Diario #4

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Ho scovato tra i miei ricordi questo corto dal titolo “il Sorriso di Diana”.
Questo video ha ispirato lo stile narrativo di molte delle mie storie…
Lo vidi all’incirca nel 2005 e lo salvai sul pc…

Buona visione (astenersi se insettofobici)

 

“Incapace di muoversi, di reagire, lui, il più coraggioso tra tutti si sentiva spento, inutile. I suoi pensieri erano scossi e agitati come le onde spinte contro la scogliera dalla forza terribile di un uragano, il cui fragore era una ripetuta ed ossessiva domanda: “Perché, perché non mi ha ucciso?”.

E come tutti gli innamorati volle sognare. Negò qualsiasi evidenza, ingigantì casualità, vide oltre la logica e soprattutto si illuse. La passione si nutre di certezze e disdegna i dubbi.

Nessuno avrebbe potuto risvegliare Agenore. Nessuno, eccetto la cruda realtà.

Fu buio e luce. Il caldo ed il gelo. Fu il niente ed il tutto. Un gioco troppo esagerato e spietato perché il cuore di Agenore potesse contenerlo senza esplodere. E se i ragni possono piangere, lui piangeva. Piangeva perché l’amore sa anche far male e le ferite che lascia solo il tempo a volte può guarirle. Ma Agenore non aveva più tempo.

A cosa importava il passato? Era stato un valoroso e nobile guerriero. Ora non era più nulla. Amava e basta. Ma quanti amori sono appassiti e quanti non sono neppure sbocciati a causa di culture troppo diverse, di come alti picchi creano una innaturale barriera al volo dei sogni?

I sogni di Agenore volavano via come i sentimenti incompresi, come accade alle nostre emozioni quando calpestiamo, quando veniamo calpestati nel gioco dell’amore che a volte ci fa uomini e a volte ci rende insetti”…

Diario #1

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La penna dondolava nella mia mano mentre la mente ricercava la soluzione più ovvia per un problema statistico. – Eccolo! Maledetto segno! Sbaglio sempre le cose più banali! Non c’è niente da fare..-
Mi alzai un attimo per staccare dallo studio. Fuori il sole splendeva e la mia moto parcheggiata lì sotto ringhiava come un cane legato da troppo tempo.
Poi lo sguardo cadde sulla mia libreria. Tra i tanti libri accatastati e messi alla rinfusa per mancanza di spazio, mi capitò sottomano una vecchia agenda blu.
La presi e mi sedetti a gambe incrociate sul letto. Sfoglia le pagine; la maggior parte erano vuote; qualcuna, con qualche frase scarabocchiata a penna; qualche disegno… Poi, ruotandola verso il basso, cadde un piccolo foglietto. Era una pagina di un vecchio diario di liceo. Lessi:

bigliettino Carmelina

 

Quello fu l’ultimo giorno che passai in quella scuola. Carmelina, la mia compagna di banco, non lo sapeva.
Avevo scelto di trasferirmi in un’altra. Non vidi più Carmelina… o Luca… o Armando… o Michele…
E non ci volle molto a capire che… avevo appena compiuto l’errore più grande della mia vita.
Avevo lasciato una classe si problematica, ma con persone che mi volevano bene, per buttarmi in un mondo sconosciuto.
Ciò… mi devastò psicologicamente. Avevo perso tutto. Gli amici… i professori…
A quel tempo volevo cambiare vita…
E purtroppo c’ero perfettamente riuscito…

Frugai ancora nell’agenda. In una delle tasche laterali trovai una pagina di un blocco note. Sopra avevo riversato qualche riga:

 

