A Neverending Summer (V)

Fine

© La Pallina Rossa

A Neverending Summer (IV)

A Neverending Summer 3

–       Acqua! –
–       Acqua! Gianni… Acqua! –

Aprii gli occhi. Ero nella mia macchina. Avevo la gola così secca da sembrare una terra arida. Il sedile passeggero era completamente steso. Mi toccai le gambe. Avevo i calzoni fradici. Sete! Ho una fottuta sete! Guardai alla mia sinistra. Gianni dormiva ancora. Tutto era sfocato. Gli occhi mi bruciavano come se avessi fatto un bagno lungo tutta la notte. Vari flash mi riportarono alla mente qualcosa della nottata precedente. La musica… le ragazze… la schiuma. Quella maledettissima schiuma mi ha ridotto così! Mi strofinai gli occhi più volte per vederci meglio. Mi sentii disorientato. La forte luce del sole mi abbagliò. Vidi il mare vicino, troppo vicino. Un molo, delle barche ormeggiate, gli scogli… Dove cavolo siamo?! La domanda successiva che mi feci fu chiedermi il come fossimo arrivati fin lì. Con una mano strattonai una spalla di Gianni.

–       We… –
–       Oh… –
–       Sei vivo? –
–       No… –
–       Ed Io? –
–       Nemmeno tu! Siamo morti insieme ieri sera! –
–       Ah… allora il paradiso assomiglia a un porto… chi l’avrebbe mai detto! –

Gianni tornò a dormire.
Preso dalla curiosità, aprii la portiera e scesi dalla macchina. Le gambe, per fortuna mi reggevano ancora. Mi guardai i piedi. Sono sicuro che ieri avessi delle scarpe…
Riguardai in macchina ed erano lì, sul tappetino. Le indossai.
L’aria fresca della mattina mi gonfiava i polmoni. Guardai il mare. La testa girava ancora ma riuscivo a camminare diritto… forse. Presi a camminare lungo il bordo del molo. Mi fermavo ogni tanto per non perdere l’equilibrio e finire sugli scogli sotto di me. Purtroppo la ghiandola del pericolo doveva essere ancora in macchina da qualche parte insieme al mio calzino destro.
Mi sedetti su una piccola sporgenza del molo. Chiusi gli occhi e mi arresi alla luce del sole che, con il suo caldo tepore, mi riscaldava il volto. Incrociai le gambe. Pensai…

Pensai alla libertà…
A quanto fosse cambiata la mia vita in soli 10 anni…
10 anni fa una cosa del genere sarebbe stata impensabile. Avrei avuto gli elicotteri della polizia sopra di me che mi cercavano, mandati dai miei ansiosissimi genitori.
Pensai ai ricordi… agli amici… ormai tutti maturi e oltre l’età per le avventure.
Tranne Gianni, quel poveretto che dormiva nel lato guidatore della mia Fiesta.
Chissà cosa l’ha spinto a seguirmi in quella che doveva restare solo una folle idea detta senza darci troppo peso.
Pensai…
Tra 10 anni dove sarò?
Ancora lì, su quel molo, a chiedermi se avessi allacciato bene le scarpe con il mio classico doppio nodo? Forse…
Forse metterò la testa a posto…
e soprattutto… crescerò.
…e non vorrei mai smettere di scrivere…

–       Ciro! Sali in macchina! Andiamo a farci una bella giornata di Mare! –

.

.

