Weekend finanziario (III)

Weekend finanziario 3-46-2

Foto: Piattaforma multimonitors Banca Sella

Rosso… Tutto decisamente e profondamente in rosso!

Giornata negativa.

E la colpa non era nemmeno nostra. Il vento di negatività arrivava dall’oriente. Dal Giappone. Tokio ci stava dando delle belle grane. Lei e la sua politica monetaria “stampaechissenefrega”. Davvero cazzuti i Giapponesi. In barba a qualsiasi teoria economica si son messi a stampare banconote come se non ci fosse un domani, nel vero senso della parola. Dall’altra parte del mondo, invece, gli Americani impiegarono mesi e mesi per definire il loro Quantitative Easing e finalmente elargire liquidità gratis a tutti. Noi invece, indovinate un po’? Una manovra del genere non ce la possiamo nemmeno sognare. Sembra che la strategia della nostra ripresa sia improntata sull’attendere il fallimento degli altri.

Purtroppo però, l’effetto contrario del far piovere soldi dal cielo, oltre la sicura inflazione, è che la borsa, prima o poi ti risponde con un ancora più cazzutissimo -7%, come quella mattina. Forse per i Giapponesi potrebbe essere normale, ma da noi, già un -3% è da panico generale con titolone in prima pagina.

Vista la giornata negativa, immaginai le varie ipotesi di gioco che avrebbero potuto intraprendere i traders. Scrutai i loro volti e capii che avevano già iniziato ad operare.
L’avevo intuito dalle loro espressioni facciali mutate. Lo studio del linguaggio del corpo mi ha aiutato parecchio a capire le persone. Il trader polacco continuava a strizzare le labbra, tipico segnale di stress.  L’italiano a fianco si grattava il mento e l’altro, con molta enfasi, sbadigliava e si stiracchiava. La regia, dietro di me, mandava le immagini dei monitors dei vari trader sul proiettore. Molti erano in negativo, altri in positivo. il polacco aveva messo a segno una buona operazione e una bella freccia verde era stampata accanto alla sua immagine. Un ragazzo italiano stava rischiando grosso, -13%, chissà quanto sarà stato, in percentuale sul suo conto. Una bella botta comunque.

So bene cosa vuol dire aprire una posizione e poi questa ti va in perdita. Succede ad ogni trader. E qui che entra in gioco la vera bravura del trader che, non sta tanto nel guadagnare soldi, (a farlo siam bravi tutti, basta comprare a poco e vendere a tanto, come mele al mercato) quanto nel saper uscire da situazioni difficili. Quando il mercato ti va contro, e le tue mele sono marce. Cosa fai? Tutto sta nel riuscire a piazzare un buon prezzo di vendita, mele o azioni che siano. Intanto però, ti ritrovi lì, a fissare il tuo bel segno meno davanti ai tuoi soldi. Quanta freddezza ci vuole a mantenere il sangue freddo per prendere la giusta decisione? Tanta! E l’ho imparato a mie spese.

Per ammazzare il tempo e distogliere un po’ l’attenzione dalla sfida, sfogliai il depliant del programma della sala in cui mi trovavo. Lessi che il trader polacco dava un seminario sulle sue teorie basate sui cicli lunari. Ma che cazz..? pensai con evidente scetticismo. Come era possibile associare l’andamento dei mercati con le fasi della Luna? Che riferimenti ci possono essere? Certo… a me viene un po’ di mal di testa quando siamo in plenilunio, ma non esageriamo! Povera Luna… se vogliamo addossarle anche la colpa della crisi economica non ne usciremo proprio più!

Din din

Suonò la campana. I giudici salirono sul ring per controllare i conti. Subito decretarono il vincitore del round: un tedesco seduto dall’altra parte. Approfittai della pausa per fare un giro tra gli stand. Uscii dalla sala e la luce mi strinse gli occhi. Pian piano mi abituai mentre percorrevo il lungo corridoio.

C’era molta gente. Molti ragazzi e pochissime ragazze, escluse hostess e promoters. Trovare una donna che faccia trading è quasi impossibile. Non ho ancora ben capito il perché. Dopotutto non è una pratica difficile. Ci son cose ben più difficili. Tipo la medicina, con le sue mille nozioni da tenere a mente e i giusti casi in cui poterle applicare. L’economia, per me, è molto più elastica e soprattutto non muore nessuno se sbagli. C’è sempre un rimedio economico per i tuoi errori. Anche la crisi è fra di essi e con una buona cura dovremmo uscirne.

