona più socievole ed estroversa del mondo ma a volte fatico a capirti anche io! – dissi.
– Eh lo so cì… cioè lo so… ma non lo so… –
(mano sulla testa)
– Vedi di farglielo capire stavolta a questo tizio cosa vuoi! –
– Vedrò… intanto aiutami a scegliere cosa mettere stasera! –
– Eh? Mi hai preso per il tuo “amico gay”?!?! –
– Scemo dai! Aiutami! Tu sei l’unico che mi dice davvero come sto! –
– Si ma il mio cinismo va usato solo in ambito eterosessuale! –
– Aspettami qua! –

Accesi la tv, mentre Annalisa si cambiava nell’altra stanza.
Voleva far bella figura stasera con il ragazzo di turno.
Forse ci teneva davvero a questo ragazzo. Forse non era una storia passeggera…
– Allora come sto? – disse presentandosi sull’uscio del salotto.
– Bene.. bene….  la camicetta è orribile… ma il resto va bene… –
– Dai Ciro! Questa è di lino! l’ho presa in una boutique… non capisci niente! – rispose e tornò a cambiarsi.
Sorrisi. Questo gioco sembrava divertente.
Annalisa tornò subito dopo con una maglietta nera.
– Stai scherzando vero? – le dissi serio.
– Perché!? –
– Vai di la e togliti quella cosa! Non hai più quindici anni! Su! –
– Ma l’ho presa ad un concerto! Mi piace! –
– E tu la vorresti mettere per uscire fuori a cena con un ragazzo? –
– Uff… –

La vidi andarsene. Sorrisi di nuovo.
Cercavo di capire cosa passasse nella testa di quella trentenne.
Ogni tanto se ne usciva con strane pazzie…
Conoscevo tutti i suoi “amori” iniziati e poi sempre sfumati. Ogni volta mi raccontava e concludeva con – Ciro… che devo fare? –
E ti piange il cuore quando gli occhi della persona più solare del mondo s’intristiscono.
“Ti devi fermare Anna… tu vuoi viaggiare… stare in giro… prendere e partire da un giorno all’altro… in qualsiasi momento e con chiunque…
capisci che è difficile costruire una storia con una che sparisce per una settimana perché sta in Thailandia con qualcuno conosciuto alla fermata del tram?
… quindi… o ti fermi… o trovi qualcuno che ti segua…” le dissi quel giorno.
Erano parole dure… ma che solo io potevo dirle.
Spero che le abbia capite.

Usci di nuovo dalla camera da letto.
– Come sto? –
– Bene… stai bene… così lo stendi! –

Dissi… anche se, nella mia mente giravano mille ipotetici difetti. Ma per questa volta… lasciai perdere…

 

Frammenti di vita #68

Compleanno Annalisa 30 anni-7 copia

 

Cara Anna

Ho ritrovato questa foto riordinando le mille cartelle che avevo.
Ricordi? Te l’ho scattata al tuo compleanno.
In un momento particolare della tua festa.
Hai organizzato una grigliata in riva la fiume per i tuoi trent’anni… invitando tutti i tuoi amici e anche me…
E come al solito hai dovuto convincermi a causa del mio caratteraccio e le mille cose di cui sono preso.
Purtroppo non sono come te… vorrei buttarmi in tutto ciò che mi si presenta davanti… ma non ci riesco ancora.

E’ stata una festa fantastica… Una grigliata piena di sorrisi, di amici, di voglia di vivere e di essere spensierati…
E al centro c’eri tu… amica mia… che hai tagliato questo strano traguardo che non ti si addice proprio. Sempre sorridente… sempre felice… nemmeno una lacrima… sempre come sei…

Poi… ti sei assentata un attimo.
Ti sei seduta in riva al fiume.
Non so immaginarti triste e questa foto forse può aiutarmi.
A cosa pensavi?
Alla vita che corre veloce?
O all’enorme melanzana che nessuno voleva mangiare ed io ho tirato nel fiume?
E’ sempre un dilemma capire i tuoi pensieri.