Fine………
.(forse)

A Neverending Summer (III)

Perché mi danno sempre del bravo ragazzo? E’ odioso…

Buio… luci intermittenti… persone.
Ragazzi e ragazze in ogni luogo ballavano, strusciandosi gli uni sugli altri. La procace deejay della serata, metteva su, pezzi ritmati dal gusto prettamente estivo.
Guardai tra le mie mani e ci trovai un cocktail.
Direi proprio che dovresti smetterla! Dissi alla mia mano. Purtroppo, non mi sentivo ancora sazio di alcol e continuavo a bere. Avevo quella strana e ossessiva sensazione che mi spingeva a continuare a prendere drinks. Chissà dove sono gli altri… pensai.
Una mano mi toccò la spalla. Era Gianni che mi sorrise. M’indicò un punto tra la folla che difficilmente misi a fuoco. C’era il piccoletto che avevamo portato con noi, che ballava con tre e ripeto 3, ragazze attorno a lui.
–       Ci sa fare il ragazzino! – dissi a Gianni.
–       Già! –
Il ragazzetto moro di certo non faceva complimenti. Elargiva toccate e contatti fisici a destra e manca. Le ragazze ridevano di tanta spontaneità. Vedendolo in quegli atteggiamenti, quasi lo invidiai pensando a tutti i ceffoni che mi sono preso per fare soltanto la metà delle cose che stava facendo lui. Afferrò una ragazza per il collo e cercò di baciarla. Lei rise e lo allontanò. Gianni ed Io decidemmo d’intervenire, per evitare future discussioni. Ci avvicinammo al gruppetto delle ragazze. Ci presentammo e subito ci scusammo per i comportamenti eccessivi del nostro compagno. Le ragazze però, non sembravano turbate, anzi, erano molto divertite per la strana serata. Scambiai due chiacchiere con tutte e mi meravigliai quando mi dissero che avevano passato tutte i trent’anni. Mi sentii stranamente piccolo nei miei 26, per la prima volta dopo molto tempo. Il ragazzetto intanto, si comportava peggio di una scimmia imbizzarrita. Ballava, toccava, strusciava. Non perdeva un colpo.
Poi… Arrivò la schiuma dal cielo e fu blackout.
Le luci si fecero più scure e l’aria diminuì in un colpo solo. In un attimo, la pista si riempì di corpi inzuppati che tentavano di danzare nel poco spazio disponibile.
Tra la schiuma, la forte musica e la poca aria, non so descrivere cosa mi reggesse in piedi. Smisi di ballare e cercai un varco verso l’uscita. Mi sedetti su un cubo per poi scoprire che era una cassa dalle forti vibrazioni che emanava al mio culo.
Mi guardai le gambe e i vestiti. Fradici. Tirai fuori dalla tasca il mio cellulare per controllarne lo stato. Zuppo anche lui. Nell’altra mano avevo stranamente un cocktail.
Ora tu dimmi come cavolo sei finito qui! Gli dissi.
Subito dopo il diverbio tra me e il mio cocktail, si sedette una ragazza di fianco a me.
La guardai… mi guardò.
–       Ciro… piacere… – le dissi.
–       Monica… – mi rispose.
–       Vuoi? – le chiesi porgendole il mio cocktail.
–       Sì, grazie! – mi sorrise.
Scambiamo due chiacchiere e mi disse che studiava Sociologia. Alche, inarcando un sopracciglio, le mostrai il mio volto interrogativo. Non ho mai saputo bene cosa studiasse un sociologo… quindi glielo domandai e lei gentilmente me lo spiegò. Anche se il luogo per certi discorsi era il meno adatto, fu una spiegazione impeccabile. Purtroppo però, colpa del troppo alcol di quella sera, continuerà a restare una facoltà misteriosa per me, fino a quando non incontrerò qualcun altro che studi sociologia…

Da sobrio!

A Neverending Summer (II)

Luci soffuse Discoteca

“Palinuro personifica il caro nocchiero di Enea che perde la vita perché il Dio del sonno lo fa addormentare con musica e dolci parole e poi lo butta in acqua.”