Dicono. 

Per come la penso, essendo entrati nella situazione di mercati concorrenziali tra stati, non se ne uscirà mai. Alcuni giornali l’hanno chiamata guerra economica o guerra delle valute. Si combatte con la svalutazione della propria moneta, per poter offrire al mondo prodotti a prezzi stracciati. Tradotto: scordiamocela la ripresa.

Se sotto i nostri bicchieri, posate, piatti, ecc… troviamo scritto “made in china” significa che l’azienda italiana che li produceva è fallita e ci vorranno almeno 10 anni prima che ritorni. A noi consumatori sta bene spendere di meno ma non lamentiamoci se poi, il ciclo economico si sposta dal nostro paese a un altro. Se le aziende chiudono o delocalizzano lasciando migliaia di cittadini senza lavoro.

Il bello di tutto, è che la colpa la danno alla finanza, che l’unica colpa che ha avuto, è stato far credere alle persone di potersi permettere ciò che non si poteva…

Una gran bella illusione…

E ci siamo cascati tutti, in pieno…

Solo per gli addetti ai lavori! (parte IV)

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Aspettavo… e forse, un po’ troppo.

La luce del sole si faceva largo nella mia stanza minuto dopo minuto, seguendo l’andamento dell’alba. Le tende spostate, facilitavano l’impresa. Il letto era sfatto con le coperte che toccavano terra. Le ciabatte, che giocavano a nascondersi nella notte, erano nel solito posto con qualche centimetro di differenza. La scrivania in legno, larga e spaziosa da contenere quanto più disordine possibile, ora conteneva qualcosa in più: la testa di uno studente assonnato che aveva ceduto all’odiata fisiologia del corpo umano. Lo schermo grande lampeggiava diversi avvisi ma non produceva alcun rumore. Gli alerts sarebbero dovuti essere reimpostati perché una volta scattati venivano eleminati dal programma. Così, quello studente dormiva tranquillo senza che nessuno potesse disturbarlo. Sognava quella stessa donna del giorno prima. La strana dote che a volte hanno i sogni, è quella di poter continuare se spezzati nei momenti più belli. Ora aveva capito dov’era. Era in una di quelle isole da favola dell’America del sud. E c’era lei, la misteriosa donna dagli occhi limpidi. La vedeva bene. Ora il suo volto era chiaro ma non sapeva associarla a nessun nome. “Come ti chiami” le chiese lo studente. Lei gli sorrise… e lui capì che quel sorriso era il più bello che avesse mai visto. Non servivano più nomi ora. La bellezza non ha bisogno di essere chiamata. Lei si allontanava lungo la spiaggia e lui la rincorse. Non voleva perderla di vista. “Perché scappi?” Le chiese lui. E lei girandosi gli rispose: “Perché adesso… devi svegliarti!”

Aprii gli occhi e sentii la mia guancia spiaccicata sul legno. Davanti a me, un cumulo di cartacce, penne e pastelli tra cui s’insinuava un fiumiciattolo di bava sgorgato dalla mia bocca.
– Cazzo! Mi sono addormentato! – pensai subito.
Alzai la testa e vidi lo schermo che cercava di svegliarmi con i suoi piccoli lampeggii. Ma senza rumori, gli effetti visivi erano inutili. Spostai un paio palle di carta e trovai il mouse. Cliccai un paio di “Ok” e aprii la piattaforma di gioco. Una semi-catastrofe era avvenuta. Il mio triangolo aveva rotto al di sotto mentre prevedevo una mossa rialzista dell’euro. “Avrei potuto intervenire se fossi stato sveglio!” pensai incazzato. Ma il tempo dei ripianti, in borsa, ha vita breve. Mai rimpiangere il passato perché il futuro è sempre pieno di occasioni. Ora la situazione era sostanzialmente stabile. Il danno era stato fatto e dubitavo che l’apertura di Londra avrebbe potuto sistemare le cose. C’era solo d’aspettare. Il mio portafoglio segnava una cifra rossa con un bel meno davanti. Ecco i rischi del mercato. Mi sentivo come un camionista che si era addormentato al volante e aveva centrato un muro.
Dovevo smettere di guardare lo schermo. La negatività mi demoralizzava.
Guardai la mia tazza di tè ancora mezza piena. Con rammarico capii che il mio corpo, ormai, era avvezzo a quasi genere di stimolante.
“Non deve accadere più!” pensai battendo un pugno sul legno facendo traballare tutto. Non potevo addormentarmi di fronte a una azione del mercato. Dovevo restare sveglio… a costo di prendermi a schiaffi da solo!
Mi buttai sul letto e accesi la tv. Feci zapping sui soliti programmi inutili della mattina. Niente d’interessante. Abbandonai la ricerca lasciando Italia Uno in sottofondo. Guardavo il soffitto con le braccia incrociate dietro al collo. “Non posso commettere errori… non devo sbagliare…” Gli sbagli si pagano e lo sapevo bene. Ma perché abbiamo bisogno di dormire? Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza e non credo che lui abbia bisogno di riposarsi… Mah… i misteri della vita…

