Seicentoventi (XIII)

Ducati monster bilancino blog
Tensione…
Agitazione…
Ansia…

Il prossimo ero io. Carezzavo il manubrio della Ducati come per dire:
“io ci metto del mio… ma tu non mi deludere”.
Sapevo cosa fare. Conoscevo il percorso a memoria. Mi ero preparato meglio di qualsiasi scuola guida. Non potevo fallire. Volevo quella patente A.

Un cenno con la mano nella mia direzione mi fece capire che era giunto il mio momento.
L’istruttore mi fece avvicinare e m’indicò il punto da dove iniziare. Avevo mille domande per la testa, ma quello non era il momento per farle.
Accelerai fino alla line di partenza. Tra due birilli.
Mi fermai.
–       Vai, su! – m’intimò.

Via.
Il mio esame era iniziato!
L’agitazione e l’ansia erano scomparse. M’importava solo di completare gli esercizi. Dovevo dare il meglio di me e soprattutto non dovevo far cadere quei dannati birilli.
Stranamente non sentivo più freddo. L’adrenalina mi scaldava per bene.

Frizione…
Prima…
Freno…
e ancora frizione…

Fare lo slalom era tutto un gioco di polsi e bacino.
La moto sembrava comportarsi bene. Era scaldata a dovere dopo la lunga corsa in tangenziale.
Al termine dello slalom c’era la curva attorno a un birillo. Lì giocavano le gomme e per fortuna io avevo delle fantastiche Pirelli diablo rosso II.
Poi il passaggio stretto tra due lunghe file di birilli. Avevo paura di beccarne uno con i piedi che facevo sporgere sempre dalle pedaline.
Filò tutto liscio ed entrai nel penultimo esercizio: evitare l’ostacolo.
Quattro birilli formavano un quadrato ed io dovevo andargli contro e scansarlo all’ultimo momento.
Quello fu un gioco che lasciai all’acceleratore. Chiesi al mio polso, ormai distrutto, un ultimo sforzo.
E riuscii brillantemente.
Arrivai alla fine. Una linea d’arresto che per me era un traguardo.

Guardai l’istruttore. Mi fece un segno con la mano e poi col capo.
Era andato tutto bene per lui e segnò tutto sul suo blocco note.
Tornai da Francesca e Gianni.
Mi sorrisero… ce l’avevo fatta…

O quasi! Mancava ancora la prova in strada!
Ma non v’annoierò con inutili dettagli.
Filò liscia anche lei. Certo che andar in moto con qualcuno che t’osserva ti mette molta ansia addosso. Ma riuscii a mantenere la calma e, soprattutto, ad andar piano.

Dopo qualche ora d’attesa sentii annunciare il mio nome.
–       Ciro …. –
–       Si sono io! –
–       Vieni! –
Mi avvicinai titubante. Riconobbi la mia patente dalla mia foto. Era appoggiata sul tavolo.
–       Firma qui… –
Tremolante obbedii.
–       Questa è tua! –
–       Grazie! –

Lì potevo finalmente dire di avercela fatta. Merito mio e anche degli esaminatori che hanno avuto un gran bel coraggio a patentarmi.

Io, una patente, non me la sarei mai meritata…
Patente
Alla prossima!

 

Fine!

10 thoughts on “Seicentoventi (XIII)

    • È stato bravo sara! Nonostante io e Gianni abbiamo un po elettrizzato la giornata…ma è stato un disastro bravo! 😉 e non sai quanto mi scocci dirlo!

  1. Quando il mio ragazzo fece l’esame me lo disse un secondo prima. Mi chiese di non chiamarlo nelle prossime ore. Lo incontrai qualche ora più tardi. Mi disse che era andata male e volli vedere la patente. C’era la data del giorno stesso con una A stampata dietro. Qualche giorno dopo mi portò al mare con la moto. Fece la strada di montagna. Un brivido. Ho ancora le anche indolenzite perché non sono abituata a stare seduta dietro ad uno scooter, ma ho un casco personalizzato che spolvero ogni volta che ci vado su…..

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