 

I freni della Fiesta stridettero nel fermarsi in cima a una piccola salita. Non trovammo parcheggio più a valle perché il piccolo paesino di mare era completamente sommerso di persone. Gianni ed Io, guardandoci negli occhi, impugnammo le maniglie delle relative portiere. – Iniziamo la serata? – dissi e a un suo cenno del capo, scendemmo dalla macchina.
Palinuro si estende su due vie che s’incontrano in due piazze principali. Da un lato s’intravede il mare tra i palazzi e dall’altro vi è una piccola altura. In quelle due strade si concentra il cuore della movida giovanile della costiera. Si radunano lì per passare il preserata, parlare con i PR delle discoteche e bere qualche drink.
Appena arrivati nella piazza, ci trovammo di fronte a una folla incredibile. Ragazzi e ragazze di ogni tipo che si ammassavano e conversavano tra di loro, generando un fitto vociare. Guardai l’orologio, erano le 11,30 di sera.
C’intrufolammo tra la folla nella speranza di raggiungere un bar. Arrivati alla cassa, iniziammo il primo giro di Corona. Ne sarebbero serviti almeno 3.
Guardai la mia birra e pensai a quanto fosse stato facile arrivare fin lì. Il viaggio, grosso modo, era stato divertente, eccetto per le eccessive urla di Gianni. Cosa avremo fatto ora? Mi chiesi, dopo aver preso l’ultimo sorso della mia birra. L’alcol iniziava a sfondare le dure pareti del cervello, bussando con insistenza alla porta della ragione, pregandola di smettere di rompere le palle. La vista, già poca di per sé, iniziò ad offuscarsi, riducendosi a un cerchio sfocato. Cercai Gianni tra la folla. Vidi che era già passato all’azione. Aveva adocchiato una ragazza in un gruppetto di ragazzi. S’era avvicinato, aveva rotto il ghiaccio e ci parlava con disinvoltura. Anche i suoi amici erano simpatici. Così m’avvicinai anch’io.

Circa un’ora dopo eravamo in macchina in direzione della discoteca che ci aveva consigliato un’avvenente PR. Non so come avesse fatto a convincerci… ma aveva davvero due belle tette. Gianni come al solito guidava. Non mi avrebbe mai lasciato guidare nello stato in cui mi ritrovavo. Guardai dietro, nei sedili posteriori e vidi un ragazzo. Distinguevo a fatica i lineamenti a causa dell’alcol. – Piacere, Ciro. – gli dissi. Lui rise pensando che stessi scherzando. – Ci siamo presentati mezz’ora fa! – rispose.
–  Ah… – pronunciai meravigliato.

Mi rivolsi sottovoce a Gianni cercando di non farmi udire dal nostro ospite, come solo un ubriaco in macchina potrebbe pensare.
–  Chi è? E perché è qui? –
–  E’ un amico di Anna… la ragazza che ho conosciuto… voleva venire. –
–  Ma sei matto? Chi lo conosce questo?! Magari volevi anche farlo guidare?? – dissi stizzito.
–  No ragazzi! Non posso ancora guidare… ho 17 anni – disse il ragazzo ridendo dai sedili posteriori.

Gianni ed Io ci guardammo stupiti negli occhi. E la sua faccia mi disse che neanche fosse a conoscenza dell’effettiva età del ragazzo. Insomma, eravamo ubriachi e avevamo la responsabilità di un minorenne sconosciuto sulle spalle.
Mi toccai la fronte e maledissi il momento in cui ho permesso alla ragione di abbandonare la sua sede natale.

Frammenti di vita #5

Specchietto

Alla fine… la vita… è solo una continua e costante illusione…

 

Frammenti di vita #3

cocacola amore

Gianni: Leva quella cosa da lì! Prima che ci prendono per ricchioni!