“Coppie di banchetti disposti su tre file, riempivano la lunga aula della 4C del liceo scientifico di …. I raggi del sole che penetravano dalle 3 grandi finestre sulla sinistra, illuminavano le pareti di colore giallastro. Proprio sopra la cattedra era appeso un piccolo crocifisso, a testimonianza di quella fede che molti non avevano. Quella mattina fui il primo a entrare in quest’aula sconosciuta.
Non conoscevo nessuno…
Era la priva volta che entravo in quel liceo.
Tutto sembrava perfetto. Nessuna cartaccia per terra, nessun distributore sfondato, nessun graffito sul muro…
Tutto era perfetto… forse troppo!
[….]
La macchinetta del caffè iniziò a trafficare, facendo strani rumori. Dopo all’incirca 30 secondi, il caffè era pronto e fumante. Tornai nella mia classe ancora vuota, soffiando su quell’intruglio bollente. Mi affacciai alla finestra. Il paesaggio era ben diverso da quello del mio vecchio istituto. Non c’era più il fatiscente campo da calcetto, dove erano soliti radunarsi i ragazzi per la solita partitella extra-scolastica.
Di fronte a me avevo un’altra parte dell’istituto che non mi lasciava molta visuale del panorama. Un malinconico sorriso comparse sul mio volto, pensando alle ragazze del commerciale che passeggiavano indisturbate sotto la mia vecchia aula. Erano solite corteggiare i liceali con sguardi non poco maliziosi…

Un rumore sordo mi fece girare di scatto. Quello che doveva essere un bidello, aveva appena poggiato con poca cura il registro sulla cattedra.
– Tu sei quello nuovo? –
– Sì… –
– Sei capitato proprio nella sezione migliore! – disse ironica e se ne andò.

Poco dopo suonò la campanella.
E una folla di ragazzi entrò dalla porta principale…”

Era l’ottobre del 2004…

 

 

Frammenti di vita #85

trenta anni

Se c’è una cosa che odio… sono le fidanzate dei miei amici.
Vorrei sterminarle con il lanciafiamme…
Arrivano e rovinano amicizie decennali…
con le loro manie…
Una stava quasi per far fallire il compleanno dei trent’anni di un mio caro amico…
Giuro che al mio compleanno…
le uniche donne che ci saranno…
balleranno attorno a un palo!

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Frammenti di vita #82

casa annalisa

triiiinn

Suono il campanello

Dopo pochi secondi sento i passi di quella che sicuramente sarà Annalisa. Mi apre.
– Ciaoooo – mi abbraccia forte.
Il suo saluto è sempre il più caloroso.
– Ma cos’è sta barba! – mi chiede subito.
– Sai che non me la taglio quando ho gli esami… –
– Sembri quello di coast away! –
– Mi manca solo un amico immaginario con cui parlare – rispondo.

Mi lascia solo.
Mi accomodo sul divano. La sorella è in cucina. Saluto anche lei.
Guardo la casa…
E’ una bella casa in uno di quei vecchi viali milanesi. Mi sarebbe piaciuto abitarci.
Insieme ad Annalisa poi…
Il prototipo della perfetta coinquilina.

– Ciro! Ho una grandissima novità! –
– Su amazon hanno iniziato a vendere cibi bio? –
– No! Stasera si tromba!! – disse battendomi il 5.
– Che signora che sei! La femminilità dove l’abbiamo lasciata? Su! Un po’ di contegno! – dissi con sarcasmo.
– Non rompere! –
– Su.. dimmi.. chi è il fortunato? –
– Un tipo strano.. ma simpatico.. ancora niente di serio.. anche se vorrei… bah.. chi li capisce sti maschi… –
– Chi ti capisce a te! Sei la persona più socievole ed estroversa del mondo ma a volte fatico a capirti anche io! – dissi.
– Eh lo so cì… cioè lo so… ma non lo so… –
(mano sulla testa)
– Vedi di farglielo capire stavolta a questo tizio cosa vuoi! –
– Vedrò… intanto aiutami a scegliere cosa mettere stasera! –
– Eh? Mi hai preso per il tuo “amico gay”?!?! –
– Scemo dai! Aiutami! Tu sei l’unico che mi dice davvero come sto! –
– Si ma il mio cinismo va usato solo in ambito eterosessuale! –
– Aspettami qua! –

Accesi la tv, mentre Annalisa si cambiava nell’altra stanza.
Voleva far bella figura stasera con il ragazzo di turno.
Forse ci teneva davvero a questo ragazzo. Forse non era una storia passeggera…
– Allora come sto? – disse presentandosi sull’uscio del salotto.
– Bene.. bene….  la camicetta è orribile… ma il resto va bene… –
– Dai Ciro! Questa è di lino! l’ho presa in una boutique… non capisci niente! – rispose e tornò a cambiarsi.
Sorrisi. Questo gioco sembrava divertente.
Annalisa tornò subito dopo con una maglietta nera.
– Stai scherzando vero? – le dissi serio.
– Perché!? –
– Vai di la e togliti quella cosa! Non hai più quindici anni! Su! –
– Ma l’ho presa ad un concerto! Mi piace! –
– E tu la vorresti mettere per uscire fuori a cena con un ragazzo? –
– Uff… –