Quindi, mi son seduto anche io ad osservarti su telo poco distante
Ho tirato fuori la macchinetta e ti ho scattato questa foto…
E pensare che allora non ti regalai niente per il tuo compleanno…
Quindi forse rimendo stampandoti questa foto…

E, anche se ci vorrà un po’ di tempo per trovare una cornice bio in bambù di un albero deceduto con morte naturale, no ogm, vegan e crudelty free…
Ce la farò…

Buona vita amica mia.

 

sfondo.jpg

(a pensarci potevo anche regalarti la storia che scrissi anni fa…
Corsi e ricorsi storici 
ma ci tengo a conservare la mia aria da stronzo nei tuoi confronti!)
:P

Frammenti di vita #12

Cellulare letto Rosso

 

In un pomeriggio qualunque, Annalisa messaggiava con il suo cellulare seduta vicino alla spalliera del suo morbido letto. Di fianco a lei c’ero io che cercavo di procurare una connessione internet al suo malandato pc.
Dopo esserci riuscito, Annalisa buttò un occhio e mi domandò:
–       Come hai fatto? –
–       Ho condiviso la connessione del cellulare… –
–       … e… come hai fatto… a farli connettere? –
A quel punto mi girai e la vidi intenta a scrivere un messaggio. La sua attenzione verso di me era calata drasticamente. Era, odiosamente, solita far così. Quindi…
–       Beh Anna… Ho preso il tuo pc e ho mandato un invito a cena al mio cellulare… –
Anna continuava a scrivere, tutta concentrata.
–       Poi, la sera stessa sono usciti… –
Anna non accennava a interrompermi. Aveva sconnesso il suo cervello.
–       …eh, si son piaciuti… da cosa nasce cosa… –
Mi avvicinai a lei.
–       e son finiti a condividere la connessione! –
Anna si girò. Mi guardò.
–       Che hai detto? –
–       SEI SEMPRE LA SOLITA! PARLO E TU NON MI ASCOLTI! –

Corsi e Ricorsi Storici (IX)

Corsi e Ricorsi storici 9 Nino Bixio

(Foto personale)

e

Epilogo Parte due

Nino Bixio fu un personaggio chiave per il Risorgimento italiano. Strinse rapporti con Mazzini, partecipò ai moti carbonari, fu al fianco di Garibaldi, partecipò….
Ah… ormai sapete già tutto.
Guardai di nuovo l’insegna marmorea della strada. Ero alla solita fermata del 23. Sfatto, scapigliato, disordinato. Mi sistemai la sacca con l’insalata pronta da condire sulla spalla. Avevo i muscoli indolenziti. Tutte le corse che avevo fatto quel giorno mi avevano sfinito.
Per un attimo ripensai a tutto e magicamente sorrisi.
Annalisa, a suo modo, aveva stravolto ogni mio pensiero. Come c’era riuscita? Dov’era finito il Ciro che s’incazzava a ogni minimo imprevisto? Scomparso, defunto! Era riuscita a disegnare strane linee colorate nel mio mondo monocromatico in bianco e nero. Sprigionava purezza da ogni poro ma ogni vota che tentavo di entrare nella sua mente, era come aprire una cassaforte.  Sicuramente, sbaglio a voler ridurre il suo carattere a un modello preconfezionato. Dovrei far diventare essa stessa uno dei miei modelli di personalità cui ricondurre vagamente altre persone. Al mondo ce ne saranno poche di persone come lei. Aver la voglia di vivere ogni giorno nelle vene non è per niente facile. Forse dovrei imparare da lei a trattare ogni giorno come se fosse un giorno speciale…

Il tram stava arrivando. Guardai in direzione della casa di Annalisa, come a volerla inconsciamente salutare. Tolsi la sacca che mi aveva dato e la osservai.
Quante me ne hai fatte passare? pensai mentre osservavo il contenuto.
Di fianco a me c’era un cestino.
So che mi odierai per questo, ma tanto non lo verrai mai a sapere!
Presi la sacca con l’insalata pronta da condire e la lasciai andare all’interno del cestino.
Senti un tonfo secco e salii sul 23.