 

Weekend finanziario (IV)

Weekend finanziario 4

Il corridoio principale era un fiume di gente con facce spente, ammaliati dai finti sorrisi delle hostess e dalle luccicanti promesse finanziarie dei promoters. La poca euforia era mendicata in un’economia al collasso. I grafici su tutti i monitors non mostravano nessun futuro roseo per noi. Finanziariamente parlando, ci trovavamo nell’occhio del ciclone. Una sorta di limbo tranquillo in un cerchio di tempesta. Mentre fuori regnava la crisi, noi restavamo sospesi grazie alla liquidità fittizia emessa dalle banche centrali. Prima o poi però, questo artificioso aiuto sarebbe finito e se ogni stato non avrà costruito un paracadute decente in tempo, cadremo tutti rovinosamente al suolo, di nuovo.
Per noi italiani, questo paracadute era stato costruito con IMU, con i tagli alle pensioni, la riforma del lavoro, l’aumento dell’IVA, ecc… C’è costato molti sacrifici, ma sembrava reggere. Essendo però, un popolo che vuole cambiare governo con la stessa frequenza con cui cambia cellulare (2 anni), siamo andati a votare e:
Bye bye paracadute! Meglio legarsi un’incudine al collo!
C’è da farsi delle serie domande sul livello d’istruzione in Italia, dato che continuiamo a mandare al governo degli incompetenti che l’unica cosa che sappiano fare è indorarci la pillola per farcela ingoiare. Proprio come stava facendo il tizio davanti a me, intento a vendere i propri prodotti finanziari.
Ogni stand aveva il suo spazio delimitato nella sala e, all’interno di esso, di solito, si svolgevano 2 tipi di attività: la parte commerciale rivolta alla vendita e apertura conti; e quella seminarista, dove un commentatore spiegava i concetti base della borsa. Ogni anno era tutto un dire e spiegare le nuove tendenze.
Come per i capi, di vestiario anche la finanza ha le proprie mode. Gli anni scorsi andavano di moda i CFD, come dire: camicie a quadri di flanella, sembrano maglioni ma non lo sono. Analogamente i CFD sembrano azioni, ma non lo sono.
Qualche anno più indietro fu la volta degli ETF, i cardigan femminili dei fondi comuni: una sorta di maglioncino che non si sa se vuol essere una felpa o una maglia. Gli ETF, infatti, hanno la caratteristica di non saper di niente e copiano il proprio indice di riferimento.
Quest’anno invece, sembrava andare molto di moda il trench, ovvero l’impermeabile elegante, i Certificates. Il trench ripara dalla pioggia e i Certificates dai rischi del mercato.  Disponibili in tutte le colorazioni, taglie, costi, rischi, cap, floor, indici, azioni, obbligazioni…
Le inventavano proprio tutte per darci l’illusione di garantirci un investimento sicuro. La verità invece è, che se resti ore e ore sotto una pioggia incessante, non c’è trench che tenga o Certificates che ti garantisca! Ma la gente proprio non vuole capirlo…
Parlare delle care e vecchie azioni, invece, è come sfociare nel vintage. Tutti ad esaltarne i terribili difetti e mai nessuno che ricordasse che, alla base di quasi tutti i prodotti finanziari ci son sempre e solo loro. Quindi, perchè non mangiare una mela, invece di un succo al gusto di mela? Mah… Capirò prima o poi come ragiona la gente… pensai amaramente.
Continuai a gironzolare tra gli stands. Mi sentivo un’anima solitaria. A volte mi fermavo per scambiare due chiacchiere con qualche promoter per esaltare i difetti dei prodotti che vendevano. Era il mio sport preferito!