La vidi andarsene. Sorrisi di nuovo.
Cercavo di capire cosa passasse nella testa di quella trentenne.
Ogni tanto se ne usciva con strane pazzie…
Conoscevo tutti i suoi “amori” iniziati e poi sempre sfumati. Ogni volta mi raccontava e concludeva con – Ciro… che devo fare? –
E ti piange il cuore quando gli occhi della persona più solare del mondo s’intristiscono.
“Ti devi fermare Anna… tu vuoi viaggiare… stare in giro… prendere e partire da un giorno all’altro… in qualsiasi momento e con chiunque…
capisci che è difficile costruire una storia con una che sparisce per una settimana perché sta in Thailandia con qualcuno conosciuto alla fermata del tram?
… quindi… o ti fermi… o trovi qualcuno che ti segua…” le dissi quel giorno.
Erano parole dure… ma che solo io potevo dirle.
Spero che le abbia capite.

Usci di nuovo dalla camera da letto.
– Come sto? –
– Bene… stai bene… così lo stendi! –

Dissi… anche se, nella mia mente giravano mille ipotetici difetti. Ma per questa volta… lasciai perdere…

 

Frammenti di vita #68

Compleanno Annalisa 30 anni-7 copia

 

Cara Anna

Ho ritrovato questa foto riordinando le mille cartelle che avevo.
Ricordi? Te l’ho scattata al tuo compleanno.
In un momento particolare della tua festa.
Hai organizzato una grigliata in riva la fiume per i tuoi trent’anni… invitando tutti i tuoi amici e anche me…
E come al solito hai dovuto convincermi a causa del mio caratteraccio e le mille cose di cui sono preso.
Purtroppo non sono come te… vorrei buttarmi in tutto ciò che mi si presenta davanti… ma non ci riesco ancora.

E’ stata una festa fantastica… Una grigliata piena di sorrisi, di amici, di voglia di vivere e di essere spensierati…
E al centro c’eri tu… amica mia… che hai tagliato questo strano traguardo che non ti si addice proprio. Sempre sorridente… sempre felice… nemmeno una lacrima… sempre come sei…

Poi… ti sei assentata un attimo.
Ti sei seduta in riva al fiume.
Non so immaginarti triste e questa foto forse può aiutarmi.
A cosa pensavi?
Alla vita che corre veloce?
O all’enorme melanzana che nessuno voleva mangiare ed io ho tirato nel fiume?
E’ sempre un dilemma capire i tuoi pensieri.

Quindi, mi son seduto anche io ad osservarti su telo poco distante
Ho tirato fuori la macchinetta e ti ho scattato questa foto…
E pensare che allora non ti regalai niente per il tuo compleanno…
Quindi forse rimendo stampandoti questa foto…

E, anche se ci vorrà un po’ di tempo per trovare una cornice bio in bambù di un albero deceduto con morte naturale, no ogm, vegan e crudelty free…
Ce la farò…

Buona vita amica mia.

 

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(a pensarci potevo anche regalarti la storia che scrissi anni fa…
Corsi e ricorsi storici 
ma ci tengo a conservare la mia aria da stronzo nei tuoi confronti!)
:P

L’amicizia è come un while (Andrea parte #10)

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Fine Gennaio 2015
Sessione d’esami