  .

.

.
Corsi e Ricorsi Storici:

Qualche anno prima Annalisa ed io eravamo seduti sul sedile posteriore della macchina di mio padre. Lui era alla guida e di fianco c’era il padre di Annalisa.
I due sono stati grandissimi amici da giovani e ne avevano fatte di cotte e di crude.
Raccontarono della mitica 500 e di tutte le storie che ci giravano intorno. Delle ragazze… delle gite al mare… dei viaggi e di tutte le marachelle che avevano combinato.
I due sessantenni ridevano felici di un passato memorabile.
Annalisa ed io li ascoltammo divertiti.
Ci guardammo e sottovoce Annalisa mi disse:
“Non sapevo che i nostri genitori fossero così amici… E’ divertente pensare che lo siamo anche noi… come se si chiudesse il cerchio.
Proprio come se fossero Corsi e Ricorsi Storici!”

Fine

Corsi e Ricorsi Storici (VIII)

Corsi e Ricorsi storici 8 Nino Bixio

(Foto personale)

 

Fu così che mi ritrovai a correre di nuovo, lungo la mia amatissima Nino Bixio. Stanco e sfatto, con un’insopportabile borsa di troppo: la busta di stoffa contenente l’irrinunciabile insalata pronta da condire di Annalisa. Quella ragazza alla fine c’era riuscita a farmela portare a presso. La prossima volta però, non mi frega!
In mano avevo i due cellulari che Lia mi aveva chiesto di consegnare a scuola. I miei “no” alla fine avevano ceduto di fronte alle loro dolci insistenze. Annalisa e Lia avevano un treno da prendere. Il treno che avevamo prenotato qualche ora prima. Forse Lia non sapeva ancora che doveva farsi tutto il viaggio in piedi perché quella pazza di Anna aveva preso i biglietti senza il posto assegnato. Non dissi niente a riguardo, lasciando a Lia il gusto della sorpresa. Dopo averle salutate, presi i cellulari ricevendo qualche vaga indicazione sul luogo, la scuola, i ragazzi e le azioni da compiere. Poi corsi via da loro… “L’orario scolastico” era quasi ultimato e non volevo di certo trovarmi in mezzo ad una baraonda di ragazzi chiassosi.
Ma… rimettendo insieme tutte le informazioni che Lia mi aveva dato frettolosamente, capii che c’erano molti buchi vuoti nel piano. Non conoscevo niente eccetto l’indirizzo della scuola dove dovevo andare. Aule, corridoi, nomi dei ragazzi, i bidelli… Mille domande sbucavano da ogni dove nella mia testa iperprogrammatica, mentre, svoltando a destra, lasciavo Bixio per un’altra strada. Vidi il palazzo della scuola da lontano. Attraversai la strada e mi diressi all’ingresso. Non so, ma avevo la pelle d’oca a entrare in una scuola. Non ero più abituato. Sentivo sulle spalle il peso dei ricordi, come se fosse una pesantissima cartella piena di libri. Ricordai il Ciro adolescente di molti anni prima. Ricordai i piccoli problemi di ogni giorno che rapportati a quelli di adesso sembravano sassolini. Ricordavo tutto, ma non la felicità. Era presente allora?
Ricordo:
 
Quella volta che, ad occhi spenti e verso il basso…
Pioveva…
Sulle spalle una cartella pesantissima…
e nelle orecchie le cuffiette di un walkman grigio.
Aspettavo mia madre che venisse a prendermi.
Solo.
La pioggia mi aveva inzuppato tutto.
Lasciavo scendere le gocce insieme alle mie lacrime.
Dicevano che l’adolescenza doveva essere la stagione dei primi amori e della spensieratezza.
Tutte balle…
Soffrivo col cuore a pezzi
Nel mio piccolo giubbino di jeans ormai di una tonalità più scura.
Quel giorno una ragazza mi aveva lasciato.
Non seppi nemmeno bene il perché…
Ma guardai per la prima volta la mia scuola, odiandola.
Odiavo quel posto per avermi portato così tanto dolore.
E volevo fuggir via.
 