Cercavo, osservavo, ascoltavo…
Gente che vendeva “merda” esaltandone doti e qualità. Gente che esclamava “mmm buona! Compriamo!” con un’enfasi mai vista. Tutto alimentava il mio stupore di fronte a tanta ignoranza. Davvero la finanza è questo? Un continuo fregare il più ingenuo? Spero di no. Non ci sono portato a fregare. Dovrei fare un Master in fregatura per imparare il mestiere. Vedevo tutti quei volti apparentemente felici. Illusi da possibilità irrealizzabili. Anch’io ero così i primi tempi? Purtroppo sì. M’illudevo anch’io… e finii per sbattere contro la dura realtà. Nessuno ti regala e ti regalerà mai niente.
Iniziai a provare una profonda tristezza nel pensare a tutte quelle persone che avrebbero fatto la mia stessa fine. Avrebbero perso il loro sorriso per trasformarsi in automi alla continua ricerca della felicità. “La finanza non è una banalità! Non illudetevi di risolvere così i vostri problemi economici!” Volevo urlare a tutti quelli che continuavano a dire che fosse alla portata di tutti. Ci vogliono anni di apprendimento, di pratica, di studio…
Invece no, basta un libro secondo loro… un paio di corsi… qualche riga buttata su un grafico… et voilà il trader perfetto. Bello… e allora perché io ci ho messo 6 anni, studiando una pila di libri più alta di me?
Sospirai, constatando che quel luogo non aveva più niente da offrirmi…
Così, piano piano e in silenzio, abbandonai la sala. Con la giacca in mano e la borsa in spalla, guardai il sole coperto dalle fitte nuvole. Mi diressi verso il primo taxi che trovai parcheggiato. Salii dietro, poggiando tutto sui sedili di pelle. Controllai il cellulare mentre aspettavo che il tassista girasse intorno alla macchina per salire.

–  Dove andiamo? – mi chiese pigiando tasti ignoti.
–  In via…. –
–  Aspetta Aspetta! – un signore affacciandosi al finestrino m’interruppe. – Va alla stazione? – chiese al tassista. Il tassista si girò nella mia direzione trascinando con sé anche lo sguardo del signore e finirono entrambi per fissarmi.
–  No… torno in hotel… non penso che… –
–  Ah… mi scusi… l’ho vista salire con la borsa e ho pensato che andasse alla stazione. – disse, mentre stava per allontanarsi.
Voleva dividere il taxi… pensai… beh, alla fine non è un problema far un po’ di strada in più…

–  Aspetti! Salga lo stesso! Passiamo dalla stazione e poi vado al mio Hotel… – dissi dal finestrino al buffo signore brizzolato.
Mi fece un sorriso che mi piacque e che se fossi chiamato a dargli un valore, non saprei proprio che calcolo fare…

Weekend finanziario (III)

Weekend finanziario 3-46-2

Foto: Piattaforma multimonitors Banca Sella

Rosso… Tutto decisamente e profondamente in rosso!

Giornata negativa.

E la colpa non era nemmeno nostra. Il vento di negatività arrivava dall’oriente. Dal Giappone. Tokio ci stava dando delle belle grane. Lei e la sua politica monetaria “stampaechissenefrega”. Davvero cazzuti i Giapponesi. In barba a qualsiasi teoria economica si son messi a stampare banconote come se non ci fosse un domani, nel vero senso della parola. Dall’altra parte del mondo, invece, gli Americani impiegarono mesi e mesi per definire il loro Quantitative Easing e finalmente elargire liquidità gratis a tutti. Noi invece, indovinate un po’? Una manovra del genere non ce la possiamo nemmeno sognare. Sembra che la strategia della nostra ripresa sia improntata sull’attendere il fallimento degli altri.

Purtroppo però, l’effetto contrario del far piovere soldi dal cielo, oltre la sicura inflazione, è che la borsa, prima o poi ti risponde con un ancora più cazzutissimo -7%, come quella mattina. Forse per i Giapponesi potrebbe essere normale, ma da noi, già un -3% è da panico generale con titolone in prima pagina.