– Allora… incominciamo… –

Era un giorno di fine Gennaio. La sessione d’esami era appena iniziata alla fine dei corsi universitari. Tutti gli studenti erano intenti a studiare tra quei corridoi del primo piano dell’U7. Nell’aria aleggiava un clima di ansia e trepidazione… che colpiva anche me.
– Secondo te, Andrea… ce la faremo? –
– Ma certo! E lo domandi anche? Dobbiamo mangiarcelo questo esame! – disse, sbattendo la penna sul tavolo.
Iniziai a capire che Andrea era poco paziente e abbastanza irrequieto. La cosa iniziava a piacermi. Mi spronava. Andrea aveva quella parte del carattere che a me mancava: l’impulsività. Era sempre un fiume in piena. Di parole… idee… progetti…
Dovevo sempre bloccarlo con: – Andre, dobbiamo studiare! – con scarsi risultati.
– Ok… cerchiamo di costruirci un metodo di studio. –
– Sì.. hai ragione… basta studiare come dei cani a casaccio! Qui si gioca seriamente… –
– Sempre a giocare stai tu! Nella tua testa c’è solo il calcio! –
– No dai! C’è anche altro! –
– La figa! Calcio e figa! –
– Effettivamente! –
– ANDREEEE SVEGLIAAAA –
– Sì Ciro, ci sono! Mmm guarda quella che sta arrivando… – disse toccandomi il gomito.
Osservai. Era una ragazza dai tratti portoricani. Pronunciata ma dal fisico esile.
La ragazza ci oltrepassò notando, con imbarazzo, che la stavamo osservando. Soprattutto Andrea che era rimasto incantato dal leggero ondeggio dei fianchi della tipa.
Feci schioccare le dita davanti ai suoi occhi per farlo riprendere.
– Andrea! Su su! –
– Certo! Ci sono… –
Incominciammo a studiare il linguaggio C. If ed else l’avevamo appreso a lezione abbastanza bene. Anche Andrea c’era su quel concetto così passammo oltre.
Il while.
– Allora Andrea… studiamo questo benedetto while. –
– Sai che non mi è mai entrato in testa? –
– Non è difficile… – dissi prendendo un foglio e una penna.
Disegnai un cerchio.
– Allora si parte da qui. Viene verificata la condizione, parte il primo ciclo e poi s’incrementa il contatore.  Capito? –
– Sì.. certo.. ci sono.. –
– Andre, è inutile che mi dici che hai capito se poi non è così…-
– ok… non ho capito… –
– Bene! Ricominciamo… Allora… –
… e andai avanti per almeno una decina di volte. Il foglio, ormai, era inguardabile. Avevo fatto talmente tanti cerchi che stava per bucarsi la carta. Ma Andrea non sembrava ancora convinto…

– Andre… ci sei? –
– No… –
– Ok… dammi un altro foglio… se non ti entra il while in testa, stasera non ce ne andiamo dall’università! –

continua… domenica 22 marzo

L’amicizia è come un while (Andrea parte #9)

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Ottobre 2014
Primo semestre anno 2014/2015

Gironzolavo impaziente per il primo piano dell’edificio U7. Osservavo, dalle grandi finestre, il piazzale antistante, dove solitamente si radunavano gli studenti per fumare o per perdere quel poco tempo tra una lezione e l’altra. Come al solito, Andrea era in ritardo… ma era Andrea… e quindi non me ne preoccupai più di tanto. Ero pensieroso. Poco prima, gli avevo risposto che dopo la lezione potevamo vederci lì.
Non lo vedevo ne sentivo da almeno 6 mesi. L’estate aveva diviso le nostre strade in modo netto. Non sapevo come l’avrei rivisto… se il tempo avesse segnato quel briciolo di amicizia costruito tra i banchi.

– Ciroooooo – sentii urlare alle spalle. – Come va? Allora? –

Andrea mi venne incontro e mi abbracciò. Un abbraccio che suonò quasi irreale dopo tutto questo tempo… ma era caloroso e sincero. Come da lui.
– Ciao Andrea! Che piacere vederti! – risposi.
– Già.. scusami se non mi sono fatto sentire… c’ho avuto un’estate complicata. Mi sono lasciato con la ragazza.. il lavoro… che facciamo andiamo a mangiare in mensa? –
Sorrisi. Andrea era rimasto il solito. Sempre proiettato al futuro. Non terminava una frase che nella successiva c’era già quello che doveva fare dopo. Era sempre un fiume in piena.
– Si certo… andiamo… – risposi anche se non avevo mai mangiato nella mensa di quell’edificio.
Soprattutto era un periodo difficile per me. I problemi con l’università mi avevano scombussolato l’alimentazione. Il mio piatto principale era tennent’s e patatine.
In mensa guardai un po’ disorientato tutti quei cibi. Quelle portate… i contorni…. Non sapevo cosa prendere. In realtà non volevo prendere niente.
— Solo un piatto di riso… – dissi alla gentile addetta alla mensa. Poi andai a cercare un posto dove sederci.
Andrea arrivò subito dopo, con vassoio stracolmo di primo secondo e contorno. Guardò il mio vassoio e quasi s’intristì.
– Solo quello mangi Ciro? –
– Si… oggi.. voglio stare leggero… –
– Ma stai scherzano? Ma va! Predi questo! Suvvia! – disse iniziando a tagliare metà della sua bistecca.
– No Andrea… davvero… graz…- non mi fece nemmeno finire che mi aveva dato metà della sua bistecca.
– Devi mangiare… non scherzare… – mi disse serio.
Feci un sorriso forzato. Apprezzai molto quel gesto che gli venne spontaneo.
– Mangiare è importate! –
– … –
– Allora? Cosa facciamo con questa informatica? – disse.
Smisi di mangiare per un secondo. Guardai Andrea e dopo un attimo di silenzio…
– La passiamo! Ma dobbiamo studiarla come mai abbiamo fatto prima! –