Una macchina si fermò.
Scese una donna.
“Ti avevo detto di portarti l’ombrello!”
Non risposi…
perché l’ombrello era nella mia pesantissima cartella.
Quel giorno… io volevo la pioggia.
 
Guardai il cielo nuvoloso. Anche quel giorno si apprestava a piovere. Misi la mano sulla maniglia della porta d’ingresso della scuola media di Porta Venezia. Feci un respiro e tirai la maniglia verso il basso.
Non si apre!
Provai più e più volte ma niente. La porta era chiusa. Mi allontanai leggermente.
Come avrei fatto ad entrare? Mi guardai intorno alla ricerca di una soluzione. Notai poco distante una ulteriore porta d’ingresso. Mi avvicinai a quella ma era chiusa anche lei.
Cavolo!
Cercai qualche pulsante o citofono nei paraggi, non sapendo nemmeno cosa dire per entrare.
Improvvisamente qualcuno uscì da quella porta. Mi avvicinai e appena quella che doveva essere una professoressa fu uscita, mi avvicinai e afferrai la maniglia prima che la porta si chiudesse. Fatta! Ero dentro. Guardai a destra: corridoio. Guardai avanti: corridoio. Guardai a sinistra: corridoio. Dove cavolo vado?! Cercai di ricordare la sezione che mi aveva detto Lia. Doveva essere la E o la D. Detesto la mia memoria corta! Seguii le indicazioni per entrambe e arrivai al secondo piano. Nei corridoi non c’era nessuno eccetto una bidella anzianotta che puliva il pavimento. Mi fissava ed io fissavo lei. Mi avvicinai timoroso.
–       Salve, io dovrei consegnare questi cellulari a due studenti da parte della professoressa Lia ****** –
–       Ah, sì! La signorina *******? So che è dovuta uscire per un’urgenza. Non è niente di grave vero? – mi disse la bidella preoccupata.
–       Beh… si spera che non sia nulla di grave… – dissi restando nel vago.
–       Guardi, i ragazzi sono in quell’aula lì ora glieli chiamo. –
–       No, ascolti, li tenga lei e glieli consegni alla fine della lezione. Così io vado. –
–       Va bene e mi saluti la signorina ********. –

Appena fuori dalla scuola tirai un sospiro di sollievo.
Forse ora posso davvero tornare a casa.

continua…

Corsi e Ricorsi Storici (VII)

Passante Porta Venezia

(Foto personale)

