Diario #5

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Campovolo 2005

Foto ritrovata tra le mille cose… e sotto un pezzo di ciò che scrissi al tempo:

 

 

Reggio Emilia. 6:00 am
Il treno era quasi arrivato.
Il sole stava spuntando all’orizzonte, tenue ed indifeso, lasciando schiudere pian piano i miei occhi. Avevamo viaggiato tutta la notte per essere lì.
Gli altri miei compagni di viaggio dormivano ancora ma io ero troppo impaziente per poterlo fare.
Mi alzai cercando di non svegliare nessuno e mi avvicinai al finestrino.
Vidi una grande pianura che sembrava non finire mai.
e in lontananza…
finalmente..
Distante da me una manciata di chilometri…
Lui..
Il Campo Volo…
Il tanto atteso Campo volo!
Iniziai a gridare “Ragazzi! Il campo Volo!.. Il Campo Volo!.. sveglia!.. siamo arrivati!..”
Rimasi lì a guardarlo attonito..
Il palco doveva essere gigantesco..
Le luci erano accese quasi a dire… “Siamo qui… aspettiamo te”…
Era tutto spettacolare…
Il cuore iniziava a battermi..
i miei occhi non erano mai stati tanto vicini al a quel cantante fino ad allora..
trattenevo a stento le lacrime..
Finalmente il treno si fermò..

Diario #4

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Ho scovato tra i miei ricordi questo corto dal titolo “il Sorriso di Diana”.
Questo video ha ispirato lo stile narrativo di molte delle mie storie…
Lo vidi all’incirca nel 2005 e lo salvai sul pc…

Buona visione (astenersi se insettofobici)

 

“Incapace di muoversi, di reagire, lui, il più coraggioso tra tutti si sentiva spento, inutile. I suoi pensieri erano scossi e agitati come le onde spinte contro la scogliera dalla forza terribile di un uragano, il cui fragore era una ripetuta ed ossessiva domanda: “Perché, perché non mi ha ucciso?”.

E come tutti gli innamorati volle sognare. Negò qualsiasi evidenza, ingigantì casualità, vide oltre la logica e soprattutto si illuse. La passione si nutre di certezze e disdegna i dubbi.

Nessuno avrebbe potuto risvegliare Agenore. Nessuno, eccetto la cruda realtà.

Fu buio e luce. Il caldo ed il gelo. Fu il niente ed il tutto. Un gioco troppo esagerato e spietato perché il cuore di Agenore potesse contenerlo senza esplodere. E se i ragni possono piangere, lui piangeva. Piangeva perché l’amore sa anche far male e le ferite che lascia solo il tempo a volte può guarirle. Ma Agenore non aveva più tempo.

A cosa importava il passato? Era stato un valoroso e nobile guerriero. Ora non era più nulla. Amava e basta. Ma quanti amori sono appassiti e quanti non sono neppure sbocciati a causa di culture troppo diverse, di come alti picchi creano una innaturale barriera al volo dei sogni?

I sogni di Agenore volavano via come i sentimenti incompresi, come accade alle nostre emozioni quando calpestiamo, quando veniamo calpestati nel gioco dell’amore che a volte ci fa uomini e a volte ci rende insetti”…

Diario #2

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Spulciando per il pc. E’ saltato fuori un vecchio screenshot del blog.
Erano i bei tempi di Messenger.
Era frequente nascondersi dietro degli avatar e dei nick. La privacy era ancora qualcosa di sacro… Qualcosa da rispettare…
…e i blog naquero cosi. Puri.. semplici… un pò nascosti.. Non si ricercava la popolarità ma solo ritagliarsi un pezzo di mondo… un proprio spazio digitale.
Era l’unico modo per dire: “Ci sono anch’io qui”…

Era all’incirca nel 2005

 

Qui ho raccolto l’evoluzione che ha avuto il blog nel corso degli anni…

Diario #1

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La penna dondolava nella mia mano mentre la mente ricercava la soluzione più ovvia per un problema statistico. – Eccolo! Maledetto segno! Sbaglio sempre le cose più banali! Non c’è niente da fare..-
Mi alzai un attimo per staccare dallo studio. Fuori il sole splendeva e la mia moto parcheggiata lì sotto ringhiava come un cane legato da troppo tempo.
Poi lo sguardo cadde sulla mia libreria. Tra i tanti libri accatastati e messi alla rinfusa per mancanza di spazio, mi capitò sottomano una vecchia agenda blu.
La presi e mi sedetti a gambe incrociate sul letto. Sfoglia le pagine; la maggior parte erano vuote; qualcuna, con qualche frase scarabocchiata a penna; qualche disegno… Poi, ruotandola verso il basso, cadde un piccolo foglietto. Era una pagina di un vecchio diario di liceo. Lessi:

bigliettino Carmelina

 

Quello fu l’ultimo giorno che passai in quella scuola. Carmelina, la mia compagna di banco, non lo sapeva.
Avevo scelto di trasferirmi in un’altra. Non vidi più Carmelina… o Luca… o Armando… o Michele…
E non ci volle molto a capire che… avevo appena compiuto l’errore più grande della mia vita.
Avevo lasciato una classe si problematica, ma con persone che mi volevano bene, per buttarmi in un mondo sconosciuto.
Ciò… mi devastò psicologicamente. Avevo perso tutto. Gli amici… i professori…
A quel tempo volevo cambiare vita…
E purtroppo c’ero perfettamente riuscito…

Frugai ancora nell’agenda. In una delle tasche laterali trovai una pagina di un blocco note. Sopra avevo riversato qualche riga:

 

“Coppie di banchetti disposti su tre file, riempivano la lunga aula della 4C del liceo scientifico di …. I raggi del sole che penetravano dalle 3 grandi finestre sulla sinistra, illuminavano le pareti di colore giallastro. Proprio sopra la cattedra era appeso un piccolo crocifisso, a testimonianza di quella fede che molti non avevano. Quella mattina fui il primo a entrare in quest’aula sconosciuta.
Non conoscevo nessuno…
Era la priva volta che entravo in quel liceo.
Tutto sembrava perfetto. Nessuna cartaccia per terra, nessun distributore sfondato, nessun graffito sul muro…
Tutto era perfetto… forse troppo!
[….]
La macchinetta del caffè iniziò a trafficare, facendo strani rumori. Dopo all’incirca 30 secondi, il caffè era pronto e fumante. Tornai nella mia classe ancora vuota, soffiando su quell’intruglio bollente. Mi affacciai alla finestra. Il paesaggio era ben diverso da quello del mio vecchio istituto. Non c’era più il fatiscente campo da calcetto, dove erano soliti radunarsi i ragazzi per la solita partitella extra-scolastica.
Di fronte a me avevo un’altra parte dell’istituto che non mi lasciava molta visuale del panorama. Un malinconico sorriso comparse sul mio volto, pensando alle ragazze del commerciale che passeggiavano indisturbate sotto la mia vecchia aula. Erano solite corteggiare i liceali con sguardi non poco maliziosi…

Un rumore sordo mi fece girare di scatto. Quello che doveva essere un bidello, aveva appena poggiato con poca cura il registro sulla cattedra.
– Tu sei quello nuovo? –
– Sì… –
– Sei capitato proprio nella sezione migliore! – disse ironica e se ne andò.

Poco dopo suonò la campanella.
E una folla di ragazzi entrò dalla porta principale…”

Era l’ottobre del 2004…

 

 

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