continua… giovedì 19 ore 10:00

Qui c’è il post che si ricollega alla storia:
Frammenti di vita #27

L’amicizia è come un while (Andrea parte #8)

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Ottobre 2014
Anno 2014/2015
Primo semestre

Camminavo lungo il sottopasso del tram 7 in direzione della mia università. Ero insieme ad altri studenti che, ovviamente, non conoscevo. Ero solo quindi… solo tra la folla.
All’uscita dal sottopasso iniziavo a scorgere il grosso edificio arancio scuro. Sembrava una bella giornata, dal sole che scoppiava in cielo. In pieno contrasto con il mio animo.
Era il primo giorno di corsi dopo le vacanze estive e l’intricata sessione di settembre.
Iniziava una nuova vita, fatta routine mattiniere… percorsi obbligati… nuovi libri… nuovi sacrifici.
Ed ero solo ad affrontare tutto ciò. Quanto avrei voluto qualcuno con cui prendere un caffè quella mattina! Magari scambiare due parole… lamentarsi degli orari e delle mancate pause pranzo.
Niente… Gli unici a rispondermi erano i miei pensieri. Sempre troppo carichi di ansie e aspettative.
“Questi saranno gli ultimi corsi che seguirò…” pensai. “Informatica non la seguirò più!”
Avevo passato il mese di agosto al pc. Mentre tutti gli altri postavano le foto delle loro meravigliose vacanze in ogni social network esistente, io ero nella mia camera a Milano, a divincolarmi tra costrutti C e sintassi di SQL. I miei unici amici erano i libri. “Ce la farò!” pensavo ogni mattina prima di alzarmi dal letto. Purtroppo il destino non fu dalla mia parte. Le intricate regole della propedeuticità m’impedirono di poter dare l’esame a settembre. Come può Statistica essere propedeutica per Informatica? Ancora oggi me lo chiedo. Ma allora lo scoprii troppo tardi… o forse nel giusto tempo. Perché, dopo averlo scoperto, tutti i miei sacrifici mi crollarono addosso. Stetti un giorno a guardare il soffitto pensando a quale gioco stesse giocando il destino con la mia vita.
Poi mi rialzai… presi il libro d’informatica e lo misi da parte. Presi statistica… e la preparai in tempi record per il primo appello utile di settembre.

E la passai… (ma questa è un’altra storia)

Il conto con informatica era solo rimandato di qualche mese. Non c’erano più impedimenti… Avrei dato quell’esame al primo appello!
Purtroppo dovevo aspettare gennaio…
“Chissà Andrea se…” pensai.
“Chissà Andrea dov’è finito!”
Sospirai. Ci speravo in quell’amicizia. Stava proseguendo bene. Avevamo l’età giusta … stessi gusti… opinioni concordi. “Cos’altro serve?”

Dopo un veloce caffè al bar dell’università, mi sistemai tra i primi banchi dell’aula 2 dell’edificio. Mi guardai intorno. Forse avrei conosciuto qualcuno tra quei banchi. Tutte facce nuove a parte qualche conoscente che saluti perché hai visto già in altri corsi ma non c’hai mai legato.
La professoressa sulla quarantina entrò dalla porta laterale con in mano un vecchio pc. Lo collegò al proiettore… ci guardò e fece partire la prima slide.
– Benvenuti al corso di Market Driven Management… –
Descrisse il corso.
Ritrovai la carica. Quel corso era stimolante. La professoressa gentile e cordiale. Ascoltavo. Forse quello era il primo corso che non comprendeva studiare una marea di formule infinite.
Buttai un occhio al cellulare. La spia rossa lampeggiava. Era un messaggio.
Sorrisi quando lessi il nome di Andrea.