Annalisa è un’insegnante di scuola media e svolge questa nobile professione in una scuola del milanese, insieme alla sua amica Lia. Non domandatemi come faccia una come lei a insegnare geografia o italiano a dei poveri studenti annoiati; so solo, (e ne sono certo) che quei preadolescenti passino il tempo a odiarla e amarla allo stesso modo. Del resto, anch’io l’avrei fatto.
Quell’anno, l’insegnante vintage/indy, s’era accaparrata le ferie per l’ambitissimo ponte dell’immacolata. Cosa che non era stato possibile per la sua collega.
Quindi, Lia, in quel momento, era bloccata a lavoro.
Guardavo Anna, mentre camminavamo nel sottopasso della stazione di Porta Venezia. Cercavo di capire a cosa pensasse quella mente incomprensibile. Di solito non ci voleva tanto. Si trattava di capire di cosa stessero discutendo gli unici due neuroni che aveva.
–  Anna… che facciamo? – le chiesi.
Anna si fermò. Si guardò intorno. Cacciò il telefono dalla borsa e compose un numero.
Iniziò a squillare. Me lo porse…
–  Tieni… sto chiamando la segreteria della scuola. Inventati qualcosa per far uscire Lia. –
–  Anna! Ma sei seria? Anna no! Cazz… Pronto è la scuola media *******? Salve. Avrei bisogno di parlare con la signorina Lia ****** è una emergenza. Grazie. –
“Attenda un attimo”
–  Anna ma sei pazza! – dissi sottovoce alla mia amica, gesticolando come un babbuino.
–  Shhh che ti sentono! – rispose
“Pronto chi è? Che è successo?”
Al telefono si sentì una voce femminile. Era Lia. Anna prese il telefono e lo portò al suo orecchio.
–  We, Lia. Ciao. Tranquilla non è successo niente! – rise.
–  Non ancora… forse un omicidio tra poco! – aggiunsi
–  Senti, ti ho preso il biglietto per scendere. Partiamo tra un’ora. –
“Tu cosa? Anna io sono a scuola!”
–  Su esci! Inventati qualcosa! Dai! Ti aspettiamo all’uscita del passante di Porta Venezia, tra un quarto d’ora! –
click
Annalisa ripose il telefono in borsa con estrema calma e mi guardò.
–  Secondo te ce la farà? – mi chiese dubbiosa.
Non risposi. Le presi una ciocca di capelli e iniziai a tirarla.

Poco dopo ci raggiunse Lia. La scuola non era lontana da dove ci trovavamo. La vidi arrivare tutta concitata. Affannata. Chissà cosa si era inventata per uscire. Non volevo saperlo. Non volevo altre grane quel giorno. Volevo tornarmene a casa e cercare di recuperare qualche ora di sonno in un comodo letto. Ero distrutto. Avevo un aspetto orribile. Annalisa aspettava di fianco a me. Guardavamo Lia raggiungerci. Notai però, qualcosa di strano nel volto di Lia. Qualcosa che mi diceva che quella giornata non sarebbe finita lì.

–       Ciao ragazzi! – ci salutò Lia.
–       Ciao tesoro! – rispose Annalisa con un bacio.
La salutai anch’io. Mi sentivo un tappo tra di loro nonostante il mio metro e ottanta. Entrambe erano alte e slanciate. Lia, dopo aver scambiato i soliti convenevoli con Annalisa, abbassò lo sguardo infilando la mano nella borsa.
–       Anna, sono uscita da scuola con una scusa orribile che nemmeno ti spiego! Ma… – disse Lia.
–       Ma?! – dissi in sincrono con Anna.
–       Beh… mi ero dimenticata che, nell’ora precedente, avevo sequestrato due cellulari ai miei alunni… e… non posso portarli con me! E non posso nemmeno tornare a scuola! Come facciamo? –
–       Neanche io posso tornare a scuola! Ho inventato una scusa peggiore della tua per uscire! – rispose Anna.
A quel punto, prevedendo già come sarebbe andata a finire la cosa, feci un paio di passi indietro, come chi cerca di fuggire da un animale pericoloso senza farsi sentire.
Le ragazze, dopo essersi guardate negli occhi per un paio di secondi, si ricordarono della mia presenza e si voltarono all’unisono verso di me.
Spaventato come se la mia finta fuga fosse stata scoperta, alzai le mani in segno di resa dicendo:
– No, Ragazze! Non ci pensate nemmeno! Io non ci vado in quella scuola! –

continua…

Corsi e Ricorsi Storici (VI)

Passante Porta Venezia 2

(Foto personale)

Di solito, non bazzico mai nella zona nord di Milano. Soprattutto nella stazione di Porta Garibaldi alle 11 della mattina. In quel momento, in realtà, sarei dovuto essere a seguire una noiosissima lezione di strategia di marketing aziendale. Che, per uno che vuole specializzarsi in finanza, è solo uno sbattimento in più da dover sbrigare.
Invece ero lì, a seguire una pazza squinternata nei suoi giri incoscienti.
–  Secondo te lo troviamo un biglietto? – mi chiese Annalisa speranzosa.
–  Sì certo! Chi vuoi che parta da Milano per il ponte dell’immacolata… solo, mmm… TUTTA MILANO? – risposi ironico.