“Red bull ti mette le aliiii!” qualcuno urlava alla tv.
Girai la testa incuriosito da quella pubblicità. Conoscevo la Red Bull ma non l’avevo mai assaggiata. Dicevano che avesse particolari caratteristiche stimolanti.
“Stimola la mente e il corpo…” concluse lo spot.
Allettato da quei principi, mi vestii in un baleno e scesi le scale. Percorsi quei pochi metri che mi separavano dal piccolo Carrefour all’angolo. Entrai e mi diressi al reparto degli alcolici. Mi fermai un attimo ad osservare la mia amata Tennent’s. “Lo so amore… ti sto trascurando…” pensai accarezzando la forma della bottiglia. A fianco c’era la famosa Red Bull. Ne presi una lattina e lessi gli ingredienti: Saccarosio, glucosio, caffeina… “Bene, non è male. Sempre meglio di bere una valangata di caffè.” Feci per prendere altre lattine quando mi accorsi della presenza di una schiera di lattine nere con sopra disegnata una fiamma ardente. Spinto dalla curiosità ne presi una e ne lessi gli ingredienti. Oltre a tutti quelli già presenti nella Red Bull ve ne erano molti altri, tra cui l’estratto di Guaranà. Avevo letto da qualche parte le proprietà eccitanti di quella pianta e si diceva che fosse più potente della caffeina e della teina messe insieme. “Mi spiace Red Bull ma questa… mmm… Burn, ti ha battuto!”
Con un braccio afferrai una decina di lattine e le misi nel carrello. “Forse sto esagerando?”
Ne presi altre cinque solo per il gusto di contraddire ai miei scrupoli. (li odio) Andai alla cassa e depositai il carico sul tappeto scorrevole. Il cassiere mi fece un sorriso malizioso nell’osservare quell’immensa distesa di lattine. Pagai con la carta e tornai a casa.
Mi sedetti sulla poltrona e accesi lo schermo. Aprii una lattina…
“Vediamo che sai fare…” dissi guardandola.
Versai quel succo rossastro in un bicchiere e lo mandai giù in un sol colpo. Intanto mi dedicai ai miei grafici cercando una possibile via d’uscita dal guaio finanziario in cui mi ero cacciato. Bevvi un altro bicchiere e finii una lattina. Guardai l’orologio, erano le due del pomeriggio. Attendevo con ansia l’apertura di Wall Street. La borsa più importante del mondo. Perché è in quella strada, tra quei palazzoni, che avvengono i colpi di mano più importanti nella finanza.
Avevo ancora un po’ di stanchezza addosso. Aprii un’altra lattina e la bevvi all’istante e dopo 10 minuti ne avevo già in mano un’altra. L’ora dell’apertura si stava avvicinando. Guardavo l’orologio digitale come un corridore pronto alla partenza. Il mio cuore batteva. Bevvi un’altra lattina. Tutti i mercati erano stabili. Anche loro attendevano l’apertura di New York. Aprii sullo schermo tutti i grafici che m’interessavano e posizionai le finestre in modo da poterli vedere tutti contemporaneamente. Controllai il calendario economico per conoscere i dati che sarebbero stati svelati all’apertura. Vendita di case… Interesse dei consumatori… Mercato automobilistico… niente di rilevante fino a quando non scorsi nell’elenco il famoso No-farm pay roll.
– Porca putt… –
Quel dato era uno dei principali dell’economia Americana. Sostanzialmente indica la percentuale di occupazione. Ossia, lavoratori e disoccupati. Un dato che di per se sembrerebbe, in via ipotetica, non influire molto su azioni, futures o derivati. E invece, quel solo dato, può avere effetti anche devastanti nel mondo finanziario.

– Ci sarà da ballare… – pensai sorridendo, mentre mi aprivo un’altra lattina.

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