[ Ciao Ciro! Come va? Da quanto tempo! Informatica?
L’hai data immagino!
Io non ce l’ho fatta per il lavoro! Mi tocca darla a Gennaio…
Allora? Ci vediamo per un caffè se ti va. ]

continua… domenica 15 marzo

L’amicizia è come un while (Andrea parte #7)

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Secondo semestre anno 2013/2014
Ultima lezione

Caldo. Faceva veramente caldo quel giorno. Le maniche corte non bastavano a stemperare il calore corporeo. Ero solo. Sembravo l’ultimo guerriero superstite all’ultima battaglia. Come in quasi tutti i corsi universitari, alle ultime lezioni non viene quasi mai nessuno.
Quindi… ero solo. Non mollavo… non mollo mai. Anche quando le cose si fanno particolarmente difficili.
Quel corso era trascorso molto bene. Le lezioni, con la compagnia di Andrea, non sembravano tali. C’era sempre qualcosa da dire… da fare… da spiegare. Io a lui principalmente. Mi scocciava un po’ fare il maestrino ogni volta: il ragazzo “so tutto io” (e voi non siete un cazzo… per citare l’amatissimo marchese del Grillo). Non sono quel tipo di ragazzo. Certo… so fare delle cose che vanno al di là della comune media maschile (impiantata tra calcio e fighe)… ma è tutto dovuto alla mia irrefrenabile curiosità più che a manie di grandezza e di “supremazia” intellettuale.
Guardai il posto vuoto di Andrea.
“E’ l’ultima lezione…” pensai “Dai… non mi lasciare da solo…”
Com’ero ridotto male. Può l’amicizia ridurre un ragazzo discretamente intelligente a parlare con un posto vuoto nella speranza che venga riempito?
Sì… quando l’amicizia diventa rara come l’acqua nel deserto e diventa la cosa che più desideri al mondo.
Il professore stava sistemano il pc e si apprestava a cominciare.
Guardai l’orologio.
“Andrea non è mai stato puntuale in tutti questi mesi… arriverà col solito ritardo…”
Il prof guardò l’orologio e si accorse che era il momento d’iniziare la lezione.
Si avvicinò alla porta.
Guardò che nessuno fosse nel corridoio.
La chiuse.
Era proprio quello il momento in cui Andrea, di solito, sbucava, bloccando la porta ed entrando al volo.
Non quel giorno. Non vedevo nessuno che correva lungo il lungo corridoio, fino all’aula.
Nessuno.
Nessuno che urlava… Gesticolava…
Niente. Quel giorno Andrea non ci sarebbe stato. Dovevo farmene una ragione.

“Allora ragazzi incominciamo!” disse il professore rivolgendosi all’intera aula.

Sbuffai… e sconsolato aprii il mio blocco d’appunti.
“Sarà rimasto imbottigliato nel traffico… la sua ragazza l’avrà tenuto sveglio tutta la notte… “
Tentavo di trovargli qualche banale scusante d’affibbiargli. Non volevo pensare che m’avesse totalmente ignorato. Avevamo passato mesi insieme, su quei banchi… e proprio all’ultima lezione….

“Messaggio…”

– Ciro! Scusami ma oggi proprio non ce la faccio! Dai ci becchiamo presto! Ieri ho fatto tardi con la tipa… mannaggia! Te? Sei già a lezione? Fammi sapere, poi, cosa fa il prof… –

Sorrisi… ma subito dopo mi salì un po’ di tristezza. Momenti così li avevo già vissuti in passato. Con altri ragazzi con cui ho cercato di costruire un’amicizia. Purtroppo finiva sempre con “dai.. poi ci becchiamo in giro…” e mai più.

I rapporti si assottigliano. I legami si raffreddano… e con gli anni i nomi passano di mente.
Come niente…

E andò così. Ci sentimmo nei giorni successivi. Gli passai gli appunti. Saluti e cazzeggiamenti, sempre per messaggi.

Poi… poi niente più…

Andrea si dissolse come neve al sole… dopotutto… era appena iniziata l’estate.

continua… giovedì 12 marzo

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