Dopo aver percorso un lungo ed elegante corridoio, arrivammo alla biglietteria della stazione.
Una signora anzianotta dal volto simpatico, ci chiese cosa volessimo.
–  Un biglietto per Napoli, sul primo treno disponibile! – disse la mia amica.
L’espressione della signora bigliettaia mutò. Tirò un bel sospiro e iniziò a digitare i tasti della sua consumatissima tastiera. Assunse espressioni via via più deluse nel costatare che non c’era speranza di partire per quel giorno.
–  Niente… mi spiace… –
–  Nemmeno un posticino piccolo? – la pregò Anna.
–  No, zero. Tutto pieno! Oggi e domani. –
–  Ma io devo partire! –
Anna continuò a pregare la povera bigliettaia incolpevole finché intervenni io.
–  Senta… non si può fare un posto in piedi? Senza il posto riservato? –
–  Sì ma… un viaggio così lungo in piedi… –
–  Non si preoccupi… alla mia amica fa bene stare in piedi! Così si ricorda di prenotare MOLTO prima, la prossima volta. –
Anna mi sorrise. Sapeva che le mie critiche erano solo per il suo bene.
–  Sì… in piedi c’è disponibilità. –
–  Ottimo! Faccia due biglietti allora! – esclamò Annalisa.
Sorpreso, afferrai Anna per un braccio.
–  Che fai? Per chi è l’altro biglietto? – chiesi.
–  Per Lia, scende con me! –
–  Mmm ok… ovviamente presumo che Lia lo sappia. –
–  Eh no… dopo glielo diciamo. –
–  aaaahhh Anna! –
Mi passai una mano sulla fronte mentre la mia amica finiva di pagare i biglietti. Era impacciata tra mille borse e borsettine. Cercai di aiutarla in qualche modo, mantenendole qualcosa.
–  Ecco bravo. Mantieni quella che è tua. –
–  Cosa? –
–  Sì, ci ho messo dentro una busta d’insalata pronta da condire… –
–  Anna… dimmi, perché? Cosa ti ho fatto di male?! Spiegamelo! –
–  Susu! Quante storie! Porta a casa e mangiala! –
–  Aaaahhh –

Più tardi, in metro, ero seduto tra un indiano dal dubbio gusto nel vestirsi e la mia terribile amica. Osservai il suo trafficare con il cellulare. Stava spedendo sms a raffica. Chissà a chi.
–  Lia lavora… non può partire! – disse delusa.
–  Vedi? Non puoi far le cose avventate e sperare che ti vadano bene! Ora chi te lo ripaga quel biglietto? –
–  Ovviamente lei! Perché partirà con me! –
–  Sì e ora mi spieghi come farai a tirarla fuori dal lavoro?  –
–  Ah non lo so ancora… ma tu mi darai sicuramente una mano, vero? –
–  Aaaaahhh! Come devo fare con te! – dissi, scuotendo la testa mentre l’indiano accanto a me se la rideva sotto i baffi.

 

continua…

Corsi e Ricorsi Storici (V)

Corsi e Ricorsi storici 5 Camille

(Foto personale)

Una parete sfocata si presentò ai miei occhi ancora spenti dal sonno. Misi a fuoco lentamente e notai Annalisa aggirarsi per la stanza.