Vista la giornata negativa, immaginai le varie ipotesi di gioco che avrebbero potuto intraprendere i traders. Scrutai i loro volti e capii che avevano già iniziato ad operare.
L’avevo intuito dalle loro espressioni facciali mutate. Lo studio del linguaggio del corpo mi ha aiutato parecchio a capire le persone. Il trader polacco continuava a strizzare le labbra, tipico segnale di stress.  L’italiano a fianco si grattava il mento e l’altro, con molta enfasi, sbadigliava e si stiracchiava. La regia, dietro di me, mandava le immagini dei monitors dei vari trader sul proiettore. Molti erano in negativo, altri in positivo. il polacco aveva messo a segno una buona operazione e una bella freccia verde era stampata accanto alla sua immagine. Un ragazzo italiano stava rischiando grosso, -13%, chissà quanto sarà stato, in percentuale sul suo conto. Una bella botta comunque.

So bene cosa vuol dire aprire una posizione e poi questa ti va in perdita. Succede ad ogni trader. E qui che entra in gioco la vera bravura del trader che, non sta tanto nel guadagnare soldi, (a farlo siam bravi tutti, basta comprare a poco e vendere a tanto, come mele al mercato) quanto nel saper uscire da situazioni difficili. Quando il mercato ti va contro, e le tue mele sono marce. Cosa fai? Tutto sta nel riuscire a piazzare un buon prezzo di vendita, mele o azioni che siano. Intanto però, ti ritrovi lì, a fissare il tuo bel segno meno davanti ai tuoi soldi. Quanta freddezza ci vuole a mantenere il sangue freddo per prendere la giusta decisione? Tanta! E l’ho imparato a mie spese.

Per ammazzare il tempo e distogliere un po’ l’attenzione dalla sfida, sfogliai il depliant del programma della sala in cui mi trovavo. Lessi che il trader polacco dava un seminario sulle sue teorie basate sui cicli lunari. Ma che cazz..? pensai con evidente scetticismo. Come era possibile associare l’andamento dei mercati con le fasi della Luna? Che riferimenti ci possono essere? Certo… a me viene un po’ di mal di testa quando siamo in plenilunio, ma non esageriamo! Povera Luna… se vogliamo addossarle anche la colpa della crisi economica non ne usciremo proprio più!

Din din

Suonò la campana. I giudici salirono sul ring per controllare i conti. Subito decretarono il vincitore del round: un tedesco seduto dall’altra parte. Approfittai della pausa per fare un giro tra gli stand. Uscii dalla sala e la luce mi strinse gli occhi. Pian piano mi abituai mentre percorrevo il lungo corridoio.

C’era molta gente. Molti ragazzi e pochissime ragazze, escluse hostess e promoters. Trovare una donna che faccia trading è quasi impossibile. Non ho ancora ben capito il perché. Dopotutto non è una pratica difficile. Ci son cose ben più difficili. Tipo la medicina, con le sue mille nozioni da tenere a mente e i giusti casi in cui poterle applicare. L’economia, per me, è molto più elastica e soprattutto non muore nessuno se sbagli. C’è sempre un rimedio economico per i tuoi errori. Anche la crisi è fra di essi e con una buona cura dovremmo uscirne.

Dicono. 

Per come la penso, essendo entrati nella situazione di mercati concorrenziali tra stati, non se ne uscirà mai. Alcuni giornali l’hanno chiamata guerra economica o guerra delle valute. Si combatte con la svalutazione della propria moneta, per poter offrire al mondo prodotti a prezzi stracciati. Tradotto: scordiamocela la ripresa.

Se sotto i nostri bicchieri, posate, piatti, ecc… troviamo scritto “made in china” significa che l’azienda italiana che li produceva è fallita e ci vorranno almeno 10 anni prima che ritorni. A noi consumatori sta bene spendere di meno ma non lamentiamoci se poi, il ciclo economico si sposta dal nostro paese a un altro. Se le aziende chiudono o delocalizzano lasciando migliaia di cittadini senza lavoro.

Il bello di tutto, è che la colpa la danno alla finanza, che l’unica colpa che ha avuto, è stato far credere alle persone di potersi permettere ciò che non si poteva…

Una gran bella illusione…

E ci siamo cascati tutti, in pieno…

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