–  Buongiorno! – mi disse mentre piegava un pantalone per poi riporlo in valigia.
–  Buongiorno… – accennai strofinandomi un occhio.
–  Vuoi la colazione? –
–  Cosa hai? –
–  Vieni in cucina con me… – disse uscendo dalla stanza.
Mi avvicinai al bordo del letto per scendere. Ero ancora intontito dal sonno e avevo dimenticato che quellaragazzadisastrata dormiva su un maledetto futon. Così, sbattei i piedi per terra credendo che il pavimento fosse qualche centimetro più in basso. Ahia!
Entrai in cucina zoppicante. Anna era intenta a piazzare cose commestibili sulla tavola che, però, avevano una dubbia provenienza.
– Anna, che sono queste robe? – chiesi, prendendo un barattolo dal tavolo per osservarlo.
–  Quello è farro! Lì ci sono i cereali con la frutta secca. Lì le noci… vuoi del Ginseng? –
–  Eh? Che hai detto? In che parte del mondo mi sono risvegliato? Dov’è il caffè? –
–  A me non piace il caffè! – rispose.
Mi sedetti spazientito. Guardai tutta quella strana roba davanti a me e sorrisi sotto i baffi.
Ma come fa a mangiar sta roba? Pensai.
Fortuna volle che intravidi, nel suo ricchissimo scaffale, una confezione verde con su impressa la foto di un tipo di merendine che amavo.
–  Le Camille!? Hai le Camille! – dissi eccitato.
–  Sì, ne vuoi una? –
–  Ovviamente! –
Presi l’intero pacco e ne mangiai un po’. La mia fame sembrava insaziabile. Annalisa mi guardava e sorrideva. Mi disse che ne avrebbe comprate a tonnellate data la mia fame e i miei gusti.
Intanto si mise a riordinare il suo frigo.
–  Ciro lo sai che starò via per un po’… –
–  Quindi? –
–  Devi portarti via un po’ di roba da mangiare… altrimenti la devo buttare. –
–  Scordatelo. –
–  Dai. –
–  No! –

Tornai in camera da letto dopo la scorpacciata di Camille. Mi rivestii con i vestiti sgualciti della sera prima. Mi stiracchiai facendo scricchiolare spalle e schiena. Annalisa era ancora in cucina a combinare chissà cosa. La stanza era perfettamente illuminata dalla luce del sole. Mi guardai intorno. Libreria, armadio e scrivania straboccavano di cianfrusaglie curiose. Notai un piccolo carillon su di un ripiano. Amo i carillon. Mi avvicinai e girai la piccola manovella. Produsse una stupenda melodia. Mentre suonavo, mi cadde l’occhio su un giradischi in vinile. Era ben tenuto e la collezione di dischi più in basso mi faceva pensare che veniva usato spesso. Non sia mai che quella ragazza si adegui a questi tempi! Su un altro ripiano della libreria, vidi una vecchia macchinetta fotografica. Questa è un Lomo! La presi in mano e fissando nel mirino iniziai a scattare foto a vuoto per la stanza.
Il futon, Clak
Il carillon, Clak
Il giradischi, Clak
Annalisa, Clak
– Ti stai divertendo? – mi chiese fissando il mirino della Lomo.
– Abbastanza… –
– Dai usciamo. Dobbiamo andare in stazione a cercare un paio di biglietti del treno! – disse.
Posai la vecchia Lomo sul ripiano. Anna era già davanti alla porta d’ingresso.
Portai una mano alla fronte pensando all’impossibilità di trovare due biglietti per il treno del ponte dell’immacolata.
Che Dio ce la mandi buona!

continua…

Corsi e Ricorsi Storici (II)

Corsi e ricorsi storici 2

(Foto personale)

Inizio:

“12 minuti, bene!”
Ero disteso sul piumone bordeaux che fasciava il letto da testa a coda. Un cuscino rosso mi teneva la testa leggermente inclinata per osservare meglio il libretto di Sudoku. Con una matita dalla grana pesante incasellavo numeri cercando di non sbagliare. Un orologio sul comodino teneva il tempo dell’esercizio. Era da un po’ di tempo che non m’appagava più la semplice risoluzione, la sfida del momento era finire nel minor tempo possibile.
Incasellare numeri in croci e quadri in rapida successione, per quanto posso essere difficile comprenderlo, risultava rilassante per le mie meningi. Sgombravo, per qualche minuto, la mente dallo stressante e ansioso studio dell’economia. La matita scorreva veloce. Alternava numeri grossi e sicuri, come se fossero fieri di occupare una casella di proprietà; a numeri piccoli e incerti, spesso in coppia, che litigavano ardentemente per il proprio posto. Avevo quasi ultimato il mio Sudoku. Diedi un’occhiata all’orologio. “10minuti, posso farcela”
Ma proprio mentre stavo per incastrare il penultimo numero, il cellulare vibrò, avvertendomi della presenza di un messaggio. La curiosità crebbe. Feci di tutto per riportare la mia concentrazione sul libretto ma i miei occhi scattavano a destra e sinistra percorrendo l’orologio, il cellulare per poi ritornare al Sudoku.
“Chi era?”
“11 minuti”
“Devo finire!”
“8 o 9?”
“E se è importante?”
“12 minuti!”
“il 7 c’è già!”
“13 minuti!”
“Cavolo! Non ce l’ho fatta!”

Mi alzai rapidamente dal letto e raggiunsi il tavolo in legno chiaro dove il mio cellulare era appoggiato. Mentre componevo il pin dello sblocco, sperai vivamente che non fosse il solito messaggio pubblicitario della palestra che m’invitava ad iscrivermi per non toppare la prossima prova costume. In caso affermativo avrei di certo spento il telefono per sempre! (Detto da uno che ha un principio di attacco di panico al solo riavvio)
Fortunatamente, non era la palestra ma un incomprensibile messaggio di un altrettanto incomprensibile amica.
Annalisa:
Ciro! Stasera aperitivo da Lia! Ore 9!
Porta qualcosa! Ciao!
Gironzolai per la stanza con aria dubbiosa. Era tipico di Anna uscirsene con questi messaggi improvvisi. Erano come palloncini pieni d’acqua che si schiantavano contro il muro della mia mente iperprogrammmatica. Mi sedetti sul letto a riflettere.
“Sono le 8, l’aperitivo è alle 9. Dovrei farmi una doccia, vestirmi, inventarmi qualcosa da portare e andare a… dove? Dove caspita abita Lia?”
Trafugai come una casalinga isterica ogni cassetto della mia memoria alla ricerca di quel benedetto indirizzo. Riuscii a trovare solo una via e una fermata della metro 1. Non potevo affidarmi a un vago ricordo, così composi il numero di Annalisa per chiederle le informazioni che mi servivano.
Purtroppo, il secondo difetto di quell’eccentrica ragazza, (secondo solo in questa trattazione) era l’ossessiva fobia di diventare cellulare-dipendente, quindi, onde evitar ciò, abbandonava spesso il telefono in posti remoti della casa, dimenticandosene del tutto.
Dopo circa venti chiamate a vuoto, decisi di desistere. Non avrebbe risposo… o almeno non in tempo. Optai per la doccia. Mi vestii e afferrai una bottiglia di Baileys, conservata in ripostiglio per le grandi occasioni. Nel tragitto dal portone di casa al portone d’ingresso del palazzo, provai a chiamare ancora Annalisa, senza però riuscire a sentire la sua voce nasale.

Con la metropolitana arrivai a una fermata della metro rossa che ricordavo esser quella più vicina alla casa di Lia. Mi guardai intorno cercando di ricordare che forma avesse il palazzo della mia amica. Non ne ricavai niente, quando a un tratto, scorsi tra i passanti il volto noto dell’ex coinquilina di Annalisa. Eleonora. Mi avvicinai a lei che subito mi sorrise riconoscendomi.

– Ciao Ele! Non dirmi che ti ha invitato quella sciagurata di Annalisa?! –
– Proprio così! –
– E dimmi… a te l’ha detto dov’è questa festa? –
– Bo… il palazzo dovrebbe essere questo. –
– Mmm… bene! –

continua…

Blog su WordPress